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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Libero - il Foglio - Corriere della Sera - L'Unità Rassegna Stampa
17.09.2009 Sanaa Dafani è stata sgozzata nel nome dell’islam
Analisi e commenti di Magdi C. Allam, Carlo Panella, Giulio Meotti, Martin Amis.

Testata:Libero - il Foglio - Corriere della Sera - L'Unità
Autore: Magdi Cristiano Allam - Carlo Panella - Giulio Meotti - Maria Serena Natale - Igiaba Scebo
Titolo: «Hina e le altre ragazze uccise in nome della sharia. Boom di delitti d’onore - L’Occidente è cieco e non vede il Male - Saana, l’imam di Pordenone: 'È un delitto dell’ignoranza'»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 17/09/2009, a pag. 20, il commento di Magdi C. Allam dal titolo " I tagliagola sono la punta dell’iceberg. La violenza è insita nel credo islamico  ", a pag. 21, il commento di Carlo Panella dal titolo "Sgozzava in nome di Allah e poteva essere italiano ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " Hina e le altre ragazze uccise in nome della sharia. Boom di delitti d’onore ". Dal CORRIERE della SERA, l'articolo di Maria Serena Natale dal titolo " L’Occidente è cieco e non vede il Male ". Dall'UNITA', a pag. 21, l'articolo di Igiaba Scego dal titolo " Saana, l’imam di Pordenone: 'È un delitto dell’ignoranza' " preceduto dal nostro commento. Ecco gli articoli:

LIBERO - Magdi Cristiano Allam : " I tagliagola sono la punta dell’iceberg. La violenza è insita nel credo islamico "

 Magdi Cristiano Allam

Padri islamici che sgozzano le proprie figlie ci sono stati, ci sono e ci saranno sempre più fintantoché continueremo a comportarci come chi si limita a osservare a distanza la punta dell’iceberg, occupandocene solo quando qualcun altro ci si scontra subendo personalmente le conseguenze, ma continuando a ignorare la realtà dell’iceberg sottostante che costituisce la radice profonda e diffusa del male, finendo così per non renderci conto che la punta che riemerge periodicamente è soltanto l’ennesima avvisaglia di una tragedia che prima o dopo si abbatterà indistintamente contro noi tutti.Ciò che questa nostra Italia e questa nostra Europa, succubi dell’islamicamente corretto e ammalati di buonismo, non vogliono vedere è che i padri islamici che sgozzano le proprie figlie lo fanno perché lo considerano sia un sacro diritto sia un dovere sociale, dettato da un’ideologia maschilista, misogina, violenta e sanguinaria che si ispira sia alla religione islamica sia a una tradizione primordiale. Alla base c’è la negazione dei valori non negoziabili che sono il fulcro della nostra civiltà europea e al tempo stesso sono parte integrante della fede cristiana: l’inalienabilità del bene della vita, la centralità della dignità della persona e il rispetto della libertà di scelta. Sbagliano di grosso coloro che immaginano che l’atroce delitto consumatosi a Montereale Valcellina in provincia di Pordenone ai danni della diciottenne marocchina Sanaa Dafani per mano del padre, colpevole di essersi fidanzata con il trentunenne italiano Massimo De Biasio, possa essere catalogato come un fatto isolato. Opera di una scheggia impazzita in un contesto dove i marocchini e più in generale i musulmani condividerebbero i valori non negoziabili, rispetterebbero le regole fondanti la nostra società e si identificherebbero con una spiritualità tesa alla costruzione di un futuro migliore partecipando alla realizzazione del bene comune e dell’interesse nazionale. Così come sbagliano di grosso coloro che, accecati irrimediabilmente dall’ideologia del relativismo, ci dicono che tutto sommato queste cose succedono anche da noi, che ci sono stati dei casi di padri che hanno assassinato violentemente le figlie per una ragione o per un’altra. Una volta trovato il caso nostrano, snocciolato il nome e il cognome del padre colpevole del peggiore dei crimini, il gioco è fatto. Nessuno che si prenda la briga di entrare nel merito dei contenuti, di contestualizzare il fatto nel tempo e nello spazio, finendo per mettere sullo stesso piano un omicidio perpetrato nel nome dell’islam e di una tradizione contraddistinta da una lunga scia di sangue, con un omicidio che contraddice i valori non negoziabili che sono il fondamento della nostra civiltà e della fede cristiana. Il marocchino El Katawi Dafani ha agito allo stesso modo del padre della ventenne pachistana Hina Salem, anche lei sgozzata l’11 agosto 2006 sempre perché aveva un fidanzato italiano, vestiva come le coetanee italiane e aveva scelto di vivere in Italia. Per entrambi i padri, accomunati dall’islam e da una tradizione violenta, le figlie non avrebbero dovuto mai e poi mai fidanzarsi con un uomo italiano di fede cristiana, perché già questo corrisponde a una flagrante violazione della norma che impone alla donna musulmana di sposarsi soltanto con un musulmano, dal momento che è il padre musulmano che impone la sua fede islamica ai figli che rientrano nella sua potestà sin dall’adolescenza. Se poi le figlie musulmane hanno avuto l’ardire di convivere con i fidanzati italiani e cristiani, a quel punto la condanna a morte scatta in automatico. Non è solo un diritto ma è soprattutto un dovere, pena il venir meno della fedeltà all’islam e del rispetto alla propria tradizione. Il vero problema è che noi abbiamo paura di dire che in mezzo a noi ci sono dei musulmani che sgozzano le figlie perché glielo impone l’islam e perché è conforme alla loro tradizione. Abbiamo ancor più paura, al punto da esserne terrificati, all’idea di poter sostenere a viva voce che l’islam è una religione intrinsecamente violenta. Piuttosto preferiamo tagliarci la lingua. Anche se siamo consapevoli che il Corano è pieno zeppo di versetti che legittimano un’ideologia di odio, violenza e morte nei confronti degli infedeli, dei cristiani, degli ebrei, degli apostati, degli omosessuali e appunto delle donne. Anche se siamo certi che Maometto ha partecipato di persona allo sgozzamento e alla decapitazione di oltre 700 ebrei della tribù dei Banu Quraisha nel 627 alle porte di Medina. Al punto che quando nel 2003 Al Zarqawi, il luogotenente di Bin Laden in Iraq, sgozzò il giovane ebreo americano Nick Berg, dopo aver invocato «Allah è grande» impugnò la spada dicendo: «Faccio a te ciò che Maometto fece agli ebrei».Cari italiani e cari europei, questa è la verità. Se lo dicono gli stessi musulmani dovremmo credergli. Invece non vogliamo guardare in faccia alla realtà dei fatti. Abbiamo inventato la tesi del tutto ideologica della “maggioranza silenziosa” buona che assisterebbe inerte alle malefatte di una minoranza che tradirebbe il “vero islam”. Ebbene sarebbe ora che anche noi in Italia aprissimo gli occhi. I padri taglia-gola delle figlie sono solo la punta dell’iceberg di una male profondo che è insito nell’islam e nella tradizione violenta. Se la cosiddetta “maggioranza silenziosa” tace su questi atroci crimini contro le donne, sugli attentati terroristici, sulla predicazione d’odio nelle moschee, sulla profanazione delle piazze antistanti il duomo di Milano e la basilica di San Petronio a Bologna da parte di migliaia di islamici, significa che è connivente. Il giorno in cui proclameranno pubblicamente la condanna della violenza e vivranno concretamente nella condivisione dei valori non negoziabili, i musulmani saranno i benvenuti. Ma dobbiamo essere noi ad affermare, qui dentro casa nostra, un modello di convivenza fondato su delle regole che valgano per tutti, compresi i musulmani.

LIBERO - Carlo Panella : " Sgozzava in nome di Allah e poteva essere italiano "

 Carlo Panella

Sanaa Dafani è stata sgozzata nel nome dell’islam, non di tradizioni antiche, non del codice d’onore. Un islam retrivo che proibisce in nome di Allah il matrimonio (e men che meno i rapporti sessuali) tra una donna musulmana e un cristiano, o un ebreo, o un agnostico. Un Islam -anche “moderato”- che non punisce con la morte questa grave violazione della sharia –in questo, l’atrocità è tutta del padre- ma che la considera peccato grave, e quindi un reato penale. Un Islam che permette al maschio di sposare una cristiana, perché i suoi precetti esaltano una famiglia – e quindi la società- basata su un rapporto di violenza del maschio sulla femmina, eterna minorenne, destinata alla “tutela” dei parenti uomini e che quindi diventerebbe “apostata” se sposasse un cristiano. Sbaglia dunque colpevolmente, chi attribuisce questo delitto alla tradizione del “delitto d’onore”, facendo finta di non sapere che il padre musulmano ha sgozzato Sanaa non obbedendo a modo suo a un codice ancestrale, ma a una precisa disposizione della sharia. Una disposizione coranica predicata in tutte le moschee italiane gestite dall’Ucoii e che è legge nei codici saudita, iraniano, algerino, egiziano e anche marocchino. Per il padre, Sanaa, commetteva non solo un peccato, ma anche un reato: questo ha armato la sua rabbia barbara. E’ incredibile che Jean Léonard Touadi, deputato del Pd, eviti, come tutti i deputati del Pd, di riconoscere la matrice islamica –sia pur deviata- in questo assassinio e sostenga che “l’integrazione è la via maestra per evitare conflitti culturali che, in alcuni casi, possono portare ad eventi delittuosi. Sanaa non è “vittima di un “conflitto culturale”, ma di un “conflitto religioso”, radicato in tutta Europa. Tutti sappiamo di Hina Salem –uccisa a freddo, a Brescia dopo un consiglio di famiglia- ma non sappiamo di Busra, sgozzata nel giugno 2009 in Germania dal padre con un coltello di cucina, per la stessa violazione della sharia; né di Hatum, massacrata nel febbraio 2005 dal padre e da tre fratelli a Berlino; né di tante altre ragazze –migliaia- che in tutta Europa sono state massacrate di botte e segregate perché osavano amare un “cristiano” e quindi violavano la sharia. Se si continua a ignorare questa realtà, se si continua a pensare come fa la senatrice Vittoria Franco, del Pd, che il comportamento del padre di Sanaa è fuori dalla storia” e non si comprende che invece è tutto dentro la storia del fondamentalismo islamico e anche di tanto islam moderato, questa tragedia si ripeterà. E’ dunque indispensabile che venga affrontata in sede politica e legislativa per quello che è smettendo di rifugiarsi in ipocriti appelli all’integrazione. Un esempio: applicando la legge marocchina –che pure è la migliore di tutto il mondo islamico (con quella tunisina e turca)- molti funzionari dei consolati del Marocco in Italia, rifiutano alle donne marocchine i certificati anagrafici per sposare un italiano. Si parta da qui, si tratti col Marocco, si imponga una radicale modifica di queste disposizioni. Si introduca un’aggravante per le motivazioni religiose di assassinii come questi. Si aggiorni la definizione legislativa della poligamia. In raccordo con il Consiglio della moschea di Roma che rappresenta tutti i paesi islamici, il governo apra un dossier che affronti con moderazione, ma anche totale fermezza nella difesa dei diritti umani, tutti i problemi che la sharia, quella fondamentalista, ma anche quella “moderata”, pone alla convivenza civile in Italia. Solo così si può definire cosa vuol dire integrazione.

Il FOGLIO - Giulio Meotti : " Hina e le altre ragazze uccise in nome della sharia. Boom di delitti d’onore "

 Giulio Meotti

Roma. Avevano appena iniziato a vivere, i familiari le hanno uccise. Hina Saleem venne sgozzata e sepolta nell’orto di casa, presso Brescia. Con la testa rivolta verso la Mecca e il corpo avvolto in un sudario. Hina aveva rifiutato un matrimonio forzato voluto dal padre. L’altroieri, a Pordenone, Sanaa Dafani è stata accoltellata a morte dal padre in un bosco, mentre era in compagnia del fidanzato, un italiano. Una relazione bandita dai suoi genitori di origini marocchine. Non si sa nemmeno quanti siano esattamente i delitti d’onore in Europa. In gergo islamico si chiama “Jarimat al Sharaf”. Spesso queste esecuzioni religiose vengono derubricate sotto la voce “violenza domestica”. Nella moderna Istanbul, che preme per entrare in Europa, si conta un delitto d’onore a settimana. A Gaza dall’inizio dell’anno dieci donne sono state uccise in nome della sharia (una palestinese è stata sepolta viva dal padre). Accade anche in mezzo a noi, a Milano, a Parigi, a Berlino, a Londra. Il settimanale tedesco Der Spiegel scrive che almeno cinquanta donne musulmane in Germania sono state vittime di un delitto d’onore. A Londra almeno dodici ogni anno. A queste vanno aggiunte le “vergini suicide”, le ragazze che si tolgono la vita per sfuggire a un matrimonio forzato. A Derya, 17 anni, la sentenza di morte è arrivata via sms: “Hai infangato il nostro nome, ora o ti uccidi o ti ammazziamo noi”. In Europa risultano “scomparse” migliaia di ragazze musulmane, spesso cittadine europee. Ne spariscono decine al mese, tutte allo stesso modo: partono per un viaggio all’estero e sui banchi di scuola o sul posto di lavoro non tornano più. Downing Street stima che ogni anno avvengono tremila matrimoni forzati. In Francia 60mila adolescenti sono minacciate dai matrimoni forzati. Un recente rapporto compilato dal Consiglio d’Europa e redatto dal parlamentare inglese John Austin avverte che “l’uccisione di donne da parte dei membri della famiglia per proteggere il loro ‘onore’ è più esteso in Europa di quanto si pensi”. Sono tante le “colpe” delle vittime dei delitti d’onore: il rifiuto di indossare il velo islamico, l’inclinazione a vestire all’occidentale, a frequentare amici cristiani (fino a convertirsi a un’altra fede) o avere amici non musulmani, la volontà di studiare o leggere libri “impuri”, di cercare il divorzio, di essere troppo “indipendente” o moderna. In Inghilterra Rukhsana Naz è stata uccisa perché aveva rifiutato un matrimonio combinato. In Svezia Fadime Sahindal è stata uccisa a colpi di pistola perché si era avvicinata alla cultura occidentale. All’inglese Heshu Yones hanno tagliato la gola perché aveva un fidanzato cristiano. “Troppo occidentale”, avevano detto della francese Sohane Benziane. E’ stata torturata e bruciata viva. Stessa fine per l’olandese Maja Bradaric, perché flirtava con un ragazzo su Internet. Una ventina di coltellate hanno spezzato la vita di Sahjda Bibi, anche lei aveva rifiutato un matrimonio forzato. In Germania Hatin Surucu è stata giustiziata con un colpo alla nuca perché si rifiutava di indossare il velo. Un’altra tedesca, Morsal Obeidi, di appena sedici anni, è stata uccisa perché “voleva essere troppo libera”. Lo scorso luglio, nel cuore di Londra, c’è stato uno dei più feroci delitti d’onore. Alle due del mattino un gruppo di musulmani trascina per strada un ragazzo di origine asiatica proveniente dalla Danimarca. Lo pugnalano due volte alla schiena, lo colpiscono alla testa con dei mattoni, gli versano acido solforico sul corpo e in gola. La sua “colpa” era stata quella di frequentare una coetanea britannica di origini pachistane e di religione musulmana. La polizia ha evitato per miracolo che la ragazza subisse la stessa sorte. La stessa polizia che ogni anno tratta la “scomparsa” e la morte, in circostanze simili, di un centinaio di ragazze di religione islamica. Due anni fa, sempre a Londra, Mohammed Riaz, di origini pachistane, bruciò vive la moglie e le sue quattro figlie dopo averle chiuse in casa. Riaz trovava ripugnante il fatto che la figlia volesse diplomarsi o potesse rifiutare il matrimonio combinato. Ciò che lo spinse ad appiccare l’incendio, scrive il Telegraph, fu soprattutto il fatto che le donne avevano servito alcolici durante una festa per il figlio, malato di cancro terminale. E’ in questo mondo di sottomissione e fanatismo domestico, segnato spesso dall’escissione del clitoride, che germina l’odio islamista. Singolare che le vite di queste ragazze ci interessino quando è già troppo tardi.

CORRIERE della SERA - Maria Serena Natale : " L’Occidente è cieco e non vede il Male "

 Martin Amis

L’ Occidente, cieco. Il fondamentali­smo, un’epidemia. Il dibattito sul multiculturalismo, vigliacco. Martin Amis, ex enfant terrible della letteratura britannica, sessant’anni ap­pena compiuti, per gli eccessi privati giovani­li, le mortificazioni imposte ai personaggi femminili e l’esaltazione della mascolinità nei suoi romanzi è stato definito un misogi­no; per le posizioni nette della maturità sul fondamentalismo islamico, razzista e reazio­nario. «Nella mia visione non c’è nulla di ri­conducibile al concetto di razza — ci dice dal­la sua casa nel centro di Londra con voce cal­da, rassicurante, nessuna traccia delle asperi­tà passate —. Trovo irresistibili le società multirazziali, meticce, esotiche e colorate. Gli incroci tra culture sono un punto di forza ma detesto il fondamentalismo di matrice re­ligiosa, sia esso islamico, ebraico o cristiano; non c’è ancora un dibattito universale libero dal ricatto del politically correct. Se Al Qaeda fosse un’organizzazione terroristica norvege­se, sarebbe molto più facile da combattere perché sui suoi persecutori non graverebbe il sospetto di razzismo».
Espressioni divenute celebri come «do­vranno soffrire finché non metteranno ordi­ne in casa propria», in riferimento all’ondata di diffidenza abbattutasi sull’intera comuni­tà musulmana dopo l’11 settembre, gli sono valse l’accusa di islamofobia. Con lui si sono schierati amici storici come Christopher Hi­tchens e Ian McEwan; contro, l’intellettuale Terry Eagleton e lo scrittore Ronan Bennett convinti della natura «razzista» dei suoi ra­gionamenti da «uomo bianco» ebbro della propria superiorità civile e morale.
«Sono fermamente convinto — continua — che il 98 per cento dei musulmani detesti la strumentalizzazione politica dell’Islam, cre­do che il delirio di manipoli di giovani ferven­ti radicali che oggi hanno la meglio sulla mag­gioranza pacifica porti scandalo e vergogna in primo luogo alla comunità islamica».
Con la prosa elettrica, l’ironia sprezzante e le provocazioni a muso duro, Amis è ora vene­rato come uno dei massimi scrittori di lingua inglese viventi, ora considerato un privilegia­to arrogante. I suoi anti-eroi sono schiavi in­chiodati sempre a qualcosa, al sesso Xan Meo di
Cane giallo , all’invidia Richard ne L’infor­mazione , al disfacimento Samson di London Fields o anche solo al proprio tempo come il debordante John Self di Money che ammette candido e irredimibile di essere «drogato del Ventesimo secolo». Dopo La casa degli incon­tri del 2006, salutato dal «New York Times» come il suo lavoro migliore, adesso è scattato il conto alla rovescia per l’uscita nel 2010 del suo prossimo romanzo, più volte rinviato, The Pregnant Widow , «La vedova incinta», che da tempo fa discutere per le annunciate rivelazioni autobiografiche sulle trasgressio­ni del passato. Temerario nel seguire le orme di un padre ingombrante, quel Kingsley Amis grande bevitore, grande scrittore, comunista disilluso passato a destra dopo l’invasione so­vietica dell’Ungheria nel 1956. Il punto di rot­tura di Martin è stato l’11 settembre. «Ci ha regalato un pianeta che stentiamo a ricono­scere » scrive ne La guerra sbagliata , uno dei 14 saggi e racconti della raccolta Il secondo aereo , e ha inaugurato «l’età dell’orrorismo», il tempo della paura scandito da un orologio che va all’indietro come accadeva nel roman­zo candidato al Booker Prize nel 1991, La frec­cia del tempo . Età dell’orrorismo o dell’estra­neità totale, che si condensa nell’attentato suicida inteso come «il non plus ultra della malvagità»; un tempo dal fondo indicibile, come l’orrore che chiude gli occhi al Kurtz di Joseph Conrad in Cuore di tenebra.
La voce esita, fa una pausa lunga per rian­nodare il filo e recuperare il nucleo più volte offuscato in anni di polemiche e fughe in Uruguay con la seconda moglie, la bellissima scrittrice americana con padre uruguayano Isabel Fonseca, che nel 1995 pubblicò il reso­conto di un viaggio di quattro anni sulle trac­ce dell’Altro per antonomasia, i popoli zinga­ri dell’Europa dell’Est raccontati in Seppelli­scimi in piedi . Per Amis enfatizzare la diversi­tà dell’altro rischia di far perdere di vista la dimensione universale di principi sui quali non può esserci compromesso. «Sbaglia chi, come la femminista Germaine Greer, denun­cia l’arroganza occidentale e riconduce a una fantomatica alterità culturale aberrazioni co­me certe forme di mutilazione genitale fem­minile ». Una seria analisi delle dinamiche del terrore deve svincolarsi dalle riflessioni sulle colpe passate e presenti dell’Occidente, pena la perdita di lucidità e forza nel contra­stare la malattia. «Di fronte all’orrore fonda­mentalista ogni discorso sulle responsabilità storiche delle ex potenze coloniali decade, so­no tutte scuse per nascondere la vera colpa del nostro tempo: incapace di vedere il male, l’Occidente continua a distogliere lo sguardo. È doloroso vedere nascere e fiorire l’epidemia, la fantasia patologica che porta al delirio del­l’antiamericanismo, al terrore pianificato in Europa — è proprio di questi giorni la condan­na a Londra dei tre del piano transatlantico (i tre musulmani britannici progettavano di piaz­zare bombe su voli tra l’aeroporto di Londra Heathrow e città di Stati Uniti e Canada nel 2006, ndr ) ». Quelle che per lo scrittore resta­no le verità non dette inaridiscono lo spirito del multiculturalismo, messo a dura prova pro­prio nel complicato laboratorio britannico do­ve resistono enclave con norme e prassi talvol­ta inconciliabili con il sistema giuridico nazio­nale. «L’unica possibile convivenza poggia su uno sforzo per fare chiarezza e affermare con severità ciò in cui crediamo. Non rispetto chi usa la violenza per imporre la sua verità, non rispetto chi crede che l’onore macchiato vada lavato nel sangue, non rispetto chi pratica il culto della morte. Esistono pratiche intollera­bili, dai matrimoni forzati ai delitti d’onore, fi­no allo stupro coniugale e all’etica del marti­rio, e noi non possiamo temere di pronuncia­re queste parole».
Alla parola scritta resta un grande compi­to, «la speranza sta nell’educazione, nella cul­tura che potenzia la consapevolezza e l’indi­pendenza di giudizio. La scrittura è impor­tante se contribuisce a questo processo di emancipazione». Il grande pessimista non ha perso fiducia nell’umanità? «La folla non fa per me, è il terreno dove attecchisce l’ideo­logia — risponde ironico —. Credo nell’indi­viduo, nel singolo legno storto, come Kant chiamava l’uomo, nelle sue asimmetrie».

L'UNITA' - Igiaba Scego : " Saana, l’imam di Pordenone: 'È un delitto dell’ignoranza' "

Igiaba Scego sostiene che l'assassinio di Sanaa Dafani non abbia nulla a che vedere con la religione e, per supportare la sua assurda tesi, scrive : " Guardiamo i dati: in Italia una donna viene uccisa ogni due giorni, i numeri quindi parlano chiaro, le donne sono in pericolo. E il pericolo è legato allo squilibrato rapporto tra i sessi e questo continuo considerare la donna una merce. Ricordiamoci che siamo nell’Italia delle escort; molti nel paese trovano normale prostituirsi per raggiungereunposto di potere. ". E' vero che esistono anche delitti non legati alla religione, che i moventi possono essere numerosi. Ma quello di Sanaa è un assassinio legato alla religione, sia per le modalità, sia per il movente. Nascondersi dietro a dati e a polemiche inutili non modifica la realtà. L'islam  non ammette che la donna possa emanciparsi nè integrarsi in una società culturale diversa. La mercificazione del corpo della donna non c'entra nulla.
Ecco l'articolo:

 Sanaa Dafani

Nel cortile della casa internazionale delle donne a Roma c’è un muro che ricorda le donne uccise per mano degli uomini. Donne uccise dai mariti, dai fidanzati, dai pretendenti, dai padri, dai fratelli e addirittura dai figli. Si chiamano Paola, Maria, Alessandra, Rosa, ma anche Najat, Pilar, Felicitè, Sol. Sono italiane, migranti, figlie di migranti. Sono donne che probabilmente prima di essere uccise hannosubito anni di prepotenze e panico all’interno delle mura domestiche. Donne che la società non ha protetto. Ora a questa triste lista di morte ammazzate dobbiamo aggiungere il nome di Sanaa Dafani. Nei giornali nazionali è segnalata come ragazza marocchina, ma era italianissima, ibrida, in mezzo alle culture, ai mondi. Circola una bella foto di Saana, è sdraiata e guarda l’obbiettivo con grande dolcezza. Per l’omicidio è indagato il padre. Miccia scatenante forse la decisione della ragazza di convivere con un trentenne cattolico italiano. Questo ha fatto gridare alla Lega (e non solo a loro) «gli islamici sono assassini» o «gli islamici sono incompatibili con la costituzione », facendo della ferocia assassina di uno quella di tutta una comunità religiosa. Dire questo è grave! La lega si dovrebbe scusare con gli islamici per queste dichiarazioni. E poi francamente la trovo una spiegazione dei fatti fuorviante. Guardiamo i dati: in Italia una donna viene uccisa ogni due giorni, i numeri quindi parlano chiaro, le donne sono in pericolo. E il pericolo è legato allo squilibrato rapporto tra i sessi e questo continuo considerare la donna una merce. Ricordiamoci che siamo nell’Italia delle escort; molti nel paese trovano normale prostituirsi per raggiungereunposto di potere. Dire semplicemente «è la solita storia tra islamici, non è affar nostro», non ci aiuterà mai a capire. Anoi donne serve una spiegazione seria. Chi uccide vuole eliminarci, distruggerci, cancellarci. Quello che si vuole eliminare è il diritto a una vita indipendente. Si vuole considerare la donna la solita costola d’Adamo, un’appendice. Chi uccide lo fa per ribadire la subalternità delle donne. Per uscirne dobbiamo costruire una società dove donne e uomini costruiscono modelli relazionali diversi, basati sul rispetto e non sulla mercificazione o sul potere. Saana è morta probabilmente permanodel padre, attendiamo le indagini per affermarlo. Ma l’Italia con la sua bassa considerazione delle donne ha dato una mano alla mano assassina. Per non far morire altre Sanaa dobbiamo cambiare l’Italia. Perché donna è bello, donna è vita.

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