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Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 15/09/2009, a pag. 12, il commento di Antonio Macaluso dal titolo " L'attacco a Giorgio Israel ,un avvertimento pericoloso" e, a pag. 19, l'articolo di Giovanna Cavalli dal titolo " Riforma da puparo alla Biagi, Sito minaccia docente ebreo ". MOKED - Ugo Volli - Commento all'attacco di REPUBBLICA contro Giorgio Israel Apriamo questo commento con la notizia di un messaggio antisemita assai minaccioso apparso su un sito Internet di sinistra contro Giorgio Israel (notizie e commenti su Avvenire, Corriere, Libero, e altri giornali). Israel viene violentemente attaccato nella sua qualità di consulente del ministro dell'Istruzione, ma in quanto "puparo ebreo" e accostato a Enzo Biagi, com'è noto assassinato dai terroristi alcuni anni fa. A Israel, intellettuale rigoroso e impegnato, personalità fra le più significative del mondo ebraico italiano, va tutta la mia personale attestazione di stima e solidarietà. A proposito di questa notizia, particolarmente indegna è la cronaca di Repubblica, con un paragrafo di un pezzo di Mario Reggio che merita di essere letto per intero per capire quanto vicino all'antisemitismo possa portare l'odio ideologico caratteristico del quotidiano romano: "E [Gelmini] non perde l'occasione per cogliere un'appetitosa chance offerta da un «cretino» che ha spedito un messaggio al sito internet www.comedonchisciotte.org «La Gelmini ci ha messo la faccia ma il vero artefice della riforma è il professor George Israel, ebreo come lo era Biagi». I ministri Gelmini e Sacconi hanno subito giudicato il messaggio come un invito ai terroristi a regolarsi di conseguenza. Peccato che lo staff del ministro Gelmini si sia basato sulle agenzie senza neanche visitare il sito." Ma scusi, caro signor Reggio, alcune domande a questo punto si impongono, a lei o al direttore di Repubblica Mauro: lei cosa sa di quel che hanno o non hanno letto i funzionari del ministero? E comunque, cosa c'entra? Soprattutto, lei è d'accordo o no con la dichiarazione del sito? E con il commento di Gelmini e Sacconi? Danno fastidio anche a lei i "pupari ebrei" più degli aspiranti terroristi? CORRIERE della SERA- Antonio Macaluso : "L'attacco a Giorgio Israel, un avvertimento pericoloso " Un concentrato di pericolosa stupidità. Che, se non indignasse per il carico di odio di cui è impregnato, meriterebbe di essere liquidato con una risata. Ma, visti i precedenti a cui si fa riferimento, l’attacco comparso in un forum di discussione sul sito internet «comedonchisciotte» contro il professor Giorgio Israel nella sua qualità di presidente della Commissione ministeriale per la formazione degli insegnanti, non va sottovalutato. «La Gelmini a questa riforma — si legge nel delirante testo — sta dando solamente il nome e la faccia. In realtà, l’artefice dietro le quinte di essa, il «puparo», è l’ebreo Giorgio Israel. Come lo era Biagi, il riformatore della legge del lavoro, come lo è quel nano malefico di Brunetta». CORRIERE della SERA - Giovanna Cavalli : "«Riforma da puparo alla Biagi» Sito minaccia docente ebreo ROMA — Quattro righe velenose sul blog comedonchisciotte. org mentre si parla di scuola e prof precari: «La Gelmini a questa riforma sta dando solamente il nome e la faccia. In realtà, l’artefice dietro le quinte, il puparo, è l’ebreo Giorgio Israel. Come lo era Biagi, il riformatore della legge del lavoro, come lo è quel nano malefico di Brunetta». La REPUBBLICA - Mario Reggio : " Scuola, è bufera sulla Gelmini " ROMA - «A scuola non si fa politica. Presidi e insegnanti che criticano la riforma si dimettano e si facciano eleggere». Mariastella Gelmini apre così l´inizio del nuovo anno scolastico ribadendo quanto già detto al Corriere della Sera. Ma non basta. «Dal prossimo anno scolastico gli studenti extracomunitari nelle classi non potranno superare il 30 per cento». E non perde l´occasione per cogliere un´appetitosa chance offerta da un «cretino» che ha spedito un messaggio al sito internet www.comedonchisciotte.org: «La Gelmini ci ha messo la faccia ma il vero artefice della riforma è il professor George Israel, ebreo come lo era Biagi». I ministri Gelmini e Sacconi hanno subito giudicato il messaggio come un invito ai terroristi a regolarsi di conseguenza. Peccato che lo staff del ministro Gelmini si sia basato sulle agenzie senza neanche visitare il sito. Critico Benedetto Vertecchi, ordinario di Pedagogia Sperimentale a Roma Tre. «Non capisco bene - dice - cosa intenda il ministro». L´educazione «è anche un´attività che ha una connotazione politica» e del resto «sia prima del fascismo sia dopo il fascismo la scuola ha espresso in larga parte orientamenti critici nei confronti dei governi in carica». Dura la reazione alle parole del ministro di Manuela Ghizzoni, capogruppo del Pd in commissione istruzione alla Camera: «Il messaggio è chiaro - afferma - ed è identico a quello che compariva nei locali pubblici durante il ventennio fascista, quando gli esercenti erano obbligati ad attaccare un cartello con scritto ‘qui non si fa politica´». Rincara la dose Rosy Bindi: «Le scuole italiane non sono caserme come al tempo del fascismo e il ministro non può minacciare nessuno. Il maestro unico era o no una libera scelta delle famiglie? La Gelmini cerchi di capire perché la stragrande maggioranza ha scartato questa possibilità, scegliendo il modulo o il tempo pieno, senza attribuire agli insegnati e ai dirigenti scolastici la colpa del caos in cui si trovano migliaia di istituti». Il commento di Giorgio Israel all'articolo di REPUBBLICA Non è certamente per un pavido tentativo di mettersi al riparo ma per mostrare fino a che punto di malafede si possa arrivare pur di costruire dei capri espiatori se dico che quel che ha fatto il Gruppo di lavoro sulla formazione degli insegnanti da me presieduto non aveva nulla a che vedere col problema del precariato. Al contrario. La nostra scelta è stata di separare il problema della formazione iniziale degli insegnanti da quello del reclutamento e di occuparci soltanto del primo, il che era peraltro prescritto dal decreto costitutivo della commissione. Quel che rende grottesche le accuse che ci vengono mosse in certi siti estremisti – e a me in particolare come «vero autore della Riforma che sta sconvolgendo la vita a decine di famiglie» – è che aver separato questi temi è stato il principale motivo di critica che taluno ha mosso al nostro progetto… Noi abbiamo ritenuto che il problema della formazione andasse distinto da quello del reclutamento, in quanto il primo è di natura essenzialmente teorica – a differenza del secondo, più pratico – e richiedesse di essere una buona volta definito a regime, in una prospettiva stabile, e non provvisoria, legata alla contingenza e a misure tampone. Quindi un problema distinto dal reclutamento, per non dire da quello del precariato, che ha una natura di emergenza e può essere affrontato soltanto in termini di scelte politiche volte a superare nel modo più indolore una drammatica eredità accumulatasi in decenni di politiche sconsiderate. Se il nostro progetto ha qualche cosa a che fare col precariato è casomai nel senso che, per il futuro, esso mira ad evitare la creazione di altre sacche di precari!… Ai critici che ci invitavano, secondo il solito metodo all’italiana, a ricorrere al principio di implicazione – A è legato a B, B e C, ecc. quindi o si risolve tutto insieme, o niente (e quindi niente) – abbiamo risposto che, visto che si parla tanto di spirito scientifico, chi vuol affrontare razionalmente i problemi complessi deve saperli distinguerli in sottoproblemi risolubili e non intrecciarli l’uno sull’altro come un nodo gordiano. Quindi una delle critiche principali (e sbagliata) al nostro progetto è stata di esserci occupati soltanto di formazione… Di altre – un rapporto più equilibrato tra scuola e università nel processo di formazione, più spazio al tirocinio – si è tenuto conto in un processo di consultazione e di confronto a tutto ispirato salvo che a un decisionismo impositivo. In fin dei conti, il nostro progetto ha riscosso molti più consensi che critiche e molti hanno capito che esso prefigura un futuro di maggiore serietà e senza precariato. Questo, ripeto, tutti hanno dato mostra di averlo capito. Ma ora qualcuno ha deciso di far credere ai precari in agitazione che siamo noi ad aver costruito una “riforma” per farli piangere. In breve, si sta fabbricando in perfetta malafede un capro espiatorio. In questi mesi, le polemiche in cui ci siamo trovati sono state tutte civili, salvo qualche insulto isolato nei limiti della norma. Ho registrato personalmente i soliti riferimenti al mio “ebraismo” da parte dei soliti estremisti, magari qualche caduta di stile di un funzionario in pensione, qualche frasaccia sul mio cognome («è tutto un programma»), ma sono abituato dalla nascita a questi detriti, che non mi fanno né caldo né freddo. Però stalvolta è stato passato un confine: non soltanto per la definizione di «puparo ebreo», quanto per il parallelismo con Marco Biagi rafforzato da un riferimento “teorico” insistito al fatto che, come allora Biagi sarebbe stato lo strumento della costruzione del precariato in generale (cosa che peraltro è un falso macroscopico), così oggi la sua operazione si starebbe riproponendo nella scuola. Volete la prova che si vuol dir questo a dispetto dei fatti? Nel blog in oggetto, mentre si continua a far finta che il lavoro della nostra commissione abbia riguardato il precariato, l’amministratore ha tentato blandamente di calmare le acque osservando che «i tecnici seguono gli indirizzi politici, non hanno il potere di imporre riforme. Sarebbe come caricare su Marco Biagi la responsabilità della precarizzazione del lavoro. Qualcuno l’ha fatto, ma era un folle terrorista». La risposta che ha ricevuto è talmente emblematica che non merita commenti (quantomeno per chi conserva un minimo di buona fede): «Ognuno di noi è responsabile di quello che fa. Non esistono tecnici per la dequalificazione della scuola e per terrorizzare decine di migliaia di famiglie. È una scelta politica. In quanto a Biagi certamente è da condannarne l’omicidio ma quando collaborava con il governo avrebbe dovuto chiedersi l’effetto delle sue proposte su una intera generazione di giovani che è incanutita da precaria senza futuro e sull’altra che ne sta seguendo le sorti». Dunque, non soltanto sono – siamo – ormai bollati come coloro che hanno preso addirittura la decisione politica di terrorizzare decine di migliaia di famiglie, ma l’omicidio di Biagi è condannato con il solito “ma”. La tecnica è quella codificata da Goebbels e che, per esplicita ammissione di Hitler, era stata copiata dai metodi stalinisti: ripetere cento volte la stessa bugia perché diventi una verità, fabbricare un capro espiatorio, additarlo al pubblico ludibrio per isolarlo meglio. Qui, poi, l’operazione torna particolarmente comoda, data la natura ebraica di un soggetto implicato, la quale ha una lunga tradizione di demonizzazione. In queste ore sono arrivate tante manifestazioni di solidarietà che sono davvero confortanti. Ma fino a un certo punto. Perché si è manifestata una vasta zona di silenzio sulla cui natura politica è inutile insistere, nella speranza che questo silenzio si interrompa. Talvolta, oltre al silenzio c’è di molto peggio. Così Repubblica ha derubricato la vicenda al fatto che il ministro Gelmini avrebbe colto «un’appetitosa chance offerta da un “cretino”» ed ha aggiunto: «Peccato che lo staff del ministro Gelmini si sia basato sulle agenzie senza neanche visitare il sito». Comica gaffe, perché è proprio Repubblica ad aver riferito una balla: «il vero artefice della riforma è il professor Giorgio Israel, ebreo come lo era Biagi»… A parte il fatto che non risulta che Biagi fosse ebreo, il tenore del messaggio era ben altro: «La Gelmini a questa riforma sta dando solamente il nome e la faccia. In realtà, l’artefice dietro le quinte di essa, il puparo, è l’ebreo Giorgio Israel. Come lo era Biagi, il riformatore della legge del lavoro, come lo è quel nano malefico di Brunetta». E una visita al sito, e ad altri connessi, avrebbe permesso di constatare che c’era anche dell’altro, e che, come abbiamo visto, non cessa di esserci. A che pro un atteggiamento tanto fazioso? In tal modo, si finisce col pagare (e far pagare) un prezzo troppo alto minimizzando una vergognosa e pericolosa demonizzazione, per giunta di stile razzista, solo per conquistare i precari a un’operazione politica. Per inviare la propria opinione a Corriere della Sera, Giornale, Stampa, Libero, Riformista, Repubblica, Foglio, Manifesto e Unità, cliccare sulle e-mail sottostanti lettere@corriere.it segreteria@ilgiornale.it lettere@ilfoglio.it lettere@lastampa.it segreteria@ilgiornale.it segreteria@libero-news.eu rubrica.lettere@repubblica.it info@ilriformista.it lettere@unita.it |
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