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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Foglio - Il Giornale Rassegna Stampa
21.08.2009 Ahmadinejad nasconde il killer di Neda la ragazza simbolo della rivolta iraniana
L'ayatollah Larijani è stato nominato capo della Giustizia. Cronaca di Marta Allevato con due analisi del Foglio

Testata:Il Foglio - Il Giornale
Autore: La redazione del Foglio - Marta Allevato
Titolo: «Occhio al clan Larijani, ha messo un piede nel governo d’Iran - Ahmadinejad nasconde il killer di Neda la ragazza simbolo della rivolta iraniana»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 21/08/2009, a pag. 3, l'editoriale dal titolo "  Il tubo di Rubik" e l'articolo dal titolo " Occhio al clan Larijani, ha messo un piede nel governo d’Iran ". Dal GIORNALE, a pag. 14, l'articolo di Marta Allevato dal titolo " Ahmadinejad nasconde il killer di Neda la ragazza simbolo della rivolta iraniana ". Ecco gli articoli:

Il FOGLIO - " Occhio al clan Larijani, ha messo un piede nel governo d’Iran "

 Sadegh Amoli Larijani

Roma. C’è una foto scattata alcuni giorni fa che cattura perfettamente gli umori di Teheran. Mahmoud Ahmadinejad e Ali Akbar Hashemi Rafsanjani si salutano e si sorridono. Siedono vicini. Gli occhi dei notabili della Repubblica islamica sono fissi su di loro. Sguardi scettici e nervosi come se la contiguità tra i due arcinemici potesse scatenare qualcosa di irreparabile. Ma non succede niente. La poco plausibile recita della riconciliazione va avanti a favor di telecamera e l’uomo del giorno, seduto in mezzo a loro, si tiene stretto un ben più convincente sorriso. Sadegh Amoli Larijani, a parte la barba e il volto occhialuto d’ordinanza, non appartiene alla schiera dei mullah dall’espressione truce. Al nuovo deus ex machina della giustizia iraniana piace piacere e il segreto del suo successo sta anche nel dono naturale di sapersi accattivare le simpatie. E questa è la sua cerimonia di insediamento, l’ennesimo balzo in avanti di una carriera che non ha ancora conosciuto intoppi, il giorno in cui seyyed più titolati hanno abbassato il cipiglio, mentre Ahmadinejad stringeva i denti per mandare giù il rospo. Con la benedizione di Ali Khamenei il più giovane membro del Consiglio dei Guardiani (49 anni) è ora il più giovane capo della Giustizia e i suoi piani sono ambiziosi. “Nessuno dovrebbe avere l’ardire di negare i diritti degli iraniani”, ha detto Larijani strizzando l’occhio alla piazza e ai pallidi condottieri dell’onda verde. “Chi non rispetta la legge dovrà tenere bene a mente che sarà presto chiamato a rispondere dei suoi delitti, non avrò alcuna pietà per i trasgressori nell’assolvere questa importante missione”. Piuttosto vago per essere preso sul serio come difensore civico soprattutto in un Iran che chiama “terroristi” i manifestanti. “Avrà il coraggio di mirare al cuore dei pasdaran?”, si è chiesto Time. “Intende liquidare Said Mortazavi”, il sanguinario procuratore di Teheran che fa il bello e il cattivo tempo senza mai rendere conto a nessuno, promettono i suoi. Di tutte queste voci, dopo settimane di lagnanze da parte di Ahmadinejad (ora alle prese con la presentazione di un governo già inviso a buona parte del Majlis), si bea Khamenei. E’ la prima volta dall’inizio della crisi che ha riconquistato un barlume di consenso tra i conservatori tradizionali. Nominare Sadegh Larijani vuol dire riallacciare i rapporti con il bazaar e con il network burocratico-affaristico-istituzionale che costituisce l’ossatura dello stato. Vuole anche dire rinsaldare l’alleanza con il suo clan: i “baradar Larijani” (fratelli Larijani in farsi) sono tornati. Ali, il braccio, guida il Parlamento; Mohammed Javad, lo stratega, è il leader del comitato per i diritti umani della magistratura e consigliere di Khamenei; Fazel, il diplomatico, ha rappresentato la Repubblica islamica in Canada; e Bagher, la promessa mancata, già viceministro della Sanità, ambisce a più prestigiosi incarichi. Figli del grande ayatollah Amoli, i fratelli Larijani sono imparentati con la crema dell’aristocrazia clericale iraniana, ma vantano anche solide relazioni con gli ambienti militari e dell’intelligence. Proiettare la famiglia verso scenari ancora più ambiziosi è la missione di Sadegh. Privo di credenziali religiose all’altezza delle origini – è un semplice hojatoleslam promosso da Khamenei al rango di ayatollah – non ha mai permesso al buco nel curriculum di fermarlo. La sua formazione sui generis – ha spiegato sul suo sito – è una risposta allo spirito del tempo. “Sentivo che l’invasione culturale dell’occidente non era meno importante di un’invasione militare”, ha ribattuto ai critici di Qom “addormentati nelle loro torri d’avorio”. Per conoscere il nemico il clan Larijani piu che a Najaf si è formato in università come Berkeley e accanto al Corano ha ripassato le tesi di Karl Popper. Il capo della Giustizia è pronto a incarnare l’anima del terzo fronte, quel decisivo partito di mezzo che non sta né con Ahmadinejad né con Rafsanjani.

Il FOGLIO - "  Il tubo di Rubik"

La partita tra Nabucco e South Stream, i due progetti di gasdotto che si contendono il profittevole mercato europeo, non è un derby calcistico. Eppure ci sono i tifosi sugli spalti (i governi di mezzo mondo), i giocatori (i governi e le aziende coinvolti) e perfino l’arbitro (il mercato). Ora, accade che gli Stati Uniti e un pezzo di Ue abbiano in uggia il South Stream, voluto da Mosca e sponsorizzato da Roma e dall’Eni. Essi temono, forse con un eccesso di cupezza, che renderà l’Europa ancor più dipendente dal Cremlino, e le Repubbliche ex sovietiche del Caspio meno autonome dallo scomodo e imperialista vicino russo. Per loro, Nabucco sarebbe l’equivalente energetico di uno scudo spaziale. Tutto questo è parzialmente vero e molto suggestivo, ma farebbe meno paura se guardassimo alle cose coi dati in una mano, e la cartina geografica nell’altra. Uno: l’alleanza tra Eni e Gazprom è strategica e antica, e c’è poco che la politica possa o debba dire in merito. Due: South Stream è un tubo quasi dritto di 900 chilometri, che dovrebbe convogliare 60 miliardi di metri cubi di metano russo all’anno. Tre: Nabucco è invece un tubo storto, lungo più di 3.000 chilometri, che promette di portarci ogni anno 30 miliardi di metri cubi di gas caspico i quali, al momento, esistono solo sulla carta. Quattro: in punto di economia e pragmatismo, South Stream vince a tavolino. Quello che potrebbe fare la differenza è la possibilità, per Nabucco, di riempirsi di gas a basso costo, sfruttando le ricche e quasi vergini riserve irachene (passi) e iraniane (bum!). Che sia tecnicamente possibile, e da alcuni anche desiderato, fare del Nabucco una sorta di autostrada del gas da Baghdad e Teheran a Vienna non è un mistero. Però è bizzarramente un tabù che quasi mai viene affrontato direttamente, tanto meno dai più convinti sostenitori del Nabucco, cioè gli americani (gli unici ad avere puro interesse geopolitico e nessun interesse energetico diretto, in questo match). Stanno bene qualche remora sull’Iraq e molta diffidenza di Ahmadinejad: però, se non si esplicita questo clamoroso “non detto”, torniamo al punto di partenza. La contesa tra Nabucco e South Stream, appunto, non è un derby, ma un complicatissimo e costosissimo investimento con seri risvolti di politica internazionale. Il significato geopolitico di tutto l’ambaradan è che, se vogliamo meno gas russo, dovremo procurarcene più di mediorientale. Per il resto, prevarrà la soluzione migliore. O la mettiamo in questi termini, oppure di cosa stiamo parlando?

Il GIORNALE - Marta Allevato : " Ahmadinejad nasconde il killer di Neda la ragazza simbolo della rivolta iraniana "

 Neda

Il killer di Neda ha un volto, un nome, se ne conoscono le generalità. Peccato, però, che sembra essere scomparso nel nulla. O meglio: il sospetto più fondato è che a coprirlo sia proprio il governo. Già, perché Abbas Kargar Javid, che quel 20 giugno ha sparato sui manifestanti facendo della giovane Neda Soltan la martire-simbolo della lotta anti regime, è un membro delle milizie governative basij; uno dei volontari paramilitari impegnati nelle strade di Teheran a reprimere a suon di pistola e manganello le proteste contro l’elezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad. L’identificazione di Javid smentisce le dichiarazioni diffuse ad arte dal regime iraniano, secondo il quale a sparare furono agenti della Cia e dei servizi britannici.
Già da qualche settimana circolava su Internet l’immagine della carta di identità di Javid: subito dopo l'esplosione dei colpi di arma da fuoco contro Neda, il miliziano era stato bloccato dalla gente scesa in piazza. In quel momento gli è stata sottratta la carta d’identità. Per ora non vi è nessuna conferma ufficiale, ma numerosi testimoni lo hanno già riconosciuto. Come il dottor Arash Hejazi, il medico che quel giorno provò a soccorrere la ragazza in fin di vita e poi costretto per la sua incolumità a lasciare in fretta l’Iran. «Posso dirlo con certezza, è lui l’assassino. È disgustoso però che il regime non abbia preso alcuna misura contro questa persona», ha dichiarato ieri al Times. Hejazi ricorda anche di aver sentito il miliziano che urlava: «Non volevo ucciderla. Non volevo ucciderla. Volevo colpirla alle gambe». I dimostranti decisero poi che non sarebbe servito a nulla consegnare l'uomo alla polizia, quindi presero la sua carta di identità e lo lasciarono andare via. Chi tra i militanti d’opposizione ha poi recuperato il numero di cellulare del basij killer, ha iniziato a chiamarlo e a sfogare così la sua rabbia. Ora, però, quel numero risulta sempre staccato.
Ma non c’è solo il fantasma di Neda e le rivolte di piazza a turbare il sonno di Ahmadinejad. Il contestato presidente sta trovando dura opposizione anche all’interno del Parlamento stesso. Campo del contrasto, la nomina del nuovo esecutivo. Davanti alla lista dei ministri presentata pubblicamente ieri sera il vicepresidente dell’Assemblea di Teheran, Mohammad-Reza Bahonar, ha già avvertito che cinque potrebbero non ottenere il voto di fiducia. L’esponente del Principlist, il blocco conservatore che detiene la maggioranza, evidenzia il malcontento del suo schieramento per la mancata riconferma di alcuni ministri. Tra cui quello della Salute, Kamran Baqeri, quello dell’Energia, Parviz Fattah, e quello del Lavoro Mohammad Jahromi. Secondo gli esperti, però, con le nuove nomine ai dicasteri Ahmadienjad mira soprattutto a confondere e distogliere l’attenzione sull’ancora massiccia protesta in corso nel Paese, che mette in discussione la stessa legittimità della sua Amministrazione. Sa benissimo che le tre donne proposte a capo di Sanità, Istruzione e Affari sociali, non saranno mai approvate dal Parlamento, il cui veto potrà essere usato dal presidente populista a sua discolpa. Come a dire: vedete? Ho provato a innovare, non dipende da me. Che si tratti più di fumo negli occhi di media e diplomazia occidentali lo dimostrerebbe anche il fatto che i ministeri chiave di Interni e Petrolio saranno affidati, senza troppe proteste, a fedelissimi di Ahmadinejad. E comunque, come in tutto, la decisione finale spetta alla Guida suprema Alì Khamenei.

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