Riportiamo da LIBERO di oggi, 30/04/2009, a pag. 20, l'articolo di Simona Verrazzo dal titolo " Maometto e Gesù sul ring. Islamici bloccano il gioco " e dal CORRIERE della SERA, a pag. 25, l'articolo di Paolo Di Stefano dal titolo " L’ora di nuoto riservata alle islamiche " preceduto dal nostro commento. Ecco gli articoli:
LIBERO - Simona Verrazzo : " Maometto e Gesù sul ring. Islamici bloccano il gioco "
Fedeli musulmani nuovamente sul piede di guerra, stavolta non per delle vignette ma per un videogame. Ha scatenato una dura ondata di proteste il videogioco Faith Fighters – realizzato dall’italiana Molleindustria – che ha per protagonisti le figure più sacre delle principali religioni: da Gesù a Maometto, da Buddha a Ganesh. C’è anche un alieno e un Dio biblico con la lunga barba bianca. Le polemiche islamiche sono state tali da costringere l’azienda a censurare il prodotto.Faith Fighters è un videogame un po’ particolare, con combattimenti tra Gesù contro Maometto o contro Dio o contro Buddha o contro Ganesh. I fedeli musulmani non l’hanno presa bene, tanto da far scendere in campo l’Organizzazione della conferenza islamica (Oci). A destare scalpore sono state alcune immagini circolate su Internet, come un combattimento tra Gesù e Maometto con lo sfondo di una moschea o quella di un pugno con cui Dio mette ko Maometto. «Il gioco incita alla violenza interconfessionale ed è offensivo nei confronti dei musulmani e dei cristiani», ha dichiarato l’Osservatorio sull’islamofobia dell’Oci.Ma perché un videogame del genere? La risposta si trova sul sito www.molleindustria.org. «Faith Fighter – si legge nella pagina on-line – è un picchiaduro per questi tempi oscuri. Scegli il tuo credo e spacca il culo a chi non la pensa come te. Dai sfogo alla tua intolleranza! L’odio religioso non è mai stato così divertente». Si prosegue poi con una spiegazione: «Questo gioco non vuole arrecare offesa a nessuna religione in particolare. Il suo obiettivo è quello di spingere i giocatori a riflettere come le religioni e le sacre rappresentazioni sono spesso usate in maniera strumentale per alimentare e giustificare i conflitti fra nazioni e popoli». Infine arriva una puntualizzazione anche sull’immagine di Maometto. «Il gioco contiene una rappresentazione del Profeta Maometto, la pace sia su di lui. Se pensi che questo ti possa offendere, ti chiediamo di giocare la versione censurata, in cui il volto del personaggio è oscurato. O meglio ancora, lascia perdere questo gioco». Tutte queste precauzioni però non sono bastate e – dopo la polemica sollevata dall’Oci – la Molleindustria si è vista costretta a ritirare il gioco dal proprio sito, anche se il danno è ormai fatto. Già, perché in migliaia lo hanno scaricato da un pezzo. Fight Fighters circola su Internet da più di un anno, tanto che la Molleindustria aveva creato anche Fight Fighters 2, sequel del primo. On-line ci sono i commenti tra i giocatori, tutti entusiasti e per niente offensivi verso alcun personaggio. A mettere in allarme l’azienda italiana è il fatto che l’Oci abbia 57 paesi membri, per più di un miliardo di fedeli sparsi su quattro continenti, e il timore che si scatenasse un nuovo “caso” come per le vignette danesi non era affatto esagerato.Per questo non soltanto il gioco è stato ritirato, ma è arrivato anche un comunicato della Molleindustria su uno dei più importanti quotidiani arabi on-line, il saudita Arab News. «In seguito a una dichiarazione ufficiale dell’Organizzazione della conferenza islamica – si legge – abbiamo deciso di rimuovere il gioco Fight Fighters dal nostro sito».
CORRIERE della SERA - Paolo Di Stefano : " L’ora di nuoto riservata alle islamiche "
Questo il " traguardo" raggiunto dalla mediatrice culturale Maida Ziarati. In cosa sta la mediazione non è ben chiaro. La piscina, invece di essere aperta a tutti, rimane chiusa a cittadini italiani non islamici un'ora la settimana per consentire a donne musulmane di nuotare senza essere disturbate da sguardi indiscreti. Forse se indossassero un costume da bagno invece di quella palandrana improbabile chiamata "burkhini", nessuno le guarderebbe con tanta curiosità...Ecco l'articolo:
A volte succede che un semplice gesto sia capace di portare alla luce in tutta la sua flagranza questioni cruciali che in tante discussioni teoriche non cessano di apparire farraginose e astratte. È il caso della decisione — illuminata, buonista, regressiva, ipocrita? — presa dai gestori della piscina Siloe, di proprietà della Diocesi di Bergamo. I quali hanno stabilito che per un’ora, ogni giovedì mattina, gli spazi delle loro strutture simil-balneari verranno riservati alle donne islamiche, per permettere loro di stare al riparo dagli occhi maschili, come detta il Corano. Decisione che, è facile intuirlo, contiene in sé ogni sorta di ambivalenza: un segno di democrazia e tolleranza o, viceversa, il primo sintomo di complicità verso la ghettizzazione? Mai rischio di cerchiobottismo fu più comprensibile. Sì, ma. No, però.
Fatto sta che, piaccia o non piaccia, dopo anni di battaglia, una mediatrice culturale tenace come Maida Ziarati, iraniana approdata in Italia 17 anni fa dopo aver conseguito una laurea a Londra, ha compiuto un passo importante verso quello che definisce un progetto di integrazione. D’ora in poi un gruppo di musulmane tunisine, marocchine, iraniane, egiziane e anche italiane potrà lasciare a casa eventuali burqini, ma soprattutto abbandonare i vestiti tradizionali, burqa e velo compresi, calzare una banale cuffia e nuotare in deshabillé nelle compiacenti acque orobiche messe del centro «Scala di Giacobbe». Che a pensarci bene sin dal nome rappresenta una forma di involontario ecumenismo, accostando uno dei Padri dell’Ebraismo all’oggetto sacro dall’alto del quale Maometto una notte ebbe dagli angeli guardiani la prima rivelazione dell’Aldilà, episodio che diede luogo nel Medioevo al famoso Libro della Scala.
«All’inizio — dice trionfante Maida Ziaradi — alcune erano titubanti e timorose, qualcuna non aveva mai nuotato prima, altre hanno fatto un notevole sforzo mettendosi a gambe nude, qualcuna aveva addirittura il terrore dell’acqua e ora non si perde una sola lezione». Se le cose stanno così, è sicuramente una saggia decisione, quella di affidarsi a una maestra di nuoto. La vera preoccupazione delle natanti però — a sentire la signora Ziaradi — sulle prime non era tanto quella di riuscire a stare a galla, ma aveva ragioni ben più radicate: e coincideva con il vero e proprio terrore che ci fossero nei paraggi telecamere di sorveglianza. E varrà la pena notare che, giusto per una coincidenza che potrà far discutere a piacere i fautori come i detrattori della «Siloe », proprio in questi giorni in Arabia le autorità politiche hanno indetto una crociata contro le palestre femminili private, considerate offensive per il comune senso del pudore islamico.
Le voci dei fautori e dei detrattori che vedono solo il nero o il bianco si sentono già rimbombare nell’aria. «Così si torna indietro, questo non è certo un modo per integrare, non dobbiamo legittimare le loro usanze ma fare in modo che accolgano le nostre», ha sentenziato Daniele Belotti, consigliere regionale e comunale per la Lega Nord. Altri potrebbero obiettare che in fondo sessanta minuti alla settimana non è una gran concessione. Ma significherebbe ridurre tutto a una faccenda di contabilità. Mentre la questione (ben lungi dall’essere una questione di costume nel senso proprio) ha ben altri contorni, che vanno a incrociare concetti molto dibattuti, negli ultimi anni, da filosofi, da antropologi e da schiere di politici dei vari fronti. Concetti che hanno suffissi ben noti in -zione, -ismo, -anza e simili: multiculturalismo, pluralismo, integrazione, tolleranza, mescolanza, convivenza, accoglienza, nelle loro più sottili declinazioni, dalla più ingenua e benevola alla più cinica.
Ma qui si ricade all’ambivalenza iniziale, che si traduce in mille possibili domande destinate, forse, a non perdere mai il punto interrogativo. Da una parte: chi può privare gli altri delle proprie abitudini, quando queste non vanno a intaccare serie ragioni di moralità? Piuttosto che attraverso i divieti, non è meglio puntare su un’assimilazione lenta e paziente? Dall’altra: è realizzabile un’integrazione che prescinda dalla mescolanza? Seguendo il modello «Siloe» non si rischia per caso di costruire una società ghettizzata e blindata senza ritorno, dove gli ospiti, fingendo di accogliere le esigenze dell’altro, in realtà si mettono al sicuro nei loro bunker etnici? O forse ha ragione Tzvetan Todorov quando ricorda che la salvezza degli europei è sempre stata la capacità di capire, di essere mutevoli ed elastici?
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