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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Corriere della Sera - La Stampa - Libero Rassegna Stampa
10.04.2009 Ecco l'Islam che Ben Jelloun paragona a ebrei e cristiani
Le donne non possono andare in moto, ma possono essere stuprate dal marito. Un fondamentalista esaltato vorrebbe conquistare l'occidente

Testata:Corriere della Sera - La Stampa - Libero
Autore: Alessandro Pasini - Tahar Ben Jelloun - Alessandro Carlini
Titolo: «Il marito ordina e Modawi deve abbandonare il paddock - Le donne cancellate - Il leader degli integralisti islamici che vuol portare la Sharia in Italia»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/04/2009, a pag. 51, l'articolo di Alessandro Pasini dal titolo " Il marito ordina e Modawi deve abbandonare il paddock " su Modawi Al Ansari, figlia dell'ex ambasciatore del Qatar che, per compiacere il marito, ha deciso di rinunciare alla sua passione per le moto, dalla STAMPA, a pag. 1-35, l'articolo di Tahar Ben Jelloun dal titolo " Le donne cancellate "sulla condizione della donna in Afghanistan e da LIBERO, a pag. 22, l'articolo di Alessandro Carlini dal titolo " Il leader degli integralisti islamici che vuol portare la Sharia in Italia " con le dichiarazioni del fondamentalista islamico Anjem Choudary, il quale auspica la conquista dell'occidente da parte dell'Islam. Ecco gli articoli:

CORRIERE della SERA - Alessandro Pasini : " Il marito ordina e Modawi deve abbandonare il paddock "

DOHA — Modawi non c’è. La ragazza col velo che girava il pad­dock suscitando la curiosità de­gli stranieri e la disapprovazione dei locali stavolta guarderà le corse in tv. Sarà un supplizio ma queste sono le conseguenze del­l’amore, come sostiene lei, o for­se solo di una discutibile cultu­ra, come invece saremmo porta­ti a pensare noi. Il problema in­fatti è che Modawi si è appena sposata e suo marito non vuole che frequenti un mondo come quello delle moto: «È difficile convincerlo che non c’è nulla di sbagliato. Gli ho proposto di an­dare insieme, ma il punto non è quello. Io sarei la sola donna mu­sulmana e i nostri uomini direb­bero che lui non sa controllarmi. Capisci?». Difficile, ma giudicare non serve e non si può. Modawi spiega che «non è questione di religione, solo di cultura e tradi­zione » e non ha dubbi su ciò che è giusto fare: «Con mio marito sono felice, è un good guy», dice nel suo inglese perfetto. Un bra­vo ragazzo. «L’amore per lui con­ta più di quello per le moto. Non divorzierò per questo! E poi ma­gari col tempo le cose cambieran­no ».
Varrebbe la pena. Perché que­sta impresa di affari e libertà non può fermarsi ora. Trent’an­ni, figlia dell’ex ambasciatore del Qatar, nata in Germania con stu­di in Europa e Giappone, Mo­dawi Al Ansari è arrivata a Doha nel ’99. E qui ha scoperto la pas­sione per la moto. «Piace a tutte le ragazze. Io non ho mai prova­to,
ma qui ci sono tante motoci­cliste. Non potrebbero, ma col ca­sco chi le scopre?». Così, quando nel 2004 è stata aperta la pista di Losail, nel deserto fuori Doha, Modawi ha contattato l’ambien­te che, straniero, l’ha accolta con curiosità ma senza problemi: «Arrivavo con la mia Porsche Cayenne e dicevano: ma chi è quella?».
Quella è una tipa sveglia che, tempo qualche mese, ha aperto
un negozio di accessori per mo­to, il Pit Stop Qatar, e messo in piedi un team di Superbike: 4 pi­loti locali, staff di 5 persone, mol­te vittorie, altrettanta perplessità diffusa. «La Federazione non mi vede bene». Così («La crisi si sen­te pure qui») quest’anno il team si è fermato in attesa di tempi mi­gliori: «Costa 150-250 mila euro. Senza sponsor, dovrei metterli io. Beh, non amo le moto così tanto...».
Anche il Pit Stop ha chiuso, ma solo per spostarsi nel centro commerciale che il marito aprirà fra breve. «Io intanto — sospira lei — frequento una scuola di moda».
Questo tranquillizzerà gli uo­mini, ma loro devono sapere che Modawi non molla. Lei ricorda felice i tanti piloti conosciuti («I preferiti? Capirossi e Checa»), ri­vendica orgogliosa il ruolo di unica «self made woman» locale («Tante donne qui fanno busi­ness, ma l’hanno ereditato dalla famiglia o hanno sposato un ma­rito ricco») e spiega lucida: «Le passioni non vanno mai nasco­ste, ma ogni matrimonio richie­de qualche compromesso, an­che da voi. In futuro si vedrà. E comunque il business si può fa­re anche senza andare in pista. Semplice, no?». Chissà. Lo sco­prirà domenica, davanti alla tv, quando l’aria e la nostalgia le porteranno in casa il suono delle moto nel deserto. «Ma non tife­rò Rossi. Troppo facile. Io sto con chi deve lottare per conqui­starsi qualcosa». E su questo po­chi se ne intendono come lei

La STAMPA - Tahar Ben Jelloun : "  Le donne cancellate  ".
L'autore, abituato da sempre a criticare ebrei e Israele, cade involontariamente in un errore grossolano, anche se commesso in difesa dei diritti della donna. Scrive infatti il nostro "
Contro il rifiuto, la violenza. I fondamentalisti hanno un vero problema con la donna e la sua sessualità. Vale per l’ebraismo, per il cristianesimo come per l’islam:" Ma quando mai ! soltanto una difesa stolta e ridicola dell'islam può paragonare la condizione della donna nei regimi islamici con quella delle società cristiane o, per quanto riguarda gli ebrei, a Israele. E' ora che questa solfa delle "tre religioni monoteiste" si sgonfi. Nelle società democratiche si è sviluppata la modernità, in quelle dell'islam siamo nella preistoria. Pretenderlo da Ben Jelloun è troppo, ce ne rendiamo conto, ma che qualche nostro lettore glielo ricordi scrivendo alla STAMPA non sarebbe male.  Ecco l'articolo:

Quelli vietano contraccezione e preservativi. Tutti sono ossessionati dalla femminilità. Se nel mondo le donne lottano per la loro dignità e per migliorare le loro condizioni di vita, ci sono Stati come l’Afghanistan che vanno in soccorso degli uomini proponendo una legge che obblighi la donna a soddisfare il desiderio del marito anche se è un eiaculatore precoce o ha l’alito cattivo o più semplicemente se non stimola in alcun modo la sua libido. Contro il rifiuto, la violenza. I fondamentalisti hanno un vero problema con la donna e la sua sessualità. Vale per l’ebraismo, per il cristianesimo come per l’islam: l’integralismo trema davanti al corpo femminile, ha paura del suo sesso e reagisce con la violenza alla frustrazione o al turbamento. Tutto ruota lì attorno. Non si capisce nulla delle motivazioni degli integralisti se non si considera questa dimensione essenziale della loro psicologia e della loro esistenza. Ciò si traduce nell’imposizione del velo, del burqa o della djellabah. La donna deve essere celata, invisibile, deve essere allontanata dagli sguardi e dalla vita. L’uomo dice: «Non toccare mia moglie, mia figlia, mia sorella, mia madre». Ovvero, detto altrimenti «Questi corpi mi appartengono e nessuno ha il diritto di avvicinarsi!». Bisogna veramente avere un cattivo rapporto con se stessi per appropriarsi il corpo degli altri. E per giustificare questa mentalità si ricorre alla religione che di per sé non dà affatto un simile diritto. Anche se tutte le religioni in genere non sono molto giuste nei confronti delle donne. I taleban, ad esempio, immaginano un mondo dove la donna è assente. Esiste, ma è segregata in casa e non ha il diritto di uscirne. Questo non vuol dire che disprezzino il piacere sessuale, anzi, lo amano a tal punto da voler essere certi di essere i soli a gioirne. È il senso del progetto di legge presentato dal presidente Hamid Karzai. Un progetto che voleva rendere legale lo stupro compiuto sulla propria moglie e vietarle di uscire di casa senza l’autorizzazione del marito. Questo provvedimento avrebbe riguardato le donne sciite, che rappresentano il 10% della popolazione. Karzai contava su questo disegno di legge per attirarsi le simpatie e i voti degli sciiti alle prossime elezioni. Dopo le proteste di molti Stati, Karzai ha finito col ritirare il progetto,magli uomini continueranno a comportarsi da bruti con le donne, con o senza legge. In ogni caso, questa ipotesi legislativa, degna dell’epoca della jahilya (il periodo preislamico quando alcuni beduini seppellivano vive le loro figlie per evitare che il loro onore un giorno potesse essere macchiato) è stupida e grottesca. Che va a fare la legge nella camera da letto di una coppia? Cosa può aggiungere all’intimità tra un uomo e unadonna? Chepiacere ne ricaverà l’uomo che si sentirà forte grazie a questa legge? Un piacere dettato dalla norma e una violenza legittimata da un diritto che ha un senso dell’equità e della realtà ben singolare In Afghanistan ci sono donne che si battono, che si organizzano e sono aiutate dalle femministe di diversi Paesi. Ma che un uomo come Hamid Karzai abbia potuto mettere la propria firma su questo progetto di legge la dice lunga sulla fame di potere, sull’ambizione divorante che lo possiede. Con che faccia può presentarsi agli occidentali che frequenta avendo aperto la porta allo stupro legale nel matrimonio? Vorrebbe forse che i taleban lo considerassero vicino a loro? Ma i taleban vogliono di più. Non si accontentano di una legge sulla pratica sessuale. Vorrebbero spadroneggiare su tutta la società e introdurvi una barbarie che va al di là dell’immaginabile. Dunque Karzai ha fatto un passo falso e ha sbagliato i suoi calcoli. E quindi ha fatto marcia indietro. Per ora, almeno. Una donna che prova piacere è una «porca», è pari a una prostituta (tranne il fatto che le poverette che fanno sesso per mestiere non ne godono affatto, è un lavoro, una fatica necessaria per guadagnarsi da vivere). Sarebbe interessante far leggere agli uomini che parlano di questo godimento qualcuna tra le testimonianze di queste donne che raccontano la loro vita sessuale.Manon arriveremo a tanto. L’importante è far sentire la propria voce contro questa iniziativa afghana che non farebbe altro se non aggravare la situazione nel Paese e potrebbe favorire il ritorno sulla scena politica dei taleban. Perché quel che è in gioco in questa regione martoriata da troppe guerre è una scelta di società e anche di epoca. Sfortunatamente io sono pessimista: gli eserciti occidentali non riusciranno a eliminare il pericolo talebano. Il terreno è difficile, i metodi asimmetrici e la popolazione divisa. Solo gli afghani medesimi potranno farla finita con i taleban. Mafino a che questa guerra è legata al traffico di oppio, fino a che il guadagno facile è a portata di mano, la lotta sarà dura e impari. Nel film dell’afghano Siddiq Barmak Opium War (2008) si vede una lunga fila di donne coperte dal burqa avanzare all’orizzonte dirette verso un campo di papaveri da oppio. Quando arrivano al campo sollevano il velo e si scopre che sono taleban armati venuti a prendere la loro parte sull’incasso della vendita di droga. I contadini pagano per non essere uccisi. Questa immagine riassume la situazione: la guerra in Afghanistan ruota attorno all’oppio e alle donne. Bisogna controllarli entrambi, pena la fine di una tragedia innescata dalla barbarie nel nome di un islam totalmente estraneo a queste pratiche.

LIBERO - Alessandro Carlini : " Il leader degli integralisti islamici che vuol portare la Sharia in Italia "

«Oggi è un bel giorno per la Sharia». Mi accoglie con queste parole Anjem Choudary, il leader dei gruppi integralisti islamici di Londra, come lo definisce il Times. Di origine pachistana, 42 anni, esperto di legge (islamica), è l'erede di Omar Bakri, il predicatore espulso dal Regno Unito che tuttora dal Libano diffonde il suo messaggio alle conferenze sull'Islam che vengono organizzate nella capitale britannica.
Choudary, criticato dai media britannici, ha accettato di concedere un'intervista in esclusiva a Libero. L'incontro è fissato in un bar gestito da un algerino, nella zona di Leyton, cuore islamico dell'East London: proprio in quella zona si sono concentrate negli ultimi tempi le indagini dell'antiterrorismo britannico. Poco prima di incontrarci mi chiama, indicandomi un altro luogo per l'appuntamento. Barba lunga, veste bianca, Choudary si sente a casa. La polizia sta investigando su di lui, ma non si nasconde. «Tutti i Paesi del mondo dovrebbero adottare la Sharia», afferma, «e prima o poi lo faranno». Fra una citazione e l'altra, e un ringraziamento ad Allah, parla di Roma e dell'Italia, che dovranno essere conquistate dall'Islam. Ma come, gli chiedo? I metodi sono diversi, spiega, e vanno dall'affermazione della religione islamica, per esempio con la crescita della popolazione musulmana, fino all'uso della violenza: «Uno Stato islamico straniero, ad esempio, in futuro potrebbe invadere l'Italia». La minaccia potrebbe arrivare da uno Stato dell'Africa del Nord: Choudary non ha dubbi, prima o poi la bandiera dell'Islam sventolerà a Roma, come su Downing Street.
Di recente è stato accusato di raccogliere denaro per i terroristi che operano in Iraq e Afghanistan, lui nega tutto, ma li sostiene moralmente. «Come reagiresti se ti attaccassero? Anche tu combatteresti», dice, riferendosi a quelli che per lui restano “mujaheddin”. Non solo, rincara la dose, «Al Qaeda sta avendo un grande successo contro gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, i mujaheddin si sono affermati in alcune zone dell'Iraq e dell'Afghanistan». Ma la “jihad”, la guerra santa, non è solo “difensiva”. Prima Choudary dice che Bin Laden - da lui definito come “sceicco” - ha offerto più volte una tregua alla coalizione impegnata nella guerra al terrore. Ma il ritiro delle truppe dai luoghi sacri dell'Islam non fermerebbe il conflitto: perché l'Islam passerebbe poi all'attacco. E nuovi attentati terroristici saranno parte di questo conflitto. «Dall'MI5 alle autorità americane, tutti pensano che ci saranno nuovi attacchi, ed eventi come l'11 settembre e il 7 luglio si ripeteranno perché le cause di quegli atti sono tuttora esistenti. È solo questione di tempo». Tutto questo per arrivare a un giorno in cui la legge islamica sarà ovunque: «È la migliore alternativa all'attuale società, in cui dominano i crimini di ogni genere, dagli stupri, agli omicidi, alle rapine». Choudary è convinto che nella sua società regnerà invece l'armonia, che non ci saranno poveri, proprio perché verrà data assistenza a tutti. Viene spontaneo chiedergli che cosa accadrebbe, ad esempio, a un ladro, all'interno del suo Stato ideale: «Non c'è dubbio, gli verrebbe tagliata la mano».

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