giovedi` 28 marzo 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Giornale - Il Foglio Rassegna Stampa
14.01.2009 Hamas duramente colpita dall'azione israeliana
cronache di guerra

Testata:Il Giornale - Il Foglio
Autore: Gian Micalessin - la redazione
Titolo: «Hamas nella morsa di Gaza ora non esclude una tregua - Hamas è sotto scacco ma ha un piano B nella penisola del Sinai»
Da pagina 8 de Il GIORNALE del 14 gennaio 2009, riportiamo la cronaca di Gian Micalessin "Hamas nella morsa di Gaza ora non esclude una tregua" (è notizia delle 16 di oggi che Hamas avrebbe infine accettato la proposta di cessate il fuoco).

Ecco il testo:

«Il cimitero è pieno, per cortesia non seppellite qui perché non c’è più posto». Da ieri il cortese e macabro cartello fa bella mostra davanti al più grande cimitero di Gaza City. Da lunedì sera nel centro e nei quartieri sud orientali della città da 500mila abitanti si combatte una delle battaglie più violente di questi 18 giorni di Piombo Fuso. Lunedì i carri armati avanzano nella notte, s’infilano tra i falansteri sudorientali di Tel Hawwa, corrono tra quelle sinistre insidiose torri disseminate di cecchini. Poi si scatena l’inferno. Mentre carri e aviazione aprono il fuoco contro le postazioni di Hamas, le forze speciali saltano nelle brecce aperte nei condomini dai guastatori e si lanciano alla conquista dei piani alti per posizionare a loro volta vedette e cecchini. Non tutto fila liscio. Quando una squadra di paracadutisti guidata dal sottotenente Aharon Karov entra in una palazzina, i muri sono scossi da un’esplosione, si piegano come un castello di carte sui militari. Due soldati se la cavano, il sottotenente viene estratto in condizioni critiche. Ma, come racconta il capo di stato maggiore, generale Gabi Ashkenazi. alla commissione difesa della Knesset, i militari devono far attenzione anche ai kamikaze in divisa israeliana pronti a farsi esplodere tra le truppe in avanzata. È successo numerose volte e il rischio, ricorda il generale, è sempre presente.
Intanto i palestinesi di Gaza City vivono nel terrore. «Siamo tutti nell’interrato, siamo spaventati, abbiamo messo la vibrazione ai cellulari per non farci sentire dagli israeliani, fuori ci sono solo carri armati e militari, gli uomini di Hamas sparano per pochi secondi e scompaiono», riferisce Talat Jadat, un residente 30enne di Tel Hawwa dove ieri gli scontri hanno causato la morte di 18 militanti e sette civili. Dopo queste e altre nuove perdite il bilancio da parte palestinesi supera i 950 morti, oltre cinquecento dei quali, secondo le stesse stime israeliane, sarebbero civili. Nonostante l’incessante avanzata, anche ieri dieci razzi di Hamas hanno colpito i territori meridionali dello Stato ebraico.
A questo punto tutti si chiedono quali siano le reali intenzioni dell’esercito israeliano. Sia il premier Ehud Olmert, sia il ministro della difesa Ehud Barak e quello degli esteri Tzipi Livni sostengono di voler continuare l’offensiva, ma intanto manca ancora un via libera ufficiale a quella fase 3 che prevede il dispiegamento di 10mila riservisti per espugnare le città della Striscia.
In attesa dell’arrivo nella regione del segretario dell’Onu Ban Ki Moon, tutti gli sguardi si concentrano così sulle trattative in corso al Cairo tra le delegazioni di Hamas e i negoziatori egiziani. Lunedì notte l’ex premier Ismail Haniyeh, leader dell’ala più pragmatica del movimento fondamentalista, ha annunciato per la prima volta la disponibilità a una tregua. «Ci confronteremo positivamente con qualsiasi iniziativa rivolta a metter fine all’offensiva», ha detto Haniyeh in un discorso televisivo registrato da un bunker segreto. Secondo Al Hayat, quotidiano arabo pubblicato a Londra, Hamas sarebbe pronto ad accettare la presenza a Gaza di una forza di soldati turchi incaricati di controllare il valico di Rafah. E a rafforzare la sensazione che una soluzione sia vicina contribuisce l’annuncio del negoziatore israeliano Amos Gilad di partire alla volta del Cairo per ascoltare le nuove proposte messe a punto dall’Egitto dopo i colloqui con Hamas. Nei giorni scorsi l’alto funzionario del ministero della Difesa aveva rinviato per tre volte la partenza in attesa proprio di queste novità.

Dalla prima pagina de Il FOGLIO, l'analisi "Hamas è sotto scacco ma ha un piano B nella penisola del Sinai":

Evitare la disfatta e raggrupparsi nel Sinai. Sotto bombardamenti incessanti, e con davanti la prospettiva di un’offensiva casa per casa dei soldati israeliani, Hamas sta subendo l’attacco più duro della sua storia. Tre leader chiave sono già stati uccisi, gli altri si sono rifugiati nel sottosuolo e i miliziani rimasti in superficie a resistere sono disorientati, “si nota che combattono senza ordini precisi”, dicono gli ufficiali di Tsahal impegnati all’interno della Striscia. Per questo ora – secondo fonti dell’intelligence – Hamas dal fondo dei bunker sta già pensando alla ripartenza, in direzione Egitto. Per risorgere dalle proprie ceneri, Hamas spera in un impegno internazionale blando a Gaza, sul modello di quello in Libano dopo la guerra tra Israele e Hezbollah dell’estate 2006. Oggi tra il confine sud del Libano e il fiume Litani, i peacekeeper di Unifil hanno un controllo non pieno del territorio, e questo permette alle milizie sciite di riorganizzarsi e di riarmarsi – quasi alla luce del sole – in vista di un secondo probabile conflitto con Israele.

Il piano di pace franco egiziano, che fino a oggi è la proposta più solida per arrivare a un cessate il fuoco, prevede un accordo di sicurezza sulla frontiera sud tra Egitto e Gaza in modo da renderla impermeabile al traffico di armi e uomini. Ma le garanzie offerte sono poche. Prima della chiusura dei valichi nel 2006, dopo la presa di potere di Hamas, il gruppo islamista stava già usando la penisola egiziana del Sinai come retropalco sicuro per compiere attacchi contro Israele. Quasi un anno fa, nel febbraio 2008, i giornali egiziani lamentavano l’infiltrazione islamista da Gaza, e la polizia egiziana arrestava almeno cinque attentatori suicidi con già le cinture esplosive addosso, appartenenti al gruppo palestinese. Ma in Egitto almeno un migliaio di estremisti sunniti sarebbe già pronto a creare un corridoio di fuga per Hamas e a trasformare la penisola del Sinai in un’area di resistenza strategica sicura, come negli anni scorsi le città di confine della Siria per i guerriglieri iracheni.

Sempre sul FOGLIO, un esempio di informazione corretta sul conflitto è il reportage tra i riservisti israeliani di Toni Capuozzo, "Bilancio di guerra"( a pagina 1 ), che denuncia tra l'altro la disinformazione di Al Jazeera, lodata dall'editorialista israeliano anti-israeliano Gideon Levy e da Massimo D'Alema.

Sul RIFORMISTA a pagina 10, nell'articolo "L'Iran schiera i pirati, Mubarak i sauditi" Luigi Spinola scrive che

secondo fonti citate dal sito israeliano di intelligence Debka l'Iran avrebbe addirittura assoldato pirati somali per rifornire di armi i miliziani di Hamas  sulla Striscia.

Mubarak si è invece recato a Teheran. Il Cairo punterebbe alla costruzione di una forza interaraba per monitorare il confine tra la Striscia e l'Egitto.

Gianandrea Gaiani a pagina 14 di LIBERO riferisce di "Milizie di Hamas allo sbando tradite dai loro capi in fuga", riportando tra l'altro i dati israeliani sull'uccisione di 700 combattenti di Hamas ( su circa mille morti palestinesi)

Per inviare la propria opinione a Il Giornale, Il Foglio, Il Riformista e Libero cliccare sulla e-mail sottostante


segreteria@ilgiornale.it
lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT