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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Foglio-Libero Rassegna Stampa
10.01.2009 Il Corriere sionista e la risposta del sionista Israel
nessuna sorpresa, è il Manifesto. Sorprende invece Libero, diventato catto-integralista

Testata:Il Foglio-Libero
Autore: La direzione.Giorgio Israel
Titolo: «La delazione antisionista- Li conosco certi cattolici, han bruciato le sinagoghe»

Polemiche tra media, Riportiamo da FOGLIO un edtoriale sugli attacchi al Corriere della Sera, e da LIBERO la risposta di Giorgio Israel, all'articolo del vice direttore dello stesso giornle Luigi Santambrogio (vedi IC di ieri), che ha inaugurato un nuovo stile nel giornalismo italiano, un vicedirettore che nega legittimità ad un collaboratore per il cognome che porta. Pubblicheremmo anche, per copmpletezza, la risposta di Santambrogio, ma non possiamo farlo perchè non è stata ripresa nel sito internet di Libero, Ci limitiamo quindi solo al titolo, già per sè indicativo "Ratzinger lo potete criticare, Ma guai a criticare voi.." ,  facendo notare come, rivolgendosi  a Giorgio Israel, ,l'uso del "voi". Voi chi ? Voi ebrei ? Una caduta di stile che non si addice ad un vicedirettore.

Il Foglio - " La Delazione antisionista "

Un volgare corsivo tardostalinista sputava veleno ieri contro il Corriere della Sera. Gli insulti del “manifesto” furono propalati in un linguaggio di sapore anonimo e vagamente delatorio. Panebianco, Battista, Ostellino e Galli della Loggia additati come “editorialisti a senso unico mobilitati in batteria”. Si suggerisce che chi non è d’accordo con loro nel giudizio su Hamas e su Israele nella guerra di Gaza viene “riprovato” o addirittura “sottoposto a larvata minaccia”. Si parla di lettere via e-mail in cui “coraggiosamente” ci si domanda se i lettori del giornale non “potrebbero essere interessati a un più articolato assortimento di punti di vista”. Coraggiosamente, ma senza fare nomi. Per timore, e siamo al grottesco, di una “linea blindata dai pasdaran del direttore”. Il Corriere è dunque affetto da sionismo e per questo è “senza alcuna ricchezza giornalistica, politica e culturale”, è sputava veleno ieri contro il Corriere della Sera. Gli insulti del “manifesto” furono propalati in un linguaggio di sapore anonimo e vagamente delatorio. Panebianco, Battista, Ostellino e Galli della Loggia additati come “editorialisti a senso unico mobilitati in batteria”. Si suggerisce che chi non è d’accordo con loro nel giudizio su Hamas e su Israele nella guerra di Gaza viene “riprovato” o addirittura “sottoposto a larvata minaccia”. Si parla di lettere via e-mail in cui “coraggiosamente” ci si domanda se i lettori del giornale non “potrebbero essere interessati a un più articolato assortimento di punti di vista”. Coraggiosamente, ma senza fare nomi. Per timore, e siamo al grottesco, di una “linea blindata dai pasdaran del direttore”. Il Corriere è dunque affetto da sionismo e per questo è “senza alcuna ricchezza giornalistica, politica e culturale”, è “beghino e bigotto”. Il Corriere della Sera ha difetti omnibus, tipici di tutti i grandi giornali (i piccoli hanno i loro, e spesso sono più grandi di loro). Ma rispetto al cortile ideologico e al luogocomunismo gauche, gauche nel senso di goffo, quel giornale è un pezzo d’Europa e d’America in Italia. Senza la funzione di riferimento del Corriere l’informazione e la discussione sulla politica mondiale, sul conflitto in medio oriente e su altri aspetti della crisi globale nel tempo contemporaneo rischierebbe di impazzire come la maionese quando la luna è quella sbagliata. Saper distinguere senza fanatismo tra il diritto di autodifesa di uno stato sovrano sotto attacco e il partito del terrorismo islamista che lo vuole estinguere è l’accusa che solo un giornalino fazioso, sopravvissuto alle scemenze criminogene del Novecento, può rivolgergli.

Libero - Giorgio Israel "Li conosco certi cattolici, han bruciato le sinagoghe "

Scrive Luigi Santambrogio che «neppure la nobiltà di portare un cognome come Israel» può valere «l’impunità di impartire lezioncine di diplomazia prêt-à-porter alla Chiesa e ai suoi pastori». Forse è lui a credere  che portare un cognome come Santambrogio equivalga alla carica di paladino del santo ambrosiano, munito di spadone; e forse crede di ravvivare i fasti dell’epistola del medesimo santo all’Imperatore Teodosio in cui diceva: «Io dichiaro di aver dato alle fiamme la sinagoga, sì, sono stato io che ho dato l’incarico, perché non ci sia più nessun luogo dove Cristo venga negato». Difatti, mi inquieta assai l’avvertimento che non deriva alcuna «impunità» né dal mio cognome, né dalla medaglia di «giudeocristiano coi fiocchi» conferita da Giuliano Ferrara a Luigi Amicone. Dobbiamo forse attenderci che il paladino ci frusti il sedere davanti al sagrato del Duomo, come modo originale per riparare alla profanazione provocata dalla preghiera islamica. Lasciamo stare la sostituzione del ragionamento e degli argomenti con gli insulti a caterva («sfacciati prosopopeisti», «stellette e falcette di tolla», ecc.) che descrive soltanto la miseria di chi vi ricorre. Lasciamo stare il patetico richiamo ai cristiani mangiati dai leoni per tappar la bocca di qui al giudizio universale a chiunque osi sollevare un minimo dubbio. Quel che è peggio è la pretesa di voler dare l’immagine di un mondo cattolico monolitico. Qui il patetico non degenera soltanto in comico, ma in un’immagine negativa e devastante. Davvero il cavalier Santambrogio ci ha preso tutti per deficienti al punto di credere che il pronunciamento morale del Papa e l’affermazione del cardinale Martino secondo cui Gaza è ridotta a un «campo di concentramento» sono sulla stessa lunghezza d’onda? Ma ci faccia il piacere, ci faccia - avrebbe detto il ben più autorevole Imperatore di Bisanzio, Antonio De Curtis. Se non è vero che Gaza è ridotta a campo di concentramento - come anche il paladino ambrosiano è costretto ad ammettere - non è neppure vero che «il governo di Tel Aviv» (di Gerusalemme, prego) abbia replicato «secondo il suo sgradevole stile» che la voce del Vaticano è la stessa di quella di Hamas. Perché, per quanto «sgradevole», il governo israeliano non ha l’anello al naso e sa benissimo che quella è una frase disgraziata del Cardinale Martino e non di Papa Ratzinger. Del resto, pare che l’unico a essere disinformato sia il nostro paladino. Se facesse una passeggiata per i blog si renderebbe conto che il mondo cattolico è ampiamente consapevole della situazione e che moltissimi vicini alle posizioni del Papa non sono contenti per niente. Sul blog di Sandro Magister si legge un post dal titolo devastante: «Il cardinale Martino tira una molotov tra i piedi del Papa». E si prosegue osservando che «la boutade del cardinale Renato Martino su Gaza equiparata “a un grande campo di concentramento” sotto comando israeliano ha reso un pessimo servizio a Benedetto XVI. Non solo in sé, ma anche per la tempistica», dato che è stata lanciata a poche ore dal discorso del Papa alla diplomazia internazionale. Non pare che riflessioni del genere abbiano offeso buona parte del mondo cattolico. Per esempio, il Paparatzingerblog commenta: «Non sono ipocrita e plaudo incondizionatamente alle riflessioni di Sandro Magister. Al Vaticano dico: Drinnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnn!!! Si pensa di rendere un servizio al Papa comportandosi come ci si sta comportando? Non è ora di darci un taglio e di farla finita?». Per quanto riguarda i problemi da me sollevati - in modo quanto mai pacato, civile e rispettoso e senza l’ombra di quella prosopopea che si sarebbe augurato il nostro rissoso interlocutore - non intendo certo entrare nel merito per dibatterne con chi non mai visto neppure la costola dell’abbeccedario dell’etica della discussione. Mi limiterò a dire che ho ricevuto lettere civilissime da parte dei firmatari dell’appello da me criticato cui risponderò privatamente in altrettanto spirito di amicizia e di costruttiva discussione; che Il Sussidiario mi ha invitato a scrivere un contributo che è stato apprezzato dalla maggioranza dei lettori intervenuti, come si può vedere nel sito; che molti cattolici hanno espresso perplessità analoghe e anche in forme più nette. Chi mi conosce sa che non mi sono mai tirato indietro quando si trattava di dire quel che pensavo. Ho scritto un editoriale su L’Osservatore Romano a difesa della mancata visita del Papa a La Sapienza e ne ho pagato pesanti conseguenze. Ho difeso le ragioni del dialogo ebraico-cristiano, anche contro chi, in ambiente ebraico, voleva la rottura. E l’ho fatto senza arretrare di un passo. Non saranno certo le minacce di un anacronistico paladino a impedirmi di dire quel che penso in coscienza e in piena libertà.  Si tolga, egregio signore, lo scolapasta dalla testa e torni alla ragione. Lei sta rendendo un pessimo servizio al mondo cattolico, che non è quell’aggregato di fanatici incapaci di discutere quale risulterebbe dal suo bellicoso sermone.

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