domenica 19 maggio 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Manifesto - Liberazione - Il Messaggero Rassegna Stampa
12.12.2008 La disinformazione si scatena contro Tzipi Livni
perché vuole che Israele resti lo Stato ebraico

Testata:Il Manifesto - Liberazione - Il Messaggero
Autore: Michele Giorgio - Francesca Marretta - Eric Salerno
Titolo: «Il ministro Livni: gli arabi via dallo Stato d'Israele - Livni vira a destra e prepara l'offensiva su Gaza - Livni: gli arabi israeliani dovranno andare nel futuro Stato palestinese»

Tzipi Livni estremista di destra e fautrice della "pulizia etnica", per avere sostenuto che la "soluzione nazionale" degli arabi israeliani sarà nel futuro Stato palestinese: così la dipingono il 12 dicembre 2008 i quotidiani MANIFESTO, LIBERAZIONE e MESSAGGERO.
Livni ha anche ribadito che gli arabi israeliani continueranno a godere degli stessi diritti degli ebrei, un'affermazione decisamente incompatibile con la prospettiva di una "pulizia etnica", se le parole hanno un senso.
Dire che la "soluzione nazionale" degli arabi israeliani sarà nella futura Palestina, e non in Israele non significa altro che ribadire che quest'ultimo resterà lo Stato ebraico, non sarà né uno "Stato binazionale", né un secondo Stato arabo-palestinese. 
E' invece proprio per "soluzioni" come queste che preme la leadership dei partiti arabi, la quale mentre chiede l'eguaglianza di diritti che già professa il proprio nazionalismo palestinese.
Una doppiezza politca che dimostra il perdurare di un unico scopo:quello della distruzione di Israele come Stato ebraico.

Da pagina 10 del MANIFESTO , l'articolo di Michele Giorgio "Il ministro Livni: gli arabi via dallo Stato d'Israele", del quale segnaliamo anche l'indignazione per l'"ombrello nucleare" che gli Stati Uniti avrebbero offerto a Israele contro l'Iran. Quest'ultimo, per Giorgio, dovrebbe essere libero di sganciare l'atomica su Israele senza temere conseguenze ?
Ecco il testo:

Tutti puntano l'indice contro Benyamin Netanyahu, reo di essere a capo di un Likud zeppo di estremisti di destra come Moshe Feiglin. E invece ieri Tzipi Livni, candidata premier alle elezioni del 10 febbraio per il partito «centrista» Kadima, nonché ministro degli esteri, ha rivelato di essere molto vicina alle posizioni degli ultranazionalisti. Senza lasciare spazio ad interpretazioni, la Livni ha detto ad un gruppo di liceali di Tel Aviv che gli arabi israeliani (i palestinesi con cittadinanza israeliana, 1/5 della popolazione d'Israele), quando sarà fondato, dovrebbero andare a vivere nello Stato palestinese. «Quando lo Stato palestinese verrà creato - ha dichiarato la Livni -, sarò in grado di andare dai cittadini palestinesi, che noi chiamiamo arabi israeliani, e dir loro: siete residenti con uguali diritti ma la vostra soluzione nazionale è in un altro luogo». La Livni non ha spiegato in quale modo spedirebbe nel futuro Stato di Palestina gli arabi israeliani che continueranno a reclamare la costituzione di uno Stato di Israele di tutti i suoi cittadini e non solo della maggioranza ebraica. In ogni caso è minima la differenza tra le sue idee e quelle dell'estremista di destra ed ex ministro Avigdor Lieberman, storico sostenitore dell'espulsione degli arabi israeliani. Di sicuro Tzipi Livni - che in questi giorni sta conducendo anche una battaglia contro il rinnovo della tregua con Hamas - si sta posizionando a destra di Netanyahu, dato favorito dai sondaggi elettorali. Quest'ultimo, paradossalmente, per dimostrare di essere un «moderato» e non un estremista, promette di negoziare con palestinesi e siriani e assicura che metterà a tacere lo scomodo Feiglin. «Le intenzioni della Livni - dichiara al manifesto l'ex deputato comunista Issam Makhul - colpiscono pesantemente i diritti della minoranza palestinese, tuttavia la maggioranza ebraica deve sapere che quelle idee sono un pericolo per tutto lo Stato di Israele e per il compimento della democrazia in questo paese. Occorre costruire un futuro per tutti i cittadini di Israele e non pensare al futuro Stato di Palestina come la soluzione per assurde preoccupazioni demografiche». Le considerazioni di Makhul chiamano in causa anche il presidente palestinese Abu Mazen, capace in questi giorni solo di ripetere di essere pronto «a negoziare con tutti», con la Livni e con Netanyahu. Abu Mazen deve porsi interrogativi fondamentali rispetto allo Stato palestinese che ha in mente, deve domandarsi se questo Stato è destinato realmente a realizzare il sogno dell'indipendenza o finirà per essere solo un box, un contenitore di palestinesi, inclusi quelli che vivono nei centri abitati arabi in Israele, peraltro senza avere sovranità reale. Gli Stati Uniti non commentano, si limitano a riaffermare l'alleanza militare con Israele. Il presidente eletto Barack Obama è pronto ad offrire a Tel Aviv un «ombrello nucleare» contro un'eventuale minaccia di attacchi atomici iraniani, ha riferito una autorevole fonte americana citata dal giornale israeliano Haaretz. Gli Usa, ha spiegato la fonte, presto dichiareranno che un attacco contro Israele da parte di Teheran comporterà «una devastante risposta nucleare contro l'Iran», così come aveva proposto il futuro Segretario di stato Hillary Clinton durante la sua campagna per la nomination democratica. La rivelazione soddisfa Israele ma solo in parte, perché l'idea dell'«ombrello nucleare» forse nasconde un'«accettazione» americana di un Iran in possesso dell'arma atomica.

Da pagina 9 di LIBERAZIONE, l'articolo di Francesca Marretta "Livni vira a destra e prepara l'offensiva su Gaza. Cisgiordania, giro di vite dell'Anp su Hamas", nel quale viene anche riportato senza una parola di condanna il ricatto di  Mahmoud Zahar, di Hamas, che con parole propagandistiche irridenti  e beffarde pone le condizioni-capestro per la liberazione di Gilad Shalit "occorre però che si formi in Israele un governo «coraggioso al punto da rilasciare i detenuti (palestinesi, ndr.) condannati all'ergastolo»".
Eccil testo 

Gerusalemme
A novecento giorni dal sequestro del soldato israeliano Gilad Shalit, Mahmoud Zahar uno dei leader di Hamas a Gaza, nome eccellente tra i falchi del movimento islamico, ha dichiarato che un accordo per la liberazione del soldato israeliano potrebbe essere raggiunta nell'arco di «una giornata». Zahar ha parlato ieri mattina dalle frequenze della radio militare israeliana, che lo ha intervistato. Per liberare il soldato occorre però che si formi in Israele un governo «coraggioso al punto da rilasciare i detenuti (palestinesi, ndr.) condannati all'ergastolo», ha aggiunto Zahar.
A stretto giro di posta è indirettamente arrivata la risposta della leader di Kadima e ministro degli Esteri Tzipi Livni. Parlando del sequestro Shalit durante un incontro pubblico cui partecipavano molti giovani, Livni ha per la prima volta dichiarato che è ora di essere realisti, perchè «non è sempre possibile riportare i soldati a casa».
«Vogliamo tutti che Gilad torni a casa, ma bisogna anche capire che non abbiamo altra scelta», sono state le parole della leader di Kadima. L'uscita di Livni ha scatenato una dura reazione da parte del comitato per la liberazione del soldato. Le dichiarazioni della leader di Kadima potrebbero essere state dettate dalla decisione di passare all'offensiva su Gaza. La detenzione del soldato era indicata come uno degli elementi di freno all'offensiva. Da giorni Livni dichiara che la tregua in scadenza con Hamas a Gaza a suo avviso non va rinnovata, dato che di fatto non esiste e che nell'ultimo mese sono stati lanciati dalla Striscia duecento razzi contro Israele. «Al fuoco si risponde col fuoco», ha sostenuto Livni. Rispolverando un linguaggio politico che le era maggiormente consono negli anni in cui aveva la tessera del Likud, prima che Ariel Sharon creasse la formazione centrista che oggi guida, Livni ha anche detto che la popolazione araba dello Stato ebraico, dovrá trovare una propria dimensione nazionale nel futuro Stato palestinese. Parole che hanno immediatamente scatenato aspre polemiche nel paese, dove gli arabo-israeliani rappresentano il 20% della popolazione e nel cui parlamento siedono deputati arabi.
Proprio la virata a destra dell'elettorato israeliano, che come indicano tutti i sondaggi alle prossime elezioni favorirá il Likud di Bibi Netanyahu, potrebbe aver definitivamente spostato l'ago delle bilancia verso l'ok per una discussa e annunciata nuova, massiccia operazione militare nella Striscia di Gaza.
I comandi militari israeliani sono pronti all'offensiva. Aspettano luce verde dal livello politico. La Difesa israeliana è intanto in stato di massima allerta nelle zone a ridosso di Gaza. In concomitanza delle celebrazioni per la fondazione di Hamas, previste per domenica prossima, l'esercito israeliano si prepara a fronteggiare eventuali attacchi e tentativi di sequestro di militari e civili nelle zone di confine col territorio governato da Hamas. A proposito, il quotidiano palestiese edito a Londra, al-Quds al Arabi, ha ieri titolato: «Israele minaccia di lanciare una grande operazione militare a Gaza e per timori dei razzi ordina ai suoi Jet da combattimento di evitare i cieli della Striscia». A Gaza, dove ieri per il terzo giorno consecutivo sono entrate forniture di carburante, merci ed aiuti umanitari, il ministero della Difesa israeliano ha permesso anche l'accesso di due camionette blindate cariche di banconote per cento milioni di shekel, venticinque milioni di dollari. Danaro autorizzato a entrare a Gaza in virtù di un accordo con l'Anp, destinato a pagare stipendi di dipendenti pubblici nel libro paga dell'Autorità Palestinese. Le banche di Gaza hanno esaurito le banconote. Una scelta criticata in Israele.
Se ieri Tzipi Livni ha dichiarato che «l'obiettivo a lungo termine di Israele è rovesciare il governo di Hamas», il presidente palestinese Abbas ha avvisato il movimento islamico di non farsi illusioni sulla possibilitá un cambio di rotta verso il regime di Gaza da parte della nuova amministrazione americana. Forte di una crescita nei sondaggi per eventuali prossime elezioni politiche e presidenziali che potrebbe annunciare dopo la scadenza del suo mandato il nove gennaio, Abbas a parole invita Hamas ad avviare colloqui con l'Anp, ma di fatto non ne ha alcun interesse politico. Lo dimostra il feroce giro di vite imposto in Cisgiordania su esponenti e simpatizzanti del movimento islamico. Il Presidente palestinese ha additittura vietato l'ingresso alla Muqata di Ramalla alle telecamere di Aljazeera, accusandole di trasmettere servizi filo-Hamas e critici dell'Anp.
Del resto dopo il nove dicembre per Hamas Abu Mazen non sará riconosciuto come Presidente. Intanto le forze di sicurezza fedeli ad Abbas sono ora addestrate in Giordania sotto il comando del generale statunitense Dayton. Ha ragione dunque Abbas quando suggerisce ad Hamas di non farsi illusioni sull'Amministrazione Obama.

Eric Salerno, a pagina 17 del MESSAGGERO nell'articolo "Livni: gli arabi israeliani dovranno andare nel futuro Stato palestinese" esordice chiedendosi testualmente 

Tzipi Livni, ministro degli Esteri in corsa per la guida del governo di vuole la pulizia etnica di Israele?

L'articolo si conclude con l'affermazione che l'idea di trasferire la popolazione araba d'Israele non è nuova:

Negli anni scorsi il demografo italo-israeliano Sergio Della Pergola, preoccupato per la crescita della popolazione araba d'Israele, ha sugerito a Sharon e olmert di includere in un eventuale accordo con i palestinesi il trasgerimento in blocco al nuovo Stato di centinaia di migliaia di arabi con i loro villaggi a ridosso della cosiddetta "linea verde", la frontiera del 1967.
In cambio Israele si terrebbe una parte consistente delle colonie costruite nel territorio occupato della Cisgiordania.

Sembra, di fronte a un articolo come quello di Salerno,  che occorra ridare alle parole il loro significato corretto.
La pulizia etnica è il massacro e l'espulsione violenta di una popolazione dal territorio nella quale è insediata.
Nessuno in Israele, salvo irrilevanti estremisti, la propone. Un tentativo di pulizia etnica si ha piuttosto nel terrorismo contro i civili israeliani, sia nei territori che entro i confini del 67.
Il trasferimento di popolazione è un processo non necessariamente violento, che ha vuto luogo, per esempio, con lo sgombero degli insediamenti israeliani a Gaza, e, prima, nel Sinai. Ancora una volta, questa ipotesi non riguarderebbe invece gli arabi israeliani.
C'è chi propone uno scambio di territori, tra Israele e il futuro Stato palestinese.
Livni si è limitata a chiedere che i palestinesi soddisfino le loro aspirazioni nazionali nello Stato palestinese, non Israele, del quale deve essere riconosciuto il carattere ebraico, pur nel rispetto  dei diritti delle minoranze.
Una condizione basilare per un accordo di pace. Chi la rifiuta, va ribadito ancora una volta, evidentemente non vuole la pace, ma la fine di Israele.

Per inviare la propria opinione alla redazione del Manifesto, di Liberazione e del Messaggero cliccare sul link sottostante


redazione@ilmanifesto.it
lettere@liberazione.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT