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Il Foglio - Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.12.2008 Moschee: la posizione del Vaticano e quella dell'arcivescovo di Milano
l'editoriale del Foglio e la cronaca di Paolo Foschini

Testata:Il Foglio - Corriere della Sera
Autore: la redazione - Paolo Foschini
Titolo: «Attenzione alle moschee - Tettamanzi: una moschea in ogni quartiere. C'è bisogno di dialogo anche con l'islam»
Da Il FOGLIO del 6 dicembre 2008, a pagina 3, l'editoriale "Attenzione alle moschee":

I giornali di ieri hanno dato conto della posizione della chiesa sulla costruzione di nuove moschee in Italia con titoli pressoché identici, che sottolineavano il favore della gerarchia ecclesiastica per l’edificazione di nuovi luoghi di culto per i musulmani, in contrasto più o meno esplicito con le preoccupazioni espresse in merito all’interno della maggioranza di governo. Se però si va a guardare un po’ più a fondo si vede che l’assenso della chiesa è assai condizionato e preoccupato. Si chiede che lo stato vigili perché le moschee siano effettivamente luoghi di preghiera e che non occultino o coprano, invece, attività e propaganda di odio. Il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Consiglio pontificio per il dialogo interreligioso, ricorda che “in tutte le convenzioni internazionali in cui si parla di libertà di religione c’è sempre una clausola in base alla quale le autorità dello stato hanno il dovere di verificare che la libertà di religione esercitata da una comunità non metta in pericolo la libertà di altre comunità; e che la sicurezza e l’ordine pubblico siano sempre garantiti”. Ha poi aggiunto che “la costruzione di un nuovo luogo di culto deve corrispondere a una effettiva necessità”, che deve rimanere “una casa di preghiera: non deve diventare un centro di propaganda ideologica, in cui diffondere fanatismo e odio” e ha concluso chiedendo “trasparenza per quanto riguarda il finanziamento della costruzione e della gestione dei luoghi di culto”. Insomma all’affermazione generale e indiscutibile della libertà religiosa, la chiesa accompagna preoccupazioni piuttosto nette e una sottolineatura, questa sì in qualche modo nuova, del ruolo di controllo dello stato. D’altra parte il problema delle moschee non è solo italiano: il ministro dell’Interno francese per esempio ha rifiutato di presenziare all’inaugurazione di quella di Creteuil perché i suoi uffici non hanno ancora concluso le indagini sull’imam salafita di questo luogo di culto e sui suoi possibili collegamenti con ambienti terroristici

Da pagina 9 del CORRIERE della SERA, riportiamo l'articolo di di Paolo Foschini "Tettamanzi: una moschea in ogni quartiere. C'è bisogno di dialogo anche con l'islam":

MILANO — Dialogo urgente e necessario, «vera emergenza del nostro tempo». Con tutti, Islam compreso e «lasciando a ciascuno la sua libertà»: perché «non è dialogo quello che costringe l'altro ad essere a nostra immagine ». Quindi sì anche a nuove moschee dovunque servano: perché c'è «bisogno di luoghi di preghiera in tutti i quartieri della città», specie per «le persone che appartengono a religioni diverse da quella cristiana, in modo particolare all'Islam». E poi un monito sulla «pericolosa frattura tra politica e cittadini», un invito a smetterla con la «ricerca dello scontro» e lo «scandalismo » in tutti gli ambiti: anche perché «non tutti i politici sono una casta disonesta » e «non tutti i cittadini sono fannulloni». Sono solo alcuni dei temi che il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, ha voluto riaffermare ieri nel tradizionale «discorso alla città» per la vigilia di Sant'Ambrogio: comprendente anche un richiamo a non ridurre una «occasione di dialogo » come l'Expo 2015 a un mero «ragionare d'affari» e basta.
Discorso molto forte, che solo una settimana fa avrebbe anche potuto essere letto in contrapposizione almeno apparente con l'asserita «impossibilità di dialogo religioso» proclamata dal Vaticano sino al chiarimento dell'altro ieri: quando in realtà la Cei stessa, con buona pace delle remore del ministro dell'Interno Roberto Maroni, ha ribadito di non aver niente contro la costruzione di alcuna moschea fatta salva— come è ovvio — la legalità di quel che vi avviene dentro.
Ma anche discorso lunghissimo, quello di Tettamanzi: il quale affida le 27 pagine del testo ufficiale, che appunto
fa testo, al sito della Diocesi per limitarsi come sempre a pronunciarne in omelia solo una sintesi. Che contiene tutto o quasi, per la verità: il dialogo non minaccia l'identità di nessuno ma anzi la «rafforza», è la miglior premessa di «inserimento degli immigrati », non si può sempre aspettare la «reciprocità », qualcuno «deve pur fare il primo passo».
Le conseguenze sui rapporti con il milione abbondante di musulmani presenti in Italia e le loro attuali 700 moschee sono meglio delineate nel testo scritto: «Anche con i fedeli del-l'Islam è possibile dialogare». E a chi magari «spesso dice che "l'Islam disprezza le altre religioni, non accetta il principio della laicità, è fanatico, strumentalizza la fede, schiavizza le donne" », il cardinale risponde che «intanto cominciamolo, questo dialogo, e cominciamo a capire se tutto questo è vero o no. Singoli gesti e atteggiamenti non siano occasione per guardare con sospetto tutti gli appartenenti a una religione ». Anche perché ciascuno ha le sue, di colpe: «Persino la Chiesa, per usare le parole forti di Paolo VI, ci mostra a volte il suo volto più misero e miserabile».
«La parte sulle moschee non è stata pronunciata», dice il sindaco Letizia Moratti — in prima fila con le altre autorità — nel rifiutare un commento specifico: anche se il libretto integrale era stato appena consegnato anche a lei dal cardinale in persona, che di lì a poco e a scanso d'equivoci ripeterà il passaggio a voce per i cronisti. Meno diplomatico il leghista Matteo Salvini: «Sono esterrefatto».
«Ma bisogna andare oltre», dice Tettamanzi. Reagire al «clima scandalistico » di chi diffonde solo «denigrazione, disprezzo» e generalizzazioni tali per cui — il ministro Brunetta non viene citato ma solo evocato — «se un dipendente pubblico è fannullone ecco che tutti i dipendenti pubblici lo saranno »: solo con questa ritrovata fiducia, conclude, la «frattura tra istituzioni e cittadini» può essere ricucita.

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