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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Agenzia Radicale - fondazionecdf.it - L'Unità - La Repubblica Rassegna Stampa
12.11.2008 Ricordare la notte dei cristalli, per combattere il nuovo antisemitismo
testimonianze e analisi

Testata:Agenzia Radicale - fondazionecdf.it - L'Unità - La Repubblica
Autore: Elena Lattes - Dina Porat - Tony Jop - Corrado Augias
Titolo: «La notte dei cristalli - Il nuovo antisemitismo - La lunga notte dei Cristalli aveva il sorriso dei nazisti - Pio XII e quei 50 chili d'oro»

I quotidiani italiani hanno ignorato la notizia, fornita da quelli israeliani, che la mattina dell'11 novembre l'ambasciatore iraniano all'Onu si è allontanato per protesta dalla celebrazione della notte dei cristalli.

Una conferma ulteriore del fatto che l'antisemitismo è un pericolo attuale, non soltanto un oggetto di commemorazioni.

Di seguito, una rassegna di articoli sulla memoria storica (sulla notte dei cristalli e sulla controversa figura di Pio XII) e sul nuovo antisemitismo.

Da AGENZIA RADICALE, l'articolo di Elena Lattes "La notte dei cristalli "


Domenica scorsa si è commemorato l'anniversario della Notte dei Cristalli, la famigerata Kristallnacht (che Angela Merkel vorrebbe rinominare più giustamente come la Notte dei pogrom). Se ne è parlato anche in Italia e molte sono le fotografie che ritraggono alcuni di quelle tragiche ore.

Ma non è comune trovare un articolo come quello comparso sempre domenica sul sito online del quotidiano israeliano Yediot Aharonot che raccoglie alcune testimonianze dirette e che evidenziano che oltre ad una massiccia partecipazione da parte della popolazione (che non fu quindi ignara spettatrice) questo fu uno degli anelli di quella catena che cominciò con la propaganda denigratoria e diffamatoria e finì nei campi di sterminio, nelle camere a gas e nei forni crematori.

Ecco cosa scrive Ynet.com. Il corrispondente da Berlino del London Daily Telegraph scrisse il 10 novembre: "La marmaglia ha regnato a Berlino durante tutto il pomeriggio e la sera orde di hooligans hanno indulgiato in un'orgia di distruzione. Ho visto molte esplosioni di antisemitismo in Germania durante gli ultimi cinque anni, ma mai niente di nauseante come questo. L'odio razziale e l'isteria sembra aver preso il totale controllo di persone che in altre circostanze si comportano normalmente. Ho visto donne vestite alla moda applaudire e gridare allegramente, mentre madri rispettabili della classe media prendevano in braccio i loro bimbi per vedere il "divertente" spettacolo.

Questo è soltanto uno dei tanti articoli comparsi sulla stampa internazionale dopo le aggressioni naziste del 9 e 10 novembre del 1938 in tutta l'Austria e Germania, durante quel che venne definito poi come la "Notte dei cristalli" Durante l'orgia devastatrice furono uccisi almeno 96 ebrei, 1300 sinagoghe e 7500 negozi distrutti, numerosissimi cimiteri e scuole vandalizzati. 30mila ebrei furono arrestati e deportati.

I tedeschi e gli austriaci ne furono testimoni e in molti casi parteciparono ai pogrom. Non potevano affermare, come hanno fatto dopo la guerra, di non essere a conoscenza delle persecuzioni.

Michael Bruce, un inglese non ebreo, fornì questa testimonianza diretta della Kristallnacht: "Scendemmo di corsa in strada. Era affollata di persone che correvano verso la sinagoga vicina, urlando e gesticolando con rabbia.  Ci aggregammo. Quando arrivammo ci fermammo e dalla rabbia rimanemmo in silenzio, a fianco della massa, le fiamme cominciarono ad alzarsi da una delle estremità dell'edificio. Fu l'inizio di un giubilo selvaggio. La folla si avvicinò e mani avide strapparono sedie e manufatti in legno dalla costruzione per alimentare il fuoco".

Bruce poi vide un gruppo di persone andare verso un grande magazzino dove erano impilati cubi di granito per riparare le strade. "Giovani, uomini e donne, ululando in delirio, scagliarono i blocchi verso le finestre e le porte chiuse. In pochi minuti le porte cedettero e la folla urlando e sgomitando, si accalcò dentro per saccheggiare e depredare".

Una parte di essa successivamente si avviò verso la periferia. Bruce la seguì e vide ciò che descrisse come "una delle esibizioni di bestialità più folli a cui abbia mai assistito". Gli sciacalli entrarono in un ospedale per bambini ebrei. "In pochi minuti le finestre furono in frantumi e le porte forzate. Quando arrivammo i maiali stavano gettando dalle finestre i piccoli con i piedi nudi e in camicia da notte. Le infermiere, i dottori e gli assistenti furono presi a calci e picchiati dai capi della folla, molti dei quali erano donne".

Inge Berner come ogni giorno andò a Berlino a lavorare: "Di fronte c'era una pasticceria. Guardai fuori e vidi che la finestra del negozio era rotta, le persone stavano prendendo le cose mentre l'anziana coppia proprietaria tremante stava semplicemente seduta. Pensai: "Cosa sta succedendo"? Il bibliotecario venne e mi disse "Sarebbe meglio se andassi a casa. Stanno uccidendo gli ebrei in tutta la città".

Cosa successe alla civiltà tedesca? Nel villaggio di Kehl, che si trova subito dopo il ponte per Strasburgo, gli ebrei furono costretti a marciare lungo le strade mentre venivano percossi, insultati, ricevendo sputi dai concittadini. Lungo la corsa tra le due file di picchiatori, furono costretti a cantare "Noi abbiamo tradito la madrepatria tedesca. Siamo responsabili per l'assassinio di Parigi".

Norbert Wollheim sentì che le sinagoghe stavano bruciando in tutta la capitale. "Non potevo crederci. Andai alla sinagoga dove celebrai la mia maggiorità religiosa e dove sposai, e vidi le fiamme provenienti dal tetto, dalla cupola di quel bell'edificio. Le autopompe erano lì, ma i pompieri non facevano niente, proteggevano soltanto le costruzioni accanto. Ancora non posso crederci.

Pensai che potesse essere una sola, così andai alla sinagoga centrale a Berlino Ovest e anche quella stava bruciando e in parte era già un rudere. Pensai: ‘questa è la gente con cui sei cresciuto, questi sono i poeti e i pensatori'. Cosa era successo alla civile Germania? C'era anche un gruppetto che fece dei pessimi commenti. Era contento, diceva: "Gli ebrei se lo sono meritato" e così via. Questo fu il vero shock della mia vita. Lo vidi, ma non lo digerii, né intellettualmente, né emotivamente".

 Hans Waizner aveva soltanto 9 anni ma ricorda di esser stato costretto a trasferirsi dalla sua casa a Vienna a quella di sua nonna. Lui e sua madre, si trovavano su un camioncino pieno dei loro averi e videro i negozi degli ebrei che erano stati vandalizzati. Quando raggiunsero la strada dove abitava la nonna videro una folla che gettava i libri da una scuola ebraica in strada e li stava bruciando: "La mia memoria più vivida della Kristallnacht riguarda il nostro carretto che correva tra i ciottoli lungo le colonne di fumo proveniente dai libri religiosi. Non lo dimenticherò mai".

Michael Lucas viveva a Hoengen dove una piccola comunità ebraica aveva costruito una sinagoga su un prato di sua proprietà che si trovava di fronte alla sua casa. Una folla si avvicinò urlando: "abbasso gli ebrei". Michael guardò con orrore, mentre la gente rompeva l'Arca santa e gettava i rotoli della Torah (Pentateuco), come se fossero delle palle prima di buttarli fuori dalla porta nella strada fangosa. I bambini pestavano le pergamene mentre altri le strappavano a pezzi e rubavano i fregi in argento che ricoprivano i rotoli. Secondo suo nipote, Lucas, tentò di correre fuori, ma sua moglie lo trattenne temendo che la marmaglia lo uccidesse. "Si appoggiò al muro, le lacrime gli scendevano sul viso come fosse un bambino".

Se tutti i dettagli non furono subito disponibili, le testimonianze del pogrom, come quella sul Telegraph, comparvero su molte testate internazionali. Circa mille editoriali, la maggior parte critici verso la Germania, furono scritti da giornalisti che non si erano fatti ingannare dalla propaganda nazista, secondo la quale le violenze erano scoppiate spontaneamente. Solo alcuni giornali, tuttavia, collegarono le violenze alle farneticazioni antisemite dei nazisti.

Dal sito della FONDAZIONE CAMIS DE FONSECA l'intervento della Professoressa Dina Porat,  Direttrice del Dipartimento di studi sull'antisemitismo e sul razzismo contemporaneo all'Università di Tel Aviv, tenuto all'Università di Torino il 7 novembre 2008, sul tema " Il Nuovo antisemitismo:

L’antisemitismo oggi, e con oggi intendo dal 2000 in poi, è diventato non solo un problema del mondo ebraico ma riguarda gran parte del mondo.

L’OSCE, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa che conta 55 paesi membri, negli ultimi anni si è dedicata in modo particolare a questa tematica. Infatti sia durante la conferenza di Vienna nel 2003 che quella di Berlino nel 2004 si è affrontato il problema dell’antisemitismo decidendo, soprattutto durante la conferenza di Berlino, i passi necessari per combatterlo. Si è così delineata una linea d’azione che si può riassumere in tre punti:
 
Definire che cos’è l’antisemitismo
Legiferare contro l’antisemitismo
Attuare le leggi contro l’antisemitismo
 
Lo sforzo maggiore a livello politico internazionale è stato quello di trovare una definizione di antisemitismo, anche con l’aiuto di esperti ed accademici. La conferenza di Cordoba del 2005 ha consolidato la definizione elaborata negli anni precedenti. Inoltre durante l’assemblea generale delle Nazioni Unite a New York nel dicembre del 2005 si è stabilito di commemorare le vittime della Shoah il 27 gennaio di ogni anno (in Italia è il Giorno della Memoria).
Negli anni recenti si ritiene che il problema dell’antisemitismo non è più solo una questione che riguarda la comunità ebraica, ma si riflette anche in Europa e sulla comunità internazionale.
Il motivo di questo cambiamento nasce dai problemi che i paesi europei e il nord America stanno affrontando con le minoranze etniche e religiose e con gli immigrati. Se la comunità internazionale ha già questi problemi con altre realtà, perché il suo sforzo si concentra inizialmente al problema dell’antisemitismo? Per rispondere a questa domanda dobbiamo definire che cosa è il nuovo antisemitismo, infatti dal 2000 non si parla più di antisemitismo, ma di “nuovo antisemitismo”.
Dal punto di vista storico è incominciato nell’ottobre del 2000 in Medio Oriente con l’Intifada, ma nello stesso periodo in Europa e soprattutto in Francia si sono verificati attacchi contro ebrei e sinagoghe. Il fenomeno si è poi acuito con la conferenza di Durban del 2001, e due giorni dopo la fine della conferenza c’è stato l’attacco alle torri gemelle.
Dal punto di vista geografico il nuovo antisemitismo si esprime soprattutto nel mondo democratico in Europa occidentale e in nord America, mentre prima era concentrato in Russia, America latina e paesi arabi. Assistiamo quindi a uno spostamento geografico.
Si è evidenziata anche una differenza nel tipo di attacchi dalla fine degli anni 90. Prima gli attacchi erano  almeno al 60% violazioni di cimiteri, dall’inizio del 2000 gli attacchi si sono rivolti alle sinagoghe (60 sinagoghe in poche settimane in Francia), e dal 2003 in poi le violenze si sono rivolte verso le persone, anche se continuano sporadiche violenze verso le sinagoghe.
Un altro cambiamento nel nuovo antisemitismo è l’identità di coloro che attuano gli attacchi. Nella metà degli anni 90 erano aderenti a movimenti dell’estrema destra (che continuano ancora oggi con attacchi verso le sinagoghe, soprattutto in Germania). Ma oggi sono principalmente immigrati mussulmani di prima e seconda generazione. Le violenze sono di tipo verbale e visivo da parte delle comunità locali di estrema sinistra; caratteristiche queste che portano a chiamare l’antisemitismo attuale “nuovo”. Le differenze quindi sono la data d’inizio,  le aree geografiche di violenza e gli attori sociali
Il nuovo antisemitismo si identifica spesso con l’antisionismo. Ma quali sono i motivi? Che cosa è successo dall’inizio del nuovo millennio che porta alla nascita del nuovo antisemitismo? Sostengo che il nuovo antisemitismo sia nato nel momento in cui si sono creati dei punti di contatto tra le necessità degli immigrati di prima e seconda generazione e l’estrema sinistra. Questi punti di contatto tra i due gruppi sono di tipo sociale, finanziario e politico e si possono individuare in due fenomeni: la globalizzazione e i sentimenti anti americani.
 
La Globalizzazione
La sinistra è contro la globalizzazione, contro i grandi poteri delle banche e delle multi nazionali, per contro è a favore delle piccole imprese. Quindi è vicina al mondo degli immigrati mussulmani che vedono la globalizzazione come un attacco contro la tradizione, e si sentono inadeguati rispetto alla modernizzazione del mondo e sono quindi anti globalizzazione.
Globalizzazione e anti-semitismo, la connessione è stata creata automaticamente sfruttando lo stereotipo dell’ebreo ricco che si ritiene star dietro la globalizzazione, che è proprietario di banche e aziende. Si ritiene che gli Ebrei traggano vantaggio dalla globalizzazione: ecco il legame con l’antisemitismo.
Le ondate di immigrazione hanno creato problemi tra comunità locali e immigrati. Le ondate prodotte dalla globalizzazione si riversano dal sud verso il nord del mondo, in modo particolare verso l’Europa e il nord America. Chi ritiene che gli Ebrei stiano dietro alla globalizzazione  riesce in questo modo ad accusarli anche di stare dietro all’immigrazione e di trarne vantaggio.
 
I Sentimenti Anti-Americani
Non so ora con l’elezione di Barak Hussein Obama, ma negli anni scorsi i sentimenti anti americani sono stati forti nella sinistra europea, nei paesi arabi mussulmani e nei gruppi di immigrati. Gli USA venivano visti come il forte potere occidentale moderno, come una minaccia ai paesi tradizionalisti ancora più forte dopo l’attacco alle torri gemelle. Anche in questo caso gli Ebrei sono visti come sostenitori degli USA. La sinistra è anti-fascista e anti-colonialista come gli immigrati che sono stati colonizzati e che ne risentono ancora oggi a causa della loro situazione di povertà. Il colonialismo è considerato una conseguenza dei regimi “fascisti”.
 
In Europa ci sono molti milioni di immigrati, circa 20 milioni di immigrati mussulmani, senza contare gli altri. Il problema per loro è quello dell’integrazione. La domanda è integrarsi perdendo parte della proprio identità, oppure no. La Francia è l’esempio ideale in quanto stato laico e secolare che cerca l’integrazione dell’immigrato nella società europea. Ma anche qui vi sono enormi problemi tra immigrati e comunità locali e la tensione ricade ancora sulla testa delle comunità ebraiche viste come integrate, come minoranze che ce l’hanno fatta mentre gli altri no. Per questo gli Ebrei divengono spesso oggetto della rabbia degli immigrati.
 
Teniamo presente che molte ONG sono sostenitori della sinistra, con cui hanno in comune le seguenti caratteristiche:
anti globalizzazione
anti Americanismo
anti fascismo
anti colonialismo
anti nazionalismo
internazionalismo
 
Spesso le ONG sono anche contro Israele e gli Ebrei, accusati di essere conservatori, con uno stato nazionale obsoleto che tende al passato e non all’internazionalismo.
In altre parole l’antisemitismo è stato collegato con il Medio Oriente e le tensioni che vi esistono; quindi secondo questa mentalità le radici dell’antisemitismo sono in Medio Oriente.
Ma se si guarda accuratamente le motivazioni sono molto diverse. La ragione principale non è il Medio Oriente, che al massimo rappresenta il fiammifero che accende il fuoco, mentre la legna che arde sono i problemi con gli immigrati in Europa e le tensioni sociali.
La sinistra tende ad occuparsi dei bisognosi, ha molti punti di contatto con gli immigrati che sono i bisognosi della società.
Quando antisemitismo e antisionismo si sono legati?  La politica in Medio Oriente non può essere presa come scusa per l’antisemitismo. L’antisionismo e l’antisemitismo hanno un legame che è stato analizzato e del quale si è detto: non si può essere contro un movimento o un entità nazionale e negare il suo diritto a sopravvivere. Ogni nazione ha diritto al proprio movimento nazionale e a  un’identità nazionale, attaccare questo diritto è una forma di antisemitismo, cioè un atto di discriminazione.
Le ragioni dell’antisemitismo sono radicati in Europa nel contesto della società politica. Le europee temono che l’antisemitismo possa rappresentare solo l’inizio di un movimento contro altre minoranze, che possa svilupparsi nei confronti dei Rom o dei lavoratori stranieri immigrati.
 
L’antisemitismo è un problema cruciale perché rappresenta il primo rilevatore di un problema più grave causato dalle tensioni sociali nei nostri paesi. Gli scontri del 2007 in Francia hanno destato la preoccupazione delle organizzazioni internazionali e l’Europa deve capire che cosa sia l’antisemitismo e legiferare per evitare l’inizio di altri problemi.
Vi è necessità di lavorare insieme alle organizzazioni internazionali da parte delle comunità ebraiche cercando di cooperare senza confinarsi. E’ importante questa collaborazione per contenere e limitare il fenomeno.

Da pagina 42 dell' UNITA', l'articolo di Tony Jop "La lunga notte dei Cristalli aveva il sorriso dei nazisti"

Bisogna vederla, perché è un’esperienza dell’anima questa massa di mattoni rossastri scura, scavata, sfilata, enorme, severa come chi o cosa non ha avuto, dall’esistenza, chance diverse da una dolorosa introversione. Così, la Sinagoga Nuova di Berlino risuona come un «mi-basso» continuo in Oranienburgerstrasse; e, non bastassero la sua stazza, la sua capacità di assorbire la luce della strada, sopporta anche oggi paziente un piccolo assedio: polizia e steccati,misure di protezione, atroce poesia di una cautela chemarca tempi nuovi e insieme condizioni di rischio ancora in vita. Settant’anni dopo il rogo che la svuotò ma non la distrusse, nonostante la necessità che venisse cancellata dalle fiamme accese dai criminali nazisti nel corso di quella terribile notte graziata da un bellissimo nome, «La notte dei cristalli». La notte in cuimigliaia di siti con la stella di David furono aggrediti in tutto il territorio tedesco in una sorta di battesimo ufficiale della tragedia totale che sarebbe seguita. Settant’anni dopo, c’è una modesta, silenziosa coda che supera lentamente i metal detector, le perquisizioni d’ingresso alla grande sinagoga. Tira un’aria gentile, spettina i capelli, vorrebbe piovere. Gruppi di ragazzi italiani, cittadini tedeschi, spagnoli, francesi e altro alzano le braccia per lasciarsi perquisire, depositano gli oggetti nella vaschetta, proprio come all’aeroporto. Ma qui non siamo all’aeroporto. Non manca il motivo, è evidente; il problema è che ilmotivo c’è ed è questomovente che rubrica male i nostri tempi. Esiste un «dopo», oppure siamo sempre pericolosamente allo stesso punto? Intanto, rivediamo il passato: in una sala del pianoterra è stata allestita una mostra fotografica, immagini di allora, di quella notte, dei roghi che hanno acceso le piazze della Germania nazista. Non solo fuoco e macerie, anche corpi di uomini e donne, vivi ma trascinati per strada con la stella di David al collo, spesso in numeroso corteo obbligato dalle guardie naziste. E la gente che, attorno, guarda e guarda.Nonsiamo all’epilogo, alle immagini dei corpi straziati nei campi, questa «cerimonia» punta per ora allo spirito degli ebrei tedeschi, vuole cancellarne ogni eventuale «presunzione» di dignità. Il tutto viene raccontato chiedendo al visitatore di compiere un piccolo sforzo: puoi fermarti alla lettura di una gigantografia sgranata che dice di fiamme e muri sgretolati dal calore, ma se ti avvicini, se fai scivolare lo sguardo in una fessura che solca l’immagine grande, ecco chemetti a fuoco un percorso di «scatti» che inseguono quel sincronismo industriale con cui i nazisti operarono la distruzione nell’arco di poche ore. E i fatti sono loquaci, soprattutto sono i volti degli interpreti che raccontano le storie di quella notte. Se si vuole, si possono anche ascoltare le voci dei testimoni diretti, voci registrate: basta tirar suquei telefoni legati alle colonnine e stare a sentire. Ma è dura. Torniamo a quei volti fotografati perché c’è qualcosa chenontorna, soprattutto in ciò che emerge al di sopra delle divise dei carnefici, sopra il collo delle camice grige. Non torna quell’aria da scampagnata cameratesca che cementa le espressività degli agenti con la croce uncinata al braccio. Spesso sorridono, a volte magari sanno di essere inquadrati dall’obiettivo, ma il più delle volte non è così e sorridono mentre trascinano uomini e donne con cognomi ebrei per la strada, giusto per mostrare al «popolo » quanto siano bestie indegne e nienteumane. Lo stanno facendo oppure lo hanno fatto da poco. C’è una coppiadi immagini meravigliose, datate Erlangen, 10 novembre 1938; uno scatto ferma accanto a una casa un gruppo di ebrei rastrellati, volti degni, bellissimi tristi e cari come la facciata severa della Sinagoga; accostata, una graziosa foto di gruppo di nazisti inebetiti e sorridenti. Perché sorridono a quel modo? Forse perché non sipuò chiedere a nessun essere umano di fare quel che stanno facendo loro senza farlo pagare con la perdita della sensibilità, dell’intelligenza, dell’amore per sé. E forse quel ghigno senza speranza è proprio il segnodi un bliglietto pagato: corpi vuoti, cervelli sbiaditi, cuori bruciati, quel che resta di unuomose gli succhi l’anima. A quel punto conviene sorridere, non hai alternative, comela Sinagoga che non ha alternative alla sua severità. Se poi rifletti sul fatto che questa storia, questa morale, questa diagnosi deve per forza essere difesa dai poliziotti e daimetal detector in via in Via Oranienburger Strasse nel novembre del 2008, devi accettare di subire un modesto cortocircuito. Cosa manca, allo scopo di raggiungere quel sorriso vuoto, a quei ragazzi che in Italiahanno minacciato giornalisti e famiglie accusati di aver mostrato i loro volti durante un raid violento? Il problema è come uscirne, ancora.

Da pagina 30 del La REPUBBLICA, la lettera di un lettore su  "Pio XII e quei 50 chili d'oro e la risposta di Corrado Augias:

Gentilissimo Augias, polemiche sulla beatificazione di papa Pio XII. Mi ha colpito in questa rubrica la testimonianza di Malvezzi, riferita dal prof Paolo Leon, sul rifiuto del papa di vendere parte del tesoro di S. Pietro per salvare gli ebrei. Se è vera la testimonianza del Malvezzi è altrettanto vero che dal Vaticano vennero 20 dei 50 Kg d’oro richiesti da Kappler per lasciare in pace la comunità ebraica di Roma. Non è pensabile che uscissero 20 Kg d’oro senza che il papa lo sapesse. Sappiamo come andò a finire: il 16 ottobre 1943 ci fu il terribile rastrellamento del Ghetto che colpì la comunità ebraica di Roma che fino all’8 settembre era stata immune dalle deportazioni, non certo per suoi particolari meriti. Mi auguro che nessuno pensi di accusare Pio XII della deportazione degli ebrei romani. Non è la Chiesa che fa i santi, è Dio che fa i santi, perché Lui è santo: «Voi siete un popolo santo, perché io sono santo» (dalla Scrittura). Luigi Pertici luigi@pertici.net

La lettera del signor Pertici contemplava altri argomenti. Ho dovuto tagliarla per ragioni di spazio ma anche per isolare l’episodio dei 50 chili d’oro chiesti dal maggiore delle SS Herbert Kappler alla comunità romana. Quantitativo che avrebbe dovuto essere consegnato entro 36 ore, alle 11 del 28 settembre 1943. In caso di inadempienza, duecento ebrei sarebbero stati rastrellati e tradotti in Germania. Quando i rappresentanti della Comunità chiesero se la cifra poteva essere integrata con denaro, Kappler rispose che del denaro non sapeva che farsene e che se ne avesse avuto bisogno lo avrebbe fatto stampare. Il Vaticano fece ufficiosamente sapere che teneva a disposizione un prestito (!) pari a 15 chilogrammi d’oro se ce ne fosse stato bisogno. Non fu necessario, la quantità richiesta venne raggiunta (con una piccola eccedenza) e consegnata in tempo anche grazie allo spontaneo aiuto di romani non ebrei. L’adempimento non li salvò comunque dalla successiva razzia del 16 ottobre. Questi i fatti, ulteriori notizie sono disponibili al museo della Comunità romana presso il Tempio maggiore dove si conservano tutte le ricevute. Vero che durante l’occupazione ordini religiosi e conventi ospitarono ebrei, anche se in qualche caso solo a pagamento. Con pari generosità peraltro gli stessi conventi aprirono le porte dopo la guerra ai criminali nazisti in fuga. Diverso il discorso su Pio XII che mai né durante il conflitto né dopo (cosa ancora più significativa) disse una parola sulla Shoah. Si arrivò al punto che quando la Banda Koch irruppe nella basilica di S. Paolo portando via gli ebrei che vi erano rifugiati, e saccheggiandola, nemmeno quella violazione gravissima dell’extraterritorialità del luogo, indusse il Vaticano a una protesta. La chiesa è ovviamente libera di fare santo chi vuole anche senza tener conto della sua effettiva capacità di affrontare i tempi. Liberi gli altri di valutarla sulla base delle sue scelte.

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