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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Repubblica - Avvenire - La Stampa Rassegna Stampa
10.11.2008 Benedetto XVI ricorda la notte dei cristalli e condanna l'antisemitismo
continuando a difendere Pio XII

Testata:La Repubblica - Avvenire - La Stampa
Autore: Marco Politi - Alberto Stabile - Benedetto XVI - Giacomo Galeazzi
Titolo: «Il Papa ricorda la notte dei cristalli-Un monito condivisible, ma su Pio XII ascolti il dissenso-Il discorso del Papa-Guai a chi si intromette negli affari della chiesa»

All'Angelus del 9 novembre 2008, ricordando la notte dei cristalli, Benedetto XVI condanna l'antisemitismo.
Prosegue intanto la polemica sulla beatificazione di Pio XII.

Di seguito, da La REPUBBLICA del 10 ottobre 2008, la cronaca di Marco Politi:

CITTA´ DEL VATICANO - Mai più orrori come la Notte dei cristalli. Benedetto XVI ricorda all´Angelus ed esprime il suo personale dolore per il grande pogrom anti-ebraico che nel 1938 mostrò al mondo senza maschera la natura spietata del nazismo e il suo odio contro gli ebrei non più limitato alla propaganda.
Nella notte tra il 9 e il 10 novembre (due giorni prima a Parigi un giovane ebreo espatriato aveva ucciso il diplomatico tedesco Ernst von Rath) si scatenò un´ondata di terrore, violenze e devastazioni contro gli ebrei, i loro templi e le loro proprietà da parte di squadracce nazionalsocialiste, che agirono indisturbate per ventiquattr´ore nella più totale passività della polizia.
«Il quel triste avvenimento, quando si scatenò in Germania la furia nazista contro gli ebrei - ha esclamato Benedetto XVI, affacciato alla finestra del suo studio - furono attaccati e distrutti negozi, uffici, abitazioni e sinagoghe, furono anche uccise numerose persone, dando inizio alla sistematica e violenta persecuzione degli ebrei tedeschi, che si concluse nella Shoah». Il pontefice tedesco ha quindi soggiunto con commozione: «Ancora oggi provo dolore per quanto accadde in quella tragica circostanza, la cui memoria deve servire a far sì che simili orrori non si ripetano mai più e che ci si impegni a tutti i livelli contro ogni forma di antisemitismo e di discriminazione». Ratzinger ha esortato a curare l´educazione dei giovani al rispetto e all´accoglienza reciproca e ha concluso: «Invito a pregare per le vittime di allora e ad unirvi a me nel manifestare profonda solidarietà al mondo ebraico». L´intervento del Papa, che all´epoca aveva undici anni e il cui padre condivideva l´ostilità del cattolicesimo bavarese per il nazismo, esprime la sua intima sofferenza per quanto avvenne nella sua patria. E rivela la sua volontà di mantenere alta la vigilanza contro antisemitismo e xenofobia, rafforzando i legami tra Chiesa cattolica ed ebraismo nonostante le divergenze su Pio XII.
Eppure nell´opera molto accurata dello storico gesuita Giovanni Sale su Hitler, la Santa Sede e gli ebrei, non c´è traccia di una reazione vaticana ad alto livello sullo scempio avvenuto il 9 novembre 1938 e non se ne trova in tutto il mese di novembre. Né intervenne l´episcopato tedesco. Pio XI, che aveva preparato un duro discorso di denuncia contro fascismo e nazismo per le leggi razziali e le persecuzioni anti-ebraiche e contava di pronunciarlo nel decennale dei Patti lateranensi (febbraio del 1939), morì alla vigilia. E Pio XII si guardò dal riprendere la denuncia globale contro i due totalitarismi, anzi tenne segreto il discorso.
Ci furono in Germania cattolici, anche esponenti della gerarchia, che prestarono soccorso ad ebrei. Il cardinale Faulhaber di Monaco di Baviera fornì un camion al rabbino della comunità locale e nei villaggi vi furono preti che aiutarono ebrei. E tuttavia lo storico Martin Gilbert annota: «Il numero di queste persone generosa fu scarso». Con lo sguardo rivolto al futuro molti esponenti ebraici hanno salutato positivamente l´intervento di Benedetto XVI. Per il rabbino David Rosen, in prima fila nel dialogo ebraico-cattolico, è importante che il Papa abbia ribadito che «non si può essere al tempo stesso cristiani ed antisemiti». Renzo Gattegna, presidente dell´Unione comunità ebraiche italiane, ha «molto apprezzato». Soddisfatti anche i commenti di Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma e di Aldo Pavia presidente dell´Associazione nazionale ex deportati.

Sempre da REPUBBLICA, un'intervista a Sergio Minerbi, docente di relazioni internazionali all´Università di Haifa ed ex ambasciatore israeliano presso la Comunità Europea:

GERUSALEMME - Con una serie di manifestazioni che andranno avanti per dieci giorni, Israele ricorda la Notte dei Cristalli. Ed inevitabilmente rimbalzano a Gerusalemme le parole di Benedetto XVI, il suo appello contro ogni forma di discriminazione e antisemitismo, il suo invito alla preghiera per le vittime di allora, la solidarietà espressa verso il mondo ebraico. Tutto questo, appena 24 ore dopo aver elevato a «dono di Dio», la figura di Pio XII, che il mondo ebraico, incluse le autorità israeliane, ha criticato per il «silenzio» tenuto durante la Shoah. Che ne pensa Sergio Minerbi, docente di relazioni internazionali all´Università di Haifa ed ex ambasciatore israeliano presso la Comunità Europea? «Quello di ieri del Papa è stato un monito condivisibile. Personalmente sono più propenso nei confronti di Benedetto XVI più di quanto non fossi nei confronti del suo predecessore e mi spiego. Quando Giovanni Paolo II si recò ad Auschwitz, disse che in quel luogo erano morti 6 milioni di polacchi. Anche Benedetto XVI disse la stessa cosa, poi tornato a Roma si corresse e spiegò che ad Auschwitz erano morti 6 milioni di ebrei. A prescindere dall´errore nel numero delle vittime assassinate, Benedetto XVI ha fermato il tentativo di «cristianizzazione» della Shoah a cui il suo predecessore voleva arrivare, appropriandosi del simbolo stesso della Shoah. Questo processo cominciò già con Pio XII, che affermò che la Chiesa non fu collaboratrice del Nazismo, bensì una sua vittima».
Come si conciliano le posizioni espresse dal Papa con la sua strenua difesa dell´operato del suo predecessore?
«Benedetto XVI sa benissimo che cosa è successo durante la Seconda Guerra Mondiale. Due cose dette nelle scorse settimane mi fanno pensare che forse non sarà lui a fare la beatificazione di Pio XII. La prima cosa è che ha affermato di volersi prendere un periodo di riflessione e la seconda è che ci vorranno almeno 5 o 6 anni finché sarà possibile aprire gli archivi. Quindi ritengo che voglia lasciare la patata bollente al suo successore».
Questo appello è suscettibile di alleviare la tensione fra Vaticano e Stato d´Israele?
«La tensione fra la Santa Sede e Israele è salita per ragioni artificiali ed è stata montata da un certo numero di persone, fra cui non ultimo il segretario di Stato, il cardinale Bertone, che già il 5 giugno 2007 aveva affermato che le accuse a Pio XII risalgono al 1946-1948, "quando gli ebrei stavano formando il loro Stato". Non ci sono fatti obiettivi e divergenze possono esserci anche fra Stati amici. La cosa importante nei rapporti fra S. Sede ed Israele è che siano risolte le controversie sulle esenzioni fiscali delle istituzioni ecclesiastiche attive nel paese con piena soddisfazione della Chiesa. Israele ha generosamente concesso uno statuto, che tuttavia non ha quasi mai rispettato. Altri screzi seri non ce ne sono».
La difesa di Papa Pacelli da parte di Benedetto XVI è convincente? «Si tratta di una difesa d´ufficio, non poteva farne a meno».
Ma non ritiene che sarebbe opportuno lasciare alla Chiesa gli affari delle Chiesa, senza intromettersi in questioni di santità? «
«La Chiesa ha pieno diritto di fare santo chi vuole e sono affari suoi. Tuttavia, durante questo processo, ha il dovere di ascoltare i dissensi. Se durante un passato processo di beatificazione è stato convocato un testimone da Israele, che aveva delle cose buone da raccontare, ora non possono ignorare i pareri dei non - cattolici, solo perchè sono sfavorevoli».

Da AVVENIRE del 9 ottobre 2008, riportiamo il discorso di Benedetto XVI pronunciato l'8 novembre al congresso «L’eredità del magistero di Pio XII e il Concilio Va­ticano II»:

S ignori cardinali, venerati fratel­li nell’episcopato e nel sacer­dozio, cari fratelli e sorelle!
  Sono lieto di accogliervi in occasio­ne del congresso su «
L’eredità del ma­gistero di Pio XII e il Concilio Vatica­no II », promosso dalla Pontificia U­niversità Lateranense insieme con la Pontificia Università Gregoriana. È un Congresso importante per il tema che affronta e per le persone erudi­te, provenienti da varie Nazioni, che vi prendono par­te. Nel rivolgere a ciascuno il mio cordiale saluto, ringrazio in parti­colare monsignor Rino Fisichella, rettore dell’Uni­versità Latera­nense, e padre Gianfranco Ghir­landa, rettore del­l’Università Gre­goriana, per le espressioni gentili con cui hanno interpretato i comuni sen­timenti.
 
Ho apprezzato l’impegnativo tema sul quale avete concentrato la vostra attenzione. Negli ultimi anni, quan­do si è parlato di Pio XII, l’attenzio­ne si è concentrata in modo ecces­sivo su una sola problematica, trat­tata per di più in maniera piuttosto unilaterale. A parte ogni altra consi­derazione, ciò ha impedito un ap­proccio adeguato ad una figura di grande spessore storico-teologico qual è quella del papa Pio XII. L’in­sieme della imponente attività svol­ta da questo Pontefice e, in modo del tutto speciale, il suo magistero sul quale vi siete soffermati in questi giorni, sono una prova eloquente di quanto ho appena affermato. Il suo magistero si qualifica infatti per la vasta e benefica ampiezza, come an­che per la sua eccezionale qualità,
 così che può ben dirsi che esso co­stituisca una preziosa eredità di cui la Chiesa ha fatto e continua a fare tesoro.
 
H o parlato di «vasta e benefi­ca ampiezza» di questo ma­gistero. Basti ricordare, al ri­guardo, le encicliche e i moltissimi discorsi e radiomessaggi contenuti nei venti volumi dei suoi «Insegna­menti ». Sono più di quaranta le en­cicliche da lui pubblicate. Tra esse spicca la « Mystici Corporis », nella quale il Papa affronta il tema della vera ed intima natura della Chiesa. Con ampiezza di indagine egli met­te in luce la nostra profonda unio­ne ontologica con Cristo e – in Lui, per Lui e con Lui – con tutti gli altri fedeli animati dal suo Spirito, che si nutrono del suo Corpo e, trasfor­mati in Lui, gli danno modo di con­tinuare ed estendere nel mondo la sua opera salvifica. Intimamente connesse con la « Mystici Corporis » sono altre due encicliche: la « Divino afflante Spiritu » sulla Sacra Scrit­tura e la « Mediator Dei » sulla sacra li­turgia, nelle quali vengono presen­tate le due sor­genti a cui devono sempre attingere coloro che appar­tengono a Cristo, Capo di quel mi­stico Corpo che è la Chiesa.
 
I n questo contesto di ampio re­spiro Pio XII ha trattato delle va­rie categorie di persone che, per volere del Signore, fanno parte del­la Chiesa, pur con vocazioni e com­piti differenziati: i sacerdoti, i reli­giosi ed i laici. Così egli ha emanato sagge norme sulla formazione dei sacerdoti, che si devono distinguere per l’amore personale a Cristo, la semplicità e la sobrietà di vita, la lealtà verso i loro Vescovi e la dispo­nibilità verso coloro che sono affi­dati alle loro cure pastorali. Nell’en­ciclica « Sacra Virginitas » poi e in al­tri documenti sulla vita religiosa Pio XII ha messo in chiara luce l’eccel­lenza del «dono» che Dio concede a certe persone invitandole a consa­crarsi totalmente al servizio suo e del prossimo nella Chiesa. In tale pro­spettiva il Papa insiste fortemente sul ritorno al Vangelo ed all’autenti­co carisma dei fondatori e delle fon­datrici dei vari Ordini e Congrega­zioni religiose, prospettando anche la necessità di alcune sane riforme. Numerose sono state poi le occasio­ni in cui Pio XII ha trattato della re­sponsabilità dei laici nella Chiesa, profittando in particolare dei gran- di congressi internazionali dedicati a queste tematiche. Volentieri egli af­frontava i problemi delle singole pro­fessioni, indicando, ad esempio, i do­veri dei giudici, degli avvocati, degli operatori sociali, dei medici: a que­sti ultimi il Sommo Pontefice dedicò numerosi discorsi illustrando le norme deontologiche che essi de­vono rispettare nella loro attività. Nell’enciclica « Miranda prorsus », poi, il Papa si soffermò sulla grande importanza dei moderni mezzi di comunicazione, che in modo sem­pre più incisivo andavano influen­zando l’opinione pubblica. Proprio per questo il Sommo Pontefice, che valorizzò al massimo la nuova in­venzione della radio, sottolineava il dovere dei giornalisti di fornire infor­mazioni veritiere e rispettose delle norme morali.
 
A nche alle scienze e agli straordinari progressi da es­se compiuti Pio XII rivolse la sua attenzione. Pur ammirando le conquiste raggiunte in tali campi, il Papa non mancava di mettere in guardia dai rischi che una ricerca non attenta ai valori morali poteva comportare. Basti un solo esempio: restò famoso il discorso da lui pro­nunciato sulla raggiunta scissione degli atomi; con straordinaria lun­gimiranza, però, il Papa ammoniva circa la necessità di impedire ad o- gni costo che questi geniali progressi scientifici venissero utilizzati per la costruzione di armi micidiali che a­vrebbero potuto provocare cata­strofi immani e perfino la totale di­struzione dell’umanità. Come non ricordare poi i lunghi ed ispirati di­scorsi concernenti l’auspicato rior­dinamento della società civile, na­zionale ed internazionale, per il qua­le egli indicava come fondamento imprescindibile la giustizia, vero presupposto per una convivenza pa­cifica fra i popoli: « opus iustitiae pax! ». Ugualmente meritevole di speciale menzione è l’insegnamen­to mariologico di Pio XII, che ebbe il suo culmine nella proclamazione del dogma dell’Assunzione di Ma­ria Santissima, per mezzo del quale il Santo Padre intendeva sottolinea­re la dimensione escatologica della nostra esistenza ed esaltare altresì la dignità della donna.
 
C he dire della qualità dell’in­segnamento di Pio XII? Egli e­ra contrario alle improvvisa­zioni: scriveva con la massima cura ogni discorso, soppesando ogni fra­se ed ogni parola prima di pronun­ciarla in pubblico. Studiava attenta­mente le varie questioni ed aveva l’abitudine di chiedere consiglio ad eminenti specialisti, quando si trat­tava di temi che richiedevano una competenza particolare. Per natura ed indole Pio XII era un uomo mi­surato e realista, alieno da facili ot­timismi, ma era altresì immune dal pericolo di quel pessimismo che non si addice ad un credente. Abor­riva le sterili polemiche ed era profondamente diffidente nei con­fronti del fanatismo e del sentimen­talismo.
 
Q uesti suoi atteggiamenti in­teriori rendono ragione del valore e della profondità, co­me anche dell’affidabilità del suo insegnamento, e spiegano l’adesione fiduciosa ad esso riser­vata non solo dai fedeli, ma anche da tante persone non appartenen­ti alla Chiesa. Con­siderando la gran­de ampiezza e l’al­ta qualità del magi­stero di Pio XII, vie­ne da chiedersi co­me egli sia riuscito a fare tanto, pur do­vendo dedicarsi ai numerosi altri compiti connessi col suo ufficio di Sommo Pontefice: il governo quotidiano della Chiesa, le nomine e le visite dei vescovi, le visite di capi di Stato e di diploma­tici, le innumerevoli udienze con­cesse a persone private ed a gruppi molto diversificati.
  Tutti riconoscono a Pio XII un’intel­ligenza non comune, una memoria di ferro, una singolare dimestichez­za con le lingue straniere ed una no­tevole sensibilità. Si è detto che egli era un diplomatico compito, un e­minente giurista, un ottimo teolo­go. Tutto questo è vero, ma ciò non spiega tutto. Vi era altresì in lui il con­tinuo sforzo e la ferma volontà di do­nare se stesso a Dio senza risparmio e senza riguardo per la sua salute ca­gionevole. Questo è stato il vero mo­vente del suo comportamento: tut­to nasceva dall’amore per il suo Si­gnore Gesù Cristo e dall’amore per la Chiesa e per l’umanità. Egli infat­ti era innanzitutto il sacerdote in co­stante ed intima unione con Dio, il sacerdote che trovava la forza per il suo immane lavoro in lunghe soste di preghiera davanti al Santissimo Sacramento, in colloquio silenzioso con il suo Creatore e Redentore. Da lì traeva origine e slancio il suo ma­gistero, come d’altronde ogni altra sua attività.
 
N on deve pertanto stupire che il suo insegnamento conti­nui anche oggi a diffondere luce nella Chiesa. Sono ormai tra­scorsi cinquant’anni dalla sua mor­te, ma il suo poliedrico e fecondo magistero resta anche per i cristiani di oggi di un valore inestimabile. Cer­tamente la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, è un organismo vivo e vitale, non arroccato immobilmente su ciò che era cinquant’anni fa. Ma lo svi­luppo avviene nella coerenza. Per questo l’eredità del magistero di Pio XII è stata raccolta dal Concilio Vati­cano II e riproposta alle generazio­ni cristiane successive. È noto che negli interventi orali e scritti pre­sentati dai Padri del Concilio Vaticano II si riscontrano ben più di mille riferi­menti al magistero di Pio XII. Non tutti i documenti del Concilio hanno un apparato di Note, ma in quei docu­menti che lo hanno, il nome di Pio XII ri­corre oltre duecen­to volte. Ciò vuol dire che, fatta ec­cezione per la Sacra Scrittura, que­sto Papa è la fonte autorevole più fre­quentemente citata. Si sa inoltre che le note apposte a tali documenti non sono, in genere, semplici rimandi e­splicativi, ma costituiscono spesso vere e proprie parti integranti dei te­sti conciliari; non forniscono solo giustificazioni a supporto di quanto affermato nel testo, ma ne offrono una chiave interpretativa. P ossiamo dunque ben dire che, nella persona del Sommo Pon­tefice Pio XII, il Signore ha fat­to alla sua Chiesa un eccezionale do­no, per il quale noi tutti dobbiamo es­serGli grati. Rinnovo, pertanto, l’e­spressione del mio apprezzamento per l’importante lavoro da voi svolto nella preparazione e nello svolgi­mento di questo simposio Interna­zionale sul Magistero di Pio XII ed au­spico che si continui a riflettere sulla preziosa eredità lasciata alla Chiesa dall’immortale Pontefice, per trarne proficue applicazioni alle problema­tiche oggi emergenti. Con questo au­gurio, mentre invoco sul vostro im­pegno l’aiuto del Signore, di cuore im­parto a ciascuno la mia benedizione.

Da La STAMPA del 10  novembre, un'intervista al cardinale  Andrea Cordero Lanza di Montezemolo:


«Mai più l’orrore della Shoah». Il Papa condanna ogni forma di antisemitismo rievocando la «notte dei cristalli» di settant’anni fa, un «triste avvenimento» avvenuto nella notte tra il 9 e il 10 novembre del 1938 quando «si scatenò in Germania la furia nazista contro gli ebrei». All’Angelus, Benedetto XVI esprime la propria «profonda solidarietà» alla comunità ebraica e lancia un accorato appello affinché «ci si impegni a tutti il livelli contro ogni forma di antisemitismo e discriminazione, educando soprattutto le giovani generazioni al rispetto e all’accoglienza reciproca». Il Pontefice prova «ancora oggi dolore per quanto accadde in quella circostanza», cioè la campagna punitiva che prende il nome dalle vetrate infrante dai nazisti nei quartieri ebraici di molte città tedesche. Ne fornì il pretesto l’assassinio, avvenuto a Parigi tre giorni prima, del diplomatico tedesco Ernst von Rath da parte di un giovane esule ebreo, Hirsch Grynszpan. Per ritorsione Hitler scatenò la furia delle SS che devastarono sinagoghe, negozi, uffici e abitazioni di ebrei, provocando duecento vittime e imprigionando nei lager 26 mila ebrei.
«Simili orrori non devono accadere mai più», ha scandito Joseph Ratzinger, deplorando anche «i sanguinosi scontri armati e le sistematiche atrocità» in Congo e l’indifferenza verso chi muore di fame per il «drammatico aumento di prezzo del cibo». Il monito contro l’antisemitismo suscita unanime approvazione nel mondo ebraico e smorza le polemiche su Pio XII beato. Sabato erano piovute critiche per la difesa di papa Pacelli (definito «dono di Dio») e in settimana dall’ambasciata israeliana era arrivato un messaggio-avvertimento poco rasserenante: «Se il Papa procederà con la beatificazione di Pio XII, nel mondo ebraico potrebbero manifestarsi reazioni viscerali che lo Stato di Israele non è in grado di controllare».
Il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici (in visita ad Auschwitz con Alemanno e una delegazione di studenti della capitale) definisce l’intervento di Benedetto XVI «tanto più importante perché avviene in un momento controverso», mentre monsignor Norbert Hofmann, segretario della Commissione pontificia per i rapporti con l’Ebraismo assicura che «gli ebrei hanno in noi cristiani un alleato per combattere l’antisemitismo, non conciliabile con l’etica cristiana». Anche la cancelliera tedesca Angela Merkel si unisce alla condanna papale e mette in guardia da nuove ondate di antisemitismo: «Attenzione agli estremisti di destra che marciano verso la porta di Brandeburgo e conquistano seggi in Parlamento». Il rabbino David Rosen, presidente del Comitato ebraico per i rapporti con le altre fedi, considera un «grande aiuto al dialogo con la Chiesa la commossa rievocazione della notte dei cristalli», mentre l’Aned (associazione nazionale ex deportati) considera «corretto e condivisibile» l’appello del Pontefice. Dieci giorni fa, ricevuto in Vaticano, il rabbino Rosen aveva chiesto al Papa di aprire gli archivi vaticani su Pio XII e si era poi detto «deluso» quando gli è stato spiegato che ci vorranno diversi anni. Ieri è stato il primo a commentare favorevolmente il «discorso di grande rilievo» di Benedetto XVI, «che è un uomo molto coerente». Intanto a Budapest si è aperto il forum tra esponenti del Vaticano e del Gran Rabbinato d’Israele per discutere del ruolo di cattolicesimo ed ebraismo nella società attuale, nonché delle persecuzioni di ieri e di oggi contro ebrei e cristiani. \
Benedetto XVI non azzera i «mea culpa» di Karol Wojtyla e prosegue sulla strada della purificazione della memoria, ma non si possono ammettere intromissioni in una questione interna della Chiesa come la beatificazione di papa Pacelli». Al rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che ieri in un’intervista a «La Stampa» stigmatizzava l’inversione di rotta «apologetica» di Ratzinger rispetto alla mano tesa da Giovanni Paolo II ai «fratelli maggiori», replica seccamente l’arciprete della basilica di San Paolo. «Pio XII ha salvato un numero enorme di ebrei, tutta la Chiesa lo vuole beato e in Curia non c’è nessuna contrapposizione», assicura il cardinale torinese Andrea Cordero Lanza di Montezemolo che nel 1993 stabilì per il Vaticano le relazioni diplomatiche con Israele.
Benedetto XVI si rimangia i mea culpa di Wojtyla per assolvere l’intera storia della Chiesa?
«Assolutamente no. Ho letto con stupore e dispiacere l’attacco del rabbino Di Segni. Non è affatto vero che Benedetto XVI faccia marcia indietro rispetto al suo predecessore e a quelle richieste di scuse per le colpe ecclesiali. Ogni papa ha il proprio carattere, peculiarità, maniera di agire, ma sul dialogo interreligioso e le grandi questioni di fondo non c’è discontinuità tra i due pontificati. Tanto meno nella valutazione dell’immensa figura di Pio XII. Quanto ha realizzato Pacelli in un difficile ventennio sul soglio di Pietro non può ricevere critiche e opposizioni».
Il rabbino di Roma deplora il «silenzio opportunistico» di Pio XII durante i rastrellamenti al ghetto...
«Chi lo accusa entra in campi di competenza non suoi, mentre spetta ad altri giudicare se dichiarare beato Pio XII. È in corso un processo canonico rigido, duro, complesso. Bisogna lasciar fare a coloro cui compete vagliare l’insieme e assumere la decisione finale. Benedetto XVI dà voce a tutta la Chiesa quando dice che siamo stanchi di questi attacchi. Ci accusano di non aprire certi archivi, ma ignorano che anche lì esistono delle regole. Non si aprono gli archivi prima di un determinato tempo anche per non coinvolgere persone che possono essere ancora vive. Non è serio mettere sotto tiro alcuni aspetti del profilo di papa Pacelli. Un’offensiva che non regge alla verifica dei fatti storici».
Il Vaticano è spaccato tra favorevoli e contrari alla beatificazione?
«Neppure questa affermazione del rabbino ha fondamento. Tutti speriamo di vedere Pio XII beato perché la sua testimonianza è ancora fortissima. La sua Curia era ricca di personalità eccezionali come Montini, Tardini, Ottaviani e anche dalla qualità dei collaboratori si valuta un pontefice. Migliaia di testimonianze dirette lo indicano come strenuo difensore degli ebrei durante le persecuzioni naziste. Ai suoi accusatori, invece della foga ideologica, servirebbe un ragionamento sereno. E poi ogni pontificato va contestualizzato e giudicato con le categorie del suo tempo. All’epoca di Pacelli avevamo una visione del papa molto diversa rispetto a quella dei decenni successivi. La questione è delicata e danno noia queste intromissioni negli affari interni della Chiesa».
Nei rapporti con l’ebraismo Ratzinger si differenzia da Wojtyla?
«No. La purificazione della memoria ecclesiale è stata condotta da Giovanni Paolo con il cardinale Ratzinger come principale collaboratore. E quella stagione prosegue tuttora e si esprime nelle accorate condanne di Benedetto XVI dell’antisemitismo. Le critiche da parte ebraica sono ingenerose e immotivate quanto sono inammissibili le intromissioni di Israele nella beatificazione di Pio XII. Sono giudizi esterni inopportuni che possono disturbare e sembrano voler obbligare il Papa a compiere scelte nel senso voluto. Fare o non fare cause di beatificazione sono questioni interne della Chiesa. Certo il Papa è sensibile, ma disturbano le intromissioni».

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