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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Corriere della Sera - La Repubblica - Il Giornale - Libero Rassegna Stampa
24.10.2008 La polemica tra il Vaticano e Israele su Pio XII
rassegna di cronache e opinioni

Testata:Corriere della Sera - La Repubblica - Il Giornale - Libero
Autore: Davide Frattini - Benny Morris - Marco Politi - Corrado Augias - Pierluigi Fornari - Andrea Tornielli - Renato Farina
Titolo: «Pio XII, attacco di Israele, inaccettabile beatificarlo - Si spese per aiutare molti ebrei, ma il suo ruolo fu ambiguo - Non possono intromettersi nelle cose della Chiesa cattolica - Gli ebrei e la controversa figura di Pio XII»
Beatificazione di Pio XII, no alle ingerenze - E' scontro tra Israele e la Santa Sede su Papa Pacelli beato - Pio XII beato ? Israele s'oppone e invade il Vaticano

 Il 24 ottobre 2008 i quotidiani pubblicano diversi articoli dedicati al confronto diplomatico tra Vaticano e Israele sulla beatificazione di Pio XII

Tra le diverse cronache, riportiamo dal CORRIERE della SERA quella di Davide Frattini:


GERUSALEMME — I racconti del nonno hanno spinto il ministro Isaac Herzog a parlare. E a esprimere una delle posizioni più dure sul caso Pio XII, uscite dal governo israeliano. «L'intenzione di beatificarlo è inaccettabile — ha detto al quotidiano Haaretz
—. Durante l'Olocausto, il Vaticano sapeva che cosa stesse succedendo in Europa, ma non c'è prova di alcuna iniziativa presa dal Papa. Rimase in silenzio o anche peggio ».
Negli anni Quaranta, il nonno Isaac Halevy Herzog era rabbino capo ashkenazita in Palestina. Tentò di convincere il Vaticano — racconta il politico laburista e ministro per la Diaspora e gli Affari sociali — a estendere la sua protezione a tutti gli ebrei ungheresi. «Il Pontefice rifiutò. Anche la richiesta di un incontro segreto con Pio XII venne respinta. Si videro alla fine della guerra, parlarono in latino, inglese e francese. Mio nonno voleva che il Papa emanasse una lettera pastorale per dire ai preti e alle suore di rilasciare o rendere noti i nomi dei bambini ebrei convertiti durante la guerra. Non ottenne nulla». Le parole di Herzog sono state criticate dal cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, che aveva negoziato la normalizzazione delle relazioni tra la Santa Sede e Israele. «Certe intromissioni nelle cose interne della Chiesa annoiano. Benedetto XVI è sensibile, ha scelto un momento di riflessione, non bisogna disturbarlo con dichiarazioni per obbligarlo in un modo o nell'altro». Padre Paolo Molinari, postulatore della causa di beatificazione, definisce l'intervento del ministro israeliano «un'ingerenza ». «Colpiscono questi tentativi di sovvertire la Storia. Abbia la correttezza di andare a leggere ciò che Golda Meir disse alla morte di Pio XII: "Quando lo spaventoso martirio colpì la nostra gente nella decade del terrore nazista, la voce del Papa si alzò per le vittime" ».
Mordechay Lewy, ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, è d'accordo che «la beatificazione è una questione interna della Chiesa». «I dissensi riguardano il ruolo storico di papa Pacelli e questo potrà essere chiarito solo con l'apertura degli archivi vaticani».
Pio XII è tornato a dividere il Vaticano e lo Stato ebraico dopo l'intervista concessa da Peter Gumpel — poi corretto dalla Santa Sede — nei giorni scorsi. Anche lui postulatore della causa di beatificazione, aveva sostenuto che la didascalia che accompagna la foto di papa Pacelli al museo Yad Vashem bloccava il viaggio di Joseph Ratzinger in Israele. «Benedetto XVI è benvenuto — ha ripetuto l'ambasciatore Lewy —, è stato invitato e spetta a lui decidere tempi e modi. Noi non interferiamo in questo». Padre Molinari ha spiegato che il Pontefice non avrebbe ancora fissato una data per la beatificazione «per non urtare certe false sensibi-lità, nella speranza di realizzare al più presto il suo desiderio di visitare Israele».

Pier Giuseppe Accornero su L' ECO  DI BERGAMO sostiene che la volontà del Vaticano sarebbe di smorzare i toni della polemica ("Pio XII: ministro israeliano attacca, il Vaticano smorza i toni")

Sempre dal CORRIERE, l'intervento dello storico israeliano Benny Morris che chiede l'apertura degli archivi vaticani:

Gli Stati solitamente adottano posizioni in linea con i propri interessi nazionali e, senza ombra di dubbio, gli interessi di Israele stanno nel mantenere, anzi, migliorare, i buoni rapporti con il Vaticano, che esercita una grande influenza nei Paesi cattolici, dall'America Latina fino alle Filippine, passando per l'area sud dell'Europa. Eppure, per gli israeliani — o meglio, per il popolo ebraico nel suo insieme — la memoria dell'Olocausto, un trauma che forse nessun altro popolo ha mai patito nel corso della storia umana, rischia talvolta di mandare all'aria ogni considerazione di interesse politico.
La legenda sotto la foto di papa Pio XII, nel mausoleo nazionale dell'Olocausto a Gerusalemme, Yad Vashem, è l'oggetto del contendere. Nessun israeliano che si rispetti si sognerebbe mai di modificare la dicitura, come pare abbia chiesto l'attuale Pontefice — come prerequisito per la visita in Israele. Se, da una parte, entra in gioco l'orgoglio nazionale, dall'altra non mancano le considerazioni di verità storica. E a dire il vero, il comportamento di Pio XII nel corso della Seconda guerra mondiale, nei confronti dello sterminio degli ebrei — del quale era ampiamente informato pressoché in tempo reale — e della Germania nazista non può non definirsi ambiguo e «controverso». Non occorre aspettare l'apertura degli archivi e dei documenti di Stato vaticani per trovare prova di tale ambivalenza. In veste di segretario di Stato, Eugenio Pacelli negoziò un ambiguo Concordato con Hitler. Allo scoppio della guerra, Pio XII contribuì a mettere al riparo la maggior parte degli ebrei italiani — come pure altri in Slovacchia e Ungheria — e fece pressioni sui nazisti affinché rinunciassero ai rastrellamenti degli ebrei, attivandosi per trovar rifugio agli ebrei italiani in Vaticano e nei conventi e monasteri del Paese, salvando così la vita a decine di migliaia di persone. Tuttavia, pur condannando privatamente varie misure antiebraiche adottate dai nazisti e sollevando proteste, si rifiutò di denunciare pubblicamente — anche se sollecitato a farlo da svariati personaggi, tra cui vescovi tedeschi ed americani — le politiche antisemite dei nazisti, le persecuzioni e il genocidio perpetrati tra gli anni 1939-1945. Inoltre, negli anni successivi, Pio XII non spiegò mai il suo comportamento in tempo di guerra riguardo lo sterminio degli ebrei. Un atteggiamento che merita, come minimo, l'aggettivo «controverso» e che dovrebbe suggerire al Vaticano una pausa di riflessione nell'iter di beatificazione e canonizzazione avviato per questo pontefice.
Gli storici restano divisi sull'argomento. Alcuni, tra cui l'illustre biografo anglo-ebraico di Winston Churchill, Sir Marin Gilbert, vedono in Pio un pontefice rispettabile e non antisemita e, in un certo senso, un coraggioso difensore degli ebrei nel corso della Seconda guerra mondiale. La maggior parte degli storici, tuttavia, che siano ebrei o no, hanno preso la posizione opposta.
Certo, questa è una buona occasione per aprire finalmente all'indagine degli studiosi gli archivi vaticani riguardanti la Seconda guerra mondiale. Solo la desegretazione riuscirà a dissipare le terribili nebbie delle congetture, illazioni e presunte coperture. Ma forse, chissà, i documenti non forniranno le prove conclusive che tutti si aspettano. Così è la Storia, che non di rado si trascina dietro il suo fardello di polemiche irrisolte.

Da La REPUBBLICA un'intervista ad Andrea Cordero Lanza di Montezemolo che giudica un'ingerenza negli affari interni della Chiesa l'opposizione alla beatificazione di Pio XII. Un'affermazione sorprendente, visto che segue a forti interventi di personalità della Chiesa che chiedevano un  cambiamento della didascalia dedicata a Pio XII a Yad Vashem.

Ecco l'articolo:  


CITTÀ DEL VATICANO - «Non si intromettano nelle cose interne della Chiesa». Il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo respinge con una battuta tagliente l´ultimo attacco contro Pio XII proveniente da Israele. Ad un pranzo di lavoro sull´anno paolino, il porporato non nasconde il suo pensiero.
In Vaticano sono irritati. Il portavoce papale padre Lombardi ha già dichiarato il suo "no comment": «Non voglio alimentare la polemica». In Vaticano sono irritati per quella che ritengono una pressione indebita da un´istanza governativa, che non ha voce in capitolo sulla questione. Sono irritati anche perché il rabbino di Haifa, primo invitato ebraico nella storia ad un Sinodo dei vescovi, ha rotto la cortesia protocollare diffondendo già il primo giorno un duro attacco a Pacelli, monopolizzando l´attenzione dei media.
Dall´alto dei suoi 83 anni e della sua quarantennale esperienza diplomatica, il cardinale Montezemolo ha più di un titolo per esprimersi. Dal 1990 al 1998 è stato in Israele come delegato apostolico e poi come nunzio. Ha negoziato il trattato con cui la Santa Sede e il governo israeliano hanno allacciato le relazioni diplomatiche, è stato il primo ambasciatore vaticano in quello Stato, ha negoziato gli accordi per lo status giuridico degli enti cattolici e per il trattamento fiscale della Chiesa cattolica (di cui il governo israeliano ancora non ha varato le norme di applicazione).
Eminenza, come giudica l´intervento del ministro israeliano Herzog?
«L´atteggiamento nella Santa Sede è di chi è un po´ annoiato per l´intromissione da parte di autorità, che non c´entrano con la questione. Sono giudizi esterni».
La polemica sulla beatificazione di Pio XII continua.
«Fare o non fare la beatificazione è una questione interna della Chiesa».
E questi interventi?
«Disturbano».
Qual è la posizione di papa Benedetto XVI?
«Il Papa è sensibile, ha scelto un momento di riflessione e di approfondimento, ma non ci possono essere dichiarazioni che obblighino la Santa Sede a muoversi in un senso o nell´altro. Come dicevo ai miei interlocutori quando si negoziava: ciascuno rimanga nell´ambito della propria giurisdizione».
Tra Israele e Santa Sede resta aperta la questione della realizzazione degli accordi speciali firmati dopo il ristabilimento delle relazioni diplomatiche.
«Quando uno firma, firma. E bisogna attenersi a quel che è firmato».
Pensa che tutto ciò influirà su un´eventuale visita di Benedetto XVI in Terrasanta?
«Io qui parlo a titolo personale. Da quando sono tornato a Roma non mi occupo più di questi problemi. Dal momento che non ero più nunzio, non sono mai intervenuto. Posso solo dire che ho conosciuto Shimon Peres prima che fosse presidente. E´ una persona amica e aperta, difende gli interessi del suo Paese ma non è un fanatico. Quindi considero le sue offerte valide e sincere».
Sulla vicenda interviene ancora padre Paolo Molinari, postulatore della causa di Pio XII, spiegando che la mancata fissazione della data di beatificazione di Pio XII è un indizio della volontà di Benedetto XVI di «soprassedere per non urtare certe false sensibilità». In ogni caso la targa su Pacelli al museo Yad Vashem resta, per il postulatore, una falsità.

Sempre su REPUBBLICA, Corrado Augias risponde a un lettore sulla figura di Pio XII, sottolineandone  il silenzio di fronte alla razzia al Ghetto di Roma:

C aro Augias, risiedo in Francia. Qualche mese fa il Nouvel Observateur faceva una ricostruzione storica a sostegno di 'Amen', film di Costa Garvas sull'atteggiamento discutibile del Vaticano durante la guerra e lo sterminio degli ebrei. Non lo sapevano, si disse all'epoca. Negli ambienti della Resistenza invece si sapeva benissimo. Mio padre, Piero Colombi, antifascista, resistente e membro del Partito d'Azione clandestino ne parlava chiaramente definendo Pacelli "figura non nobile", proprio a causa del suo ostinato silenzio. Pio XI com'è noto aveva ordinato un'enciclica per condannare razzismo e antisemitismo. Il documento, redatto da tre gesuiti (un tedesco, un francese ed un americano) venne consegnato al papa nel febbraio del 1939, appena prima della sua morte. Il Cardinal Pacelli succeduto sul trono col nome di Pio XII, fece accantonare l'enciclica che infatti non vide mai la luce.

Enrico Colombi e.colombi@orange.fr

L a figura di Pio XII è destinata a suscitare polemiche fino a quando non si raggiungerà un ragionevole compromesso storico-diplomatico. Da questo punto di vista non giovano né l'affrettato processo di beatificazione né la rigida didascalia sotto la sua foto allo Yad Vashem. L'apertura degli archivi vaticani potrebbe aiutare. I documenti però sono accessibili solo fino al 1939 il che non depone bene sulla tranquillità d'animo della Cancelleria pontificia. Anche a voler escludere il pericolo di manipolazioni, non si vede perché sessant'anni e passa dopo i fatti gli studiosi non dovrebbero avere accesso.

Gli studi che condannano l'operato del papa e quelli che lo assolvono, o addirittura lo esaltano, più o meno si equivalgono credo con una leggera prevalenza dei primi. La somma dei differenti punti di vista dà questo risultato: durante l'occupazione chiese e conventi romani offrirono largo aiuto a ebrei, resistenti, comunisti. Evidente che il papa ne fosse informato e tacitamente approvasse. Vero anche però che, dopo la guerra, il Vaticano offrì analogo aiuto agli esponenti del nazismo che cercavano scampo oltre oceano. Concordata con il comandante delle SS in Italia, Karl Wolff, la 'Rat line' permise a numerosi gerarchi del III Reich di sfuggire alla giustizia. Le ragioni per le quali Pio XII non disse una parola sullo sterminio degli ebrei furono numerose: un temperamento non 'eroico', l'attitudine diplomatica, il forte anticomunismo, il timore di danneggiare i cattolici tedeschi, l'educazione antisemita che prevaleva nei seminari e nelle scuole cattoliche.

C'è però a mio giudizio un elemento che assume, anche in quel contesto, carattere dirimente. Dopo l'infame razzia degli ebrei romani (16.10.1943) Pio XII non mosse ciglio sebbene i camion con i prigionieri sfilassero quasi sotto le sue finestre. Che gesto sarebbe stato se il papa, anche senza dire parola, fosse andato al ghetto e si fosse inginocchiato a pregare, solo, muto e solenne ammonimento per sé, per la sua chiesa, per la storia.

Alcuni quotidiani italiani sposano la tesi dell'"ingerenza" israeliana nelle vicende interne della Chiesa.
Di seguito la cronaca di AVVENIRE:

Un’intervista del mi­nistro per gli Affari sociali di Israele, I­saac Herzog, al quotidiano
 Hareetz
riaccende la pole­mica sulla beatificazione di Pio XII. Secondo il ministro, che è anche responsabile degli Affari della Diaspora, della lotta all’antisemitismo e dei rapporti con le comu­nità cristiane, il «tentativo» di farlo diventare santo sa­rebbe «inaccettabile».
  «Durante il periodo dell’Olo­causto il Vaticano sapeva molto bene quello che stava accadendo in Europa», insi­ste Herzog, secondo il quale non vi sarebbe «alcuna pro­va, per ora, di alcun provve­dimento preso dal Papa che, come Santa Sede, avrebbe potuto ordinare». Addirittu­ra il processo di beatificazio­ne, a detta dell’esponente del governo israeliano, sarebbe una forma di «sfruttamento dell’oblio» rispetto a quei fat­ti, e testimonierebbe «un’as­senza di consapevolezza».
  Un motivato
no comment è la risposta del direttore del­la Sala Stampa vaticana pa­dre Federico Lombardi: «Non ho nulla da dire, non voglio alimentare la polemi­ca ». «Stupisce – osserva il po­stulatore della causa di bea­tificazione di Pacelli, padre Paolo Molinari – che un mi­nistro dello Stato di Israele faccia un intervento con cui si ingerisce con un affare che, per la sua natura, è interno alla Chiesa cattolica». Moli­nari si dice altrettanto stupi­to per l’affermazione di Her­zog secondo cui non vi sa­rebbe alcuna testimonianza di passi concreti in difesa de­gli ebrei. Il postulatore ribat­te citando le affermazioni di autorevoli esponenti, dal pri­mo ministro Moshe Sharrett e, da quello degli Esteri Gol­da Meir (diventata anch’es­sa primo ministro), allo sto­rico Martin Gilbert, inglese di origine ebraica tra i più noti studiosi dell’Olocausto. A «titolo personale» inter­viene il cardinale Andrea Cordero Lanza di Monteze­molo, che firmò per il Vati­cano le relazioni diplomati­che con Israele, sottolinean­do che «la Santa Sede ha un atteggiamento responsabile ma certe intromissioni nelle cose interne della Chiesa an­noiano: sono giudizi esterni; certo il Papa è sensibile, ha scelto un momento di rifles­sione, però non bisogna di­sturbarlo con dichiarazioni per obbligarlo in un modo o nell’altro. Ciascuno abbia re­sponsabilità nell’ambito del­le sue competenze».
  Anche l’ambasciatore di I­sraele presso la Santa Sede, Mordechay Lew ammette che la beatificazione di Pio XII è una «questione interna alla Chiesa cattolica». I dis­sensi tra Israele e Vaticano ri­guardano invece «il ruolo storico» di papa Pacelli. A suo giudizio, comunque, questo aspetto verrà chiari­to soltanto «con l’apertura degli archivi vaticani». Alla domanda se questa vicenda stia o meno influenzando la possibilità di un viaggio pa­pale in Israele, l’ambasciato­re risponde: «Il Papa è il ben­venuto in Israele, è stato in­vitato, e spetta a lui decide­re tempi e modi, noi non in­terferiamo
in questo».
  Su quanto avvenuto ieri da registrare la rubrica
Sacri pa­lazzi
  de
Il Foglio online dal titolo «Non sarà un ministro straniero a interrompere la causa di Pio XII». Da buona fonte, anzi, «si ribadisce» che già da prima dell’estate «è chiara la volontà nei Sacri Palazzi di pubblicare il de­creto sulle virtù eroiche». Ma prima di questo passo è sta­to dato incarico a padre Am­brosius Eszer, domenicano tedesco molto autorevole e stimatissimo dal Papa, di da­re un’ultima revisione ad al­cuni faldoni di documenti. «Il lavoro di padre Eszer, che è stato fino a poco tempo fa relatore generale della Con­gregazione delle cause dei santi, sta procedendo celer­mente e quindi – afferma Sa­cri palazzi – non è escluso che entro l’anno, o subito dopo, venga dato l’annun­cio ». Questo non vuol dire ovviamente che Pio XII sarà automaticamente beatificato.

Quella di Andrea Tornielli dal GIORNALE:

Roma - È un attacco durissimo contro la Santa Sede e contro il Papa quello che arriva da Gerusalemme: Isaac Herzog, ministro per gli Affari sociali del governo israeliano, ha infatti bollato come «inaccettabile» l’intenzione di beatificare Pio XII, definendola «uno sfruttamento dell’oblio».

Il ministro, che ha anche l’incarico dei rapporti con le comunità cristiane, annunciando che nelle prossime settimane potrebbe essere promulgato il decreto sulle virtù eroiche di Eugenio Pacelli, ha sparato ad alzo zero nel corso di un’intervista pubblicata dal quotidiano Haaretz: «Durante il periodo dell’Olocausto – ha detto Herzog – il Vaticano sapeva molto bene quello che stava accadendo in Europa». E ha aggiunto: «Non c’è ancora nessuna prova di alcun provvedimento preso dal Papa, come avrebbe dovuto suggerire la statura della Santa Sede. Il tentativo di canonizzarlo è uno sfruttamento dell’oblio e una mancanza di consapevolezza. Invece di agire in base al versetto biblico “Non coopererai alla morte del tuo prossimo”, il Papa è rimasto silenzioso e forse ha fatto anche di peggio».

Parole molto pesanti, che arrivano dopo il tentativo fatto la settimana scorsa dal presidente Shimon Peres di placare gli animi, e dopo il grave episodio dell’immagine di Benedetto XVI sovrastato dalla svastica apparso su «Yalla Kadima», il sito Internet dei sostenitori del partito guidato dal ministro degli Esteri Tzipi Livni, possibile futuro premier. Il ministro laburista è il figlio di Chaim Herzog, presidente di Israele dal 1983 al 1993, e omonimo nipote di Isaac HaLevi Herzog, Gran rabbino ashkenazita di Gerusalemme, prima in Palestina e poi, dopo la fondazione, nel nuovo Stato. Proprio lui, il nonno del ministro, il 9 ottobre 1958, al momento della morte di Pio XII, dichiarò pubblicamente il suo cordoglio con le seguenti parole: «La morte di Pio XII è una grave perdita per tutto il mondo libero. I cattolici non sono i soli a deplorarne il decesso». Mentre in quelle stesse ore, dagli Stati Uniti dov’era in visita, l’allora ministro degli Esteri Golda Meir dichiarava: «Quando il martirio più spaventoso ha colpito il nostro popolo, durante i dieci anni del terrore nazista, la voce del Pontefice si è levata in favore delle vittime... Noi piangiamo la perdita di un grande servitore della pace».
Ora, il nipote ministro smentisce l’autorevole nonno e altri tra i padri dello Stato d’Israele, con toni da battaglia che rischiano di creare un incidente diplomatico. La sortita appare infatti come una vera e propria pressione nei confronti della Chiesa cattolica. La scorsa settimana, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, aveva detto: «In questa situazione non è opportuno cercare di esercitare pressioni sul Papa in un senso o nell’altro».
Di «ingerenza» parla il postulatore della causa di beatificazione, il gesuita Paolo Molinari, il quale parla di tentativi «di sovvertire la Storia» e ricorda che i processi di canonizzazione sono «un affare interno» della Chiesa cattolica. «Stupisce – ha dichiarato Molinari - che un ministro dello Stato di Israele faccia un intervento con cui si ingerisce in un affare che, per sua natura, è un affare interno alla Chiesa cattolica». Il postulatore si dice altrettanto stupito per l’affermazione di Herzog secondo la quale non vi sarebbe «alcuna testimonianza» di passi concreti fatti da Pio XII in difesa degli ebrei, ricordando come il ministro sia smentito da prove e citazioni di segno contrario, tra cui le molte affermazioni di autorevoli esponenti del mondo ebraico. «Il ministro Herzog abbia la correttezza - ha aggiunto il postulatore – di andarsi a leggere ciò che dicevano le autorità israeliane dopo la guerra e al momento della morte di Papa Pacelli».
Padre Molinari spiega infine di essere in possesso di molti documenti, tali da non lasciare più dubbi sul ruolo positivo giocato da Pio XII durante il periodo delle persecuzioni naziste contro gli ebrei, di fronte ai quali la targa che lo denigra, posta nel museo dello Yad Vashem di Gerusalemme, si conferma come una «dichiarata falsità», criticata dal grande storico inglese di origini ebraiche sir Martin Gilbert, «che si è recato appositamente, a suo tempo, in Israele per chiederne la rimozione».

L'editoriale di Renato Farina, dal GIORNALE

Cari fratelli maggiori d’Israele, non facciamoci del male. Non capite che attaccando la Santa Sede provocate il giubilo degli antisemiti, e indebolite un’alleanza formidabile tra il Papato e Israele? Il tutto poi aderendo a una menzogna che le recenti ricerche storiche negli archivi del Vaticano e in quelli dell’Unione Sovietica documentano orchestrata da Mosca per vendicarsi di un Papa (...)

(...) anticomunista e condizionare con il ricatto la Chiesa cattolica. Prima, i fatti di ieri. Un ministro di Gerusalemme, Isaac Herzog, ha lanciato un anatema biblico contro Pio XII: non va fatto santo. «Sapeva e ha taciuto. Forse ha fatto anche quqlcosa di peggio». Un’allusione pesantissima, il cui significato si capisce visitando il memoriale dell’Olocausto a Gerusalemme, lo Yad Vashem. C’è una fotografia di Papa Pacelli accanto a quella di Hitler, e si sostiene che il Pontefice, oltre a tacere e ad acconsentire al genocidio ebraico, avrebbe aiutato i gerarchi nazisti a fuggire in Argentina.

A tutto questo, il cardinale Montezemolo, responsabile dei rapporti tra Chiesa cattolica e ebrei, ha replicato per le rime: «Ci annoiate, non potete condizionare le scelte del Papa, è un’interferenza inaccettabile. Fare i santi è un affare interno della Chiesa». Wojtyla ieri e oggi Ratzinger hanno voluto tenere insieme rapporti saldi e positivi con Israele senza però rinunciare alla valorizzazione di Pio XII, che essi sostengono non solo incolpevole ma addirittura eroico nel difendere gli ebrei a rischio della sua stessa vita. Fino agli anni ’60 anche questa era la certezza di tutti gli ebrei. Le testimonianze sono innumerevoli.

Qualcuno sa che l’Unione delle comuntà ebraiche italiane nel ’55 istituì per il 17 aprile la giornata del ringraziamento verso la Chiesa cattolica e Pio XII per l’aiuto agli ebrei durante la persecuzuione nazista? Quell’anno l’orchestra filarmonica di Israele tenne a Roma un concerto di ringraziamento a Pio XII per quanto fatto per il popolo della Bibbia. Suonarono la Settima di Beethoven. Ma ancora nel 1985 ci sono testimonianze di stima immensa verso Papa Pacelli. Il cardinale Pietro Palazzini fu insignito a Gerusalemme del titolo di Giusto di Israele in quanto vice rettore del seminario romano alle dirette dipendenze del Papa. E dichiarò: «L’onorificenza la intendo conferita a Pio XII, cui mi limitai ad obbedire: fu lui a ordinare di soccorrere i nostri fratelli ebrei». E allora perché? Di recente c’è stato un convegno a Roma, con la partecipazione anche di ebrei americani. È stato documentato, con la testimonianza di un colonnello del Kgb, che nel 1960 fu ordinato da Chruscev di ordire finte prove di un colpevole silenzio acquiescente del Papa. Questa bomba comunista a orologeria ci sta scoppiando tra i piedi, adesso che in Russia il comunismo non c’è più continua a far danni gravissimi. L’alleanza tra Papato e Israele è ciò contro cui puntano i dittatori di tutto il mondo. Libertà religiosa e politica, diritti umani, oltre che lo stesso Dio della Bibbia tengono unito l’Occidfente che resiste alla sua frantumazione. Bin Laden e la Jihad islamica non a caso nominano insieme «i crociati e i sionisti». Non ha alcun senso far ballare di gioia il comune nemico fondamentalista.

È dura però. Ci sono forze che seminano gramigna e la innaffiano continuamente sia in seno alla comunità ebraica sia nella Chiesa. Sono sicuro ora in una parola risolutiva ed efficace di Papa Ratzinger. Che troverà certo ascolto in molti ebrei illuminati e che non si lasciano fregare dai pregiudizi e dai falsari comunisti.

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