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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Corriere della Sera - L'Opinione Rassegna Stampa
22.07.2008 Soldato israeliano arrestato per aver sparato un proiettile di gomma contro un manifestante palestinese ammanettato
la cronaca di Davide Frattini e il commento di Michael Sfaradi

Testata:Corriere della Sera - L'Opinione
Autore: Davide Frattini - Michael Sfaradi
Titolo: «Israele, una ragazzina e una videocamera piegano l'esercito - Israele, soldati violenti subito processati»
Dal CORRIERE della SERA del 22 luglio 2008, la cronaca di Davide Frattini:

GERUSALEMME — L'intifada delle videocamere è fatta di ragazzine che filmano dalla finestra di casa. Di pastori che vivono nelle caverne e usano la tecnologia digitale per documentare le violenze dei coloni. Di un'organizzazione israeliana che ha scelto di «armare» i palestinesi: un obiettivo e un corso veloce per imparare almeno a mettere a fuoco. B'Tselem ha distribuito le telecamere e adesso raccoglie le video-testimonianze, che arrivano dai villaggi in Cisgiordania. L'ultimo è stato girato a Naalin, dove ogni settimana palestinesi e dimostranti della sinistra radicale israeliana (gli Anarchici contro il muro) si confrontano con l'esercito a lanci di pietre, per fermare la costruzione della barriera di sicurezza. I soldati rispondono con lacrimogeni e proiettili ricoperti di gomma.
Il filmato, del 7 luglio, mostra un manifestante arabo che viene portato verso una jeep militare, ammanettato e bendato. Un soldato carica il fucile e gli spara una pallottola di gomma in un piede, mentre un ufficiale lo tiene fermo. La sequenza — ripresa da una ragazza di 14 anni — si ferma. Riprende con il palestinese a terra e un medico che lo controlla. «La protesta era pacifica — racconta Ashraf Abu Rahma, 27 anni —. Sono stato arrestato, la mia carta d'identità confiscata.
Il soldato ha cominciato a gridarmi: ti colpisco con una pallottola di gomma. Ho urlato: perché mi vuoi sparare? Ho sentito il proiettile centrare l'alluce sinistro». E' stato rimandato a casa, «con una ferita molto lieve, un gonfiore», dice il portavoce delle forze armate.
Il militare è stato arrestato e interrogato. Ha raccontato di aver ricevuto l'ordine di sparare dal comandante. Che nega e spiega di aver solo chiesto di agitare il fucile per spaventare il giovane arrestato. «L'incidente è grave proprio per la presenza di un tenente colonnello», commenta Sarit Michaeli, portavoce di B'Tselem. «L'esercito indagherà, imparerà la lezione e perseguirà i responsabili. I guerrieri non si comportano in questo modo», attacca Ehud Barak, ministro della Difesa e il soldato più decorato della storia d'Israele.
«Ci sono migliaia di situazioni in cui l'esercito è costretto a condurre azioni dure e riprovevoli — scrive Ben-Dror Yemini, capo della pagina degli editoriali su
Maariv e opinionista di destra —. Proprio per questa ragione dobbiamo chiarire che il caso di Naalin indebolisce Israele e danneggia una guerra giustificata contro il terrorismo. I militari hanno commesso un attentato morale contro tutti noi». Conclude: «È meglio vivere in una nazione dove esiste B'Tselem, un Paese che condanna un suo soldato».
In giugno, una famiglia di pastori palestinesi aveva filmato l'attacco di un gruppo di coloni. Dietro la videocamera, c'era Numa Nawajaa (nella foto piccola). L'organizzazione israeliana per i diritti umani ha distribuito quindici telecamere ai membri del clan, che vivono nel deserto a sud di Hebron, sparpagliati tra tende e grotte. Ogni macchina da presa deve servire per quindici famiglie. Numa non ne aveva mai toccata una.

Da L'OPINIONE. il commento di Michael Sfaradi:

La forza della democrazia non è solo nel saper riconoscere i propri errori, ma soprattutto nell’affrontarli, risolverli e correggerli alla luce del sole. Democrazia non è sinonimo di perfezione e ogni essere umano che ha la fortuna di vivere in democrazia sa quanto la perfezione sia lontana dall’essere raggiunta, ma questo non toglie nulla al fatto che parliamo del miglior regime politico e sociale che l’umanità sia riuscita ad inventare. Un regime dove la persona è cittadino e non suddito, dove ha il diritto di lamentarsi delle ingiustizie che crede di aver subito senza correre rischi per la sua incolumità, un regime dove, nel limite del possibile, c’è la certezza di giustizia e della pena. Durante una manifestazione contro la costruzione del muro di sicurezza, un manifestante palestinese che era stato arrestato ed ammanettato, è stato oggetto di una violenza da parte di alcuni militari israeliani che gli hanno sparato ad una gamba un proiettile di gomma da distanza ravvicinata. Sappiamo che la notizia, se venisse confermata, sarà usata e riusata, fino alla noia, dai detrattori di Israele, ma sappiamo anche che il caso, per quanto grave, inutile e dannoso, è l’iniziativa di alcuni soldati indisciplinati che hanno agito al di fuori delle regole che sono state loro insegnate durante l’addestramento. La misura della democrazia israeliana è data anche dalla velocità con cui si sta agendo nei confronti dei presunti responsabili; la magistratura militare, infatti, ha già avviato le procedure di indagine e chi ha sbagliato dovrà rendere conto davanti alla giustizia del suo operato. Giustizia sarà data a chi ha subito un sopruso, anche se questo qualcuno agisce da nemico. Anche se c’è la certezza (e la storia ce lo insegna), che, a parti alternate, chi ha sparato, anziché finire sotto processo, sarebbe stato osannato come un eroe.

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