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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa-Il Manifesto-La Repubblica Rassegna Stampa
15.06.2008 Ahmadinejad va avanti. Verrà fermato ?
Cronache e commenti

Testata:La Stampa-Il Manifesto-La Repubblica
Autore: Maurizio Molinari-Michelangelo Cocco-Renzo Guolo
Titolo: «Bush attacca Teheran, vi state isolando-Colpiranno gli Ayatollah senza prove-Il rifiuto preventivo di un leader in difficoltà»

Bush incontra Sarkozy a Parigi, Ahmadinejad respinge le offerte di Solana, si discute della minaccia atomica iraniana, ma anche di Siria e Hamas. Cronache e commenti, oggi 15/06/2008, dalla STAMPA con Maurizio Molinari da Parigi, dal MANIFESTO con Michelangelo Cocco, da REPUBBLICA con Renzo Guolo.

 Nel servizio di Molinari la cronaca puntuale di quanto si è detto e commentato a Parigi. Nella sostanza che è inaccettabile l'atomica iraniana. Sul GIORNALE, Maria Giovanna Maglie arriva ad ipotizzare la rottura dei rapporti fra Italia e Iran. Una tesi interessante che non riportiamo perchè non inclusa nella rassegna internet del quotidiano milanese. Dopo l'articolo di Molinari, l'analisi del quotidiano comunista. Segue Renzo Guolo su REPUBBLICA.

LA STAMPA-Maurizio Molinari,pag.4, " Bush attacca Teheran, vi state isolando".

La missione di Javier Solana a Teheran inizia in salita e George W. Bush reagisce dall’Eliseo con un monito: «Vi state isolando».
L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue è arrivato nella Repubblica islamica per presentare il pacchetto di incentivi economici «rinfrescati» che punta a convincere Teheran a sospendere l’arricchimento dell’uranio, come chiesto da tre risoluzioni dell’Onu. Fra le novità esposte al ministro degli Esteri iraniano, Manucher Mottaki, c’è l’offerta di «costruire centrali ad acqua leggera» per «consentire all’Iran di sviluppare un moderno programma nucleare usando la tecnologia a fini pacifici». Il combustibile per questi impianti verrebbe garantito dalla comunità internazionale - come proposto dalla Russia due anni fa - che si assumerebbe anche la responsabilità di «cooperare allo smaltimento delle scorie». Le proposte che Solana ha fatto a nome del gruppo 5+1 (i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la Germania) puntano ad aprire subito un negoziato su questo «programma civile» chiedendo in cambio all’Iran di sospendere l’arricchimento dell’uranio «durante le trattative» ovvero di riportare le lancette della crisi alla scelta che aveva fatto Mohammed Khatami, predecessore dell’attuale presidente Mahmud Ahmadinejad.
La reazione di Teheran è stata da subito negativa. Gholamhossein Elham, portavoce del governo, si è affrettato a dire che l’«arricchimento non sarà sospeso» quando l’incontro Solana-Mottaki era appena iniziato e in serata lo stesso ministro degli Esteri ha rovesciato i termini del negoziato dicendo: «Abbiamo da tempo presentato delle proposte al gruppo 5+1 su come risolvere i problemi mondiali, solo quando avremo le risposte daremo la nostra risposta all’offerta di Solana». L’inviato dell’Ue assicura che «la formale replica di Teheran ai nuovi incentivi arriverà presto» ma il teso inizio della missione non induce all’ottimismo.
George W. Bush ha discusso le notizie in arrivo dall’Iran all’Eliseo durante il colloquio con il presidente francese Nicolas Sarkozy. Al termine i due alleati hanno parlato all’unisono. «Sono deluso del fatto che i leader iraniani abbiamo rifiutato la generosa offerta» ha detto Bush, sottolineando il proprio «sostegno» al «nucleare civile iraniano» e ricordando come il pacchetto-Solana si basi sulle «idee avanzate da Vladimir Putin». «Il rifiuto di Teheran - ha sottolineato Bush - ci dice che i leader vogliono isolarsi sempre di più mentre noi desideriamo che il popolo iraniano fiorisca, abbia un’economia forte e di sviluppi in pace». Il no all’arricchimento resta netto: «Hanno mentito in passato sul nucleare non rivelando i programmi all’Agenzia atomica dell’Onu, è per questo che non possiamo credergli» sulla produzione del combustibile nucleare utile a confezionare una possibile bomba.
Sarkozy calca toni e termini: «Un Iran con l’atomica è totalmente inaccettabile, tutti hanno diritto al nucleare civile e li aiuteremo se agiranno in buona fede, altrimenti non c’è alternativa alle sanzioni». Anche Sarkozy cita a più riprese Putin - come aveva fatto Silvio Berlusconi a Villa Madama con Bush - a conferma che la strategia Usa-Ue è di consolidare la cooperazione sull’Iran con il nuovo leader russo, Dmitri Medvedev, in vista del summit del G8 in Giappone. L’altro tassello dell’assedio all’Iran a cui Bush e Sarkozy lavorano è la Siria di Bashar Assad, puntando a staccarla da Teheran. «Damasco deve smarcarsi dal desiderio iraniano di avere l’atomica, se ciò avverrà aiuterà i nostri rapporti» dice Sarkozy. Bush è sulla stessa linea: «Se Assad vuole normalizzare le relazioni con l’Occidente deve cessare di andare a braccetto con gli iraniani, chiarire a Teheran che deve bloccare l’arricchimento, smettere di ospitare i terroristi e diventare una forza costruttiva in Medio Oriente, facendo capire a Hamas che deve finire gli attacchi».

IL MANIFESTO- Michelangelo Cocco-pag.9- " Colpiranno gli Ayatollah senza prove". Il quotidiano comunista, la cui testata potrebbe essere " La voce di Ahmadinejad", sposa la tessi-da sempre- dell'escalation occidentale. Il pericolo non è la bomba atomica nelle mani di un novello Hitler, ma in chi cerca di impedirglielo.

Parla l'ex ispettore dell'Onu Scott Ritter: Stati uniti e Israele stanno fabbricando un pretesto per cambiare regime a Tehran, proprio come hanno fatto a Baghdad. E le Nazioni Unite non fanno altro che rendersi complici di questa escalation
Michelangelo Cocco
Ex ispettore delle Nazioni Unite in Iraq (dal 1991 al 1998), William Scott Ritter è diventato molto critico dell'Amministrazione statunitense da quando nel 2003 rivelò che, al momento dell'invasione anglo-americana della Mesopotamia, Saddam non possedeva armi di distruzione di massa. Nel suo ultimo libro pubblicato in Italia - «Obiettivo Iran» (Fazi editore) - Scott Ritter sostiene che per l'Iran l'Amministrazione Bush stia mettendo in scena lo stesso copione utilizzato per giustificare il cambio di regime a Baghdad: costruire la «minaccia iraniana» pur non avendo prove che Tehran stia provando ad acquisire l'atomica. Ne abbiamo discusso con l'autore, che ha risposto alle domande del manifesto al telefono dagli Stati Uniti.
Nel suo rapporto del 26 maggio l'Aiea parla di ricerche per acquisire testate nucleari e chiede a Tehran maggiori informazioni sui suoi missili. Le posizioni dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica si stanno irrigidendo?
L'Aiea è un organismo politico. Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Europea sono frustrati perché non sono riusciti a ottenere da Tehran l'applicazione delle risoluzioni delle Nazioni unite che le chiedono l'immediata sospensione dell'arricchimento dell'uranio. Questa frustrazione è evidente nell'ultimo rapporto dell'Agenzia. Si tratta tuttavia di un documento che non contiene alcun fatto in grado di contraddire le precedenti rilevazioni, secondo le quali il programma nucleare iraniano sembra essere esclusivamente per usi civili, pacifici. Per questo lo giudico un rapporto politico, perché le «preoccupazioni» sottolineate dal rapporto sono derivate esclusivamente dall'intelligence statunitense. Il ruolo dell'Aiea e dei suoi ispettori in Iran è quello di accertare se la Repubblica islamica rispetta il «Safeguard agreement» sul Trattato di non proliferazione nucleare. L'Iran rifiuta di rispondere a domande che esulano dall'ambito di competenza di questo trattato, specialmente quando provengono da un servizio segreto apertamente ostile al regime iraniano. Sono sicuro che questo rapporto non sia stato preparato esclusivamente dal Consiglio dei governatori e che su quest'ultimo siano state effettuate forti pressioni da parte degli Stati Uniti.
Nel suo libro parla di un «partito della guerra» pronto ad attaccare l'Iran. Da chi sarebbe formato?
Dal circolo di pensatori neo conservatori che domina l'Amministrazione e soprattutto la formulazione delle sue politiche per la sicurezza nazionale. Gente come John Bolton, Paul Wolfowitz sono ormai fuori dal governo, ma le persone più influenti, come il vice presidente Dick Cheney, sono sempre lì. Io descrivo però un «partito» che va al di là dell'Amministrazione: un insieme di individui e organizzazioni - tra cui tanti «intellettuali» che intervengono sui media - uniti da un'ideologia che è la trasformazione radicale del Medio Oriente da perseguire, in questo caso, attraverso il cambiamento di regime in Iran.
L'Occidente ha qualche prova che Tehran stia fabbricando armi nucleari?
Se l'avesse avuta, l'avrebbero già resa pubblica. La campagna che sta montando contro l'Iran non è fatta di prove ma di speculazioni. Israele e gli Stati Uniti strillano: potrebbero avere un programma per le armi nucleari. Poi, dopo che gli ispettori dell'Aiea rientrano e li smentiscono, dicono che ciò rappresenta la prova che l'Iran sta nascondendo quel progetto. Creano la sensazione che qualcosa esista, mentre non ne hanno alcuna prova. Si sta ricalcando esattamente lo stesso copione recitato con Saddam Hussein alla fine degli anni '90.
Ma sull'Iraq il trucco è stato smascherato: tutti sanno che all'Onu furono portate prove false.
Non direi, forse che il governo italiano ha detto formalmente ai suoi cittadini: l'Amministrazione Usa ha mentito per giustificare la guerra contro Saddam? Forse che l'ha fatto l'Unione europea? Se ne è parlato solo sui media. E guardiamo cosa sta succedendo ora: forse che i governi di Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia, hanno il coraggio di dire: «Cari Stati Uniti, avete già mentito sull'Iraq, questa volta abbiamo bisogno di prove solide.»? Al contrario l'Europa continua a basarsi sull'idea che l'Iran intenda fare cose malvagie col suo programma nucleare. C'è stata più opposizione prima della guerra in Iraq di quanta ce ne sia ora durante la costruzione della campagna contro l'Iran.
Sempre nel suo libro parla di una «crisi creata in Israele». Cosa intende?
Israele ha determinato che l'Iran e il suo programma nucleare rappresentano una minaccia. Gli israeliani dicono chiaramente che non la bomba atomica, ma il semplice arricchimento dell'uranio da parte di Tehran rappresenta per loro una linea rossa di cui non possono ammettere il superamento. Nonostante sia permesso dal Trattato di non proliferazione nucleare di cui l'Iran è firmatario. E Israele fa continuamente pressione sugli Stati Uniti affinché agiscano in maniera decisa contro l'Iran. Si tratta di una crisi inventata in Israele. Se oggi Israele dicesse: «Ok a noi non importa l'arricchimento dell'uranio da parte dell'Iran», crede che al resto del mondo importerebbe qualcosa? No, perché il resto del mondo è sufficientemente maturo per affrontare l'Iran e il suo arricchimento dell'uranio. Una crisi creata in Israele che si fa sempre più drammatica, al punto che qualche giorno fa il vicepremier israeliano Mofaz ha definito «inevitabile» l'attacco.
Lei crede che gli Usa attaccheranno?
Sì, anche se è l'ultima cosa che vorrei vedere. Sappiamo che il Pentagono sta facendo pressioni per fermare la corsa verso la guerra della Casa Bianca. Ma il ministero della difesa risponde alla presidenza, attorno alla quale c'è sempre un gruppo di ideologi che vuole trasformare il Medio Oriente. E con la prospettiva dell'arrivo di un presidente democratico che la vede in maniera diversa, uno dei modi per assicurarsi che il nuovo inquilino della Casa Bianca non cambi radicalmente le cose, è far sì che quando arriva trovi già la relazione Usa-Iran ridefinita. Bombardando Tehran.

LA REPUBBLICA-Renzo Guolo-pag. 1- "Il rifiuto preventivo di un leader in difficoltà"

A leggere le analisi di Renzo Guolo, si arriva alla fine sempre con un: embè ? Anche oggi viviseziona la classe politica e religiosa iraniana con una asetticità chirurgica che mal si addice di fronte al reale pericolo per il mondo intero rappresentato dalla ormai sicura acquisizione dell'arma atomica. Che tutto parta dalla presa del potere di Khomeini e che gli attori odierni non siano altro che delle controfigure del defunto mullah, Guolo pare non avvertirlo. Si spacchi pure il capello in quattro, ma la realtà è un'altra, e non c'è nell'analisi di Guolo. La critica di un sistema politico che ha prodotto Ahmadenejad. La bomba nucleare resta il pericolo da evitare, sia che cada nelle mani del novello Hitler o di qualcun altro. Chissà se Guolo ci dirà in un prossimo articolo qual'è il modo più certo per evitarlo. Ecco l'articolo:

A TEHERAN Solana riceve un rifiuto preventivo alla proposta del «5+1» sul nucleare, basata sull´offerta di incentivi in cambio dello stop all´arricchimento dell´uranio. Si tratta di una versione aggiornata di un pacchetto che l´Iran aveva già bocciato nel 2006, e che prevede la sospensione da tre a sei mesi del programma: tempo da usare per riavviare le trattative. La soluzione definitiva prevede la costituzione di un consorzio internazionale che dovrebbe arricchire in Russia l´uranio necessario ad alimentare, per uso civile, le centrali iraniane.
Se il no fosse confermato, sono in arrivo entro l´estate nuove e più dure sanzioni, che questa volta toccherebbero seriamente anche gli interessi di Germania e Italia, principali partner commerciali europei dell´Iran. A meno che un Bush a fine mandato non scelga davvero l´opzione armata: da solo o con gli israeliani. Nei giorni scorsi Ahmadinejad ha irriso il presidente americano che, a suo avviso, voleva la guerra ma è stato fermato dai suoi generali e ora, senza alcuna speranza, vorrebbe tornare sui suoi passi. L´ex-pasdaran dipinge l´America come nuova "tigre di carta" che non colpirà l´Iran.
Sebbene nel gruppo dirigente iraniano l´ultima parola, anche sul terreno nucleare, spetti a Khemenei, Ahmadinejad enfatizza il suo atteggiamento antiamericano e antisraeliano. La scelta non sorprende: è un leader in difficoltà. Le recenti elezioni parlamentari hanno penalizzato la fazione di cui il presidente è leader. Il successo politico, se non nei numeri, è andato ai "conservatori critici" che fanno riferimento all´ex - negoziatore nucleare Larijani, ora diventato presidente del parlamento, e al sindaco di Teheran, Qalibaf. A Qom, luogo santo e sede dei più importanti seminari teologici dell´islam sciita, Larijani, figlio di un noto ayatollah, è stato plebiscitato. Un segnale eloquente, lanciato dai settori ostili al progetto del "khomeinismo senza clero" sostenuto dai radicali, anima ideologica del " partito dei militari". Formato da pasdaran, basiji, veterani di guerra che si sentono custodi in armi della rivoluzione, il "partito dei militari", del quale Ahmadinejad è solo la punta della lancia, mira a egemonizzare il regime, lasciando al clero il ruolo di custode dei valori della tradizione sciita rivisitati in chiave attivistica. Da tempo gli "elmetti" non riconosco più ai "turbanti", accusati di aver dimenticato la purezza degli ideali originari, la legittimità esclusiva a governare. A loro volta i "turbanti" sono decisi a sbarrare la strada a un progetto che li emarginerebbe. Nella fazione conservatrice, in cui il clero si riconosce in maggioranza, molti ritengono che, privilegiando la rivoluzione sulla nazione, Ahmadinejad possa mettere in discussione la stessa sopravvivenza della Repubblica Islamica. Il nucleare è ritenuto diritto irrinunciabile ma i più temono che con i suoi attacchi a Stati Uniti e Israele il presidente possa prestare il fianco a quanti vogliano arrestare il programma con ogni mezzo prima che vi sia un nuovo inquilino alla Casa Bianca.
Il parlamento è diventato così il luogo in cui le fazioni ostili al presidente preparano l´imbavagliamento del presidente. Larijani, che dispone ora di un ottimo trampolino di lancio per sfidare Ahmadinejad alle presidenziali del prossimo anno, ha già detto che intende esercitare la sua influenza in tutti i settori, compreso quello del negoziato nucleare. Altro potenziale avversario è Qalibaf capofila, insieme all´ex-comandante dei Pasdaran Rezai, del gruppo che si presenta come una sorta di "terza via" tra radicali e conservatori. Ostili al presidente sono anche i pragmatici di Rafsanjani e dei riformisti centristi orfani di Khatami. Queste variegate forze intendono fare del Majlès, spesso ignorato da Ahmadinejad nella precedente legislatura, la sede della battaglia contro gli "eccessi" presidenziali. Non è casuale che appena insediati i deputati abbiano chiesto una " stretta cooperazione" tra governo e parlamento. Formula che evoca qualcosa di più di una normale dialettica istituzionale.
Con l´ascesa di Lariani al più alto scranno parlamentare e Rafsanjani alla guida dell´Assemblea degli Esperti, l´organo che dovrà scegliere, quando sarà tempo, la nuova Guida, Ahmadinejad vede insediati in posti chiave della Repubblica Islamica temibili avversari. Per sfuggire a questo accerchiamento istituzionale può contare, per ora, sull´appoggio di Khamenei, il cui sostegno, però, non è mai garantito definitivamente. Khamenei interpreta il principio del velayat-e faqih in senso eminentemente politico e per mantenere la propria centralità ha scelto, di volta in volta, di rafforzare questa o quella fazione conservatrice. In questa versione in salsa iraniana della politica dei "due forni" Khamenei ha appoggiato Ahmadinejad contro Rafsanjani nella corsa per la presidenza della Repubblica; ha permesso, evitando di presentare candidati a lui vicini, che quest´ultimo diventasse leader dell´Assemblea degli Esperti a scapito dell´ayatollah Mesbah-Yazdi, il mentore spirituale del presidente; ha impedito, attraverso l´epurazione dei candidati operata dal Consiglio dei Guardiani, che l´asse tra riformisti centristi e pragmatici pesasse troppo in parlamento; ha dato via libera a Larijani e alle sue ambizioni presidenziali. Una continua ricerca di equilibrio tra fazioni che punta a indebolire i suoi rivali di turno.
In crisi di consenso per le prove offerte dal suo governo, Ahmadinejad sa che se la situazione lo esigesse Khamenei lo lascerebbe a sé stesso: spostare il tiro sul fronte internazionale allontana la resa dei conti. Più crescono le tensioni esterne, più facile diventa invocare l´unità interna. Almeno fino a quando le altre fazioni coalizzate non riusciranno a convincere a Khamenei che il rischio per il sistema è troppo grande e forse un radicalismo senza radicali, ipotesi che ha sempre affascinato la Guida, non sarebbe poi un danno.

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