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Corriere della Sera - La Stampa - L'Unità - Il Messaggero - La Repubblica - Libero - Il Giornale - Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
29.04.2008 Su Ha'aretz accuse all'Unifil: copre le attività di Hezbollah
quotidiani a confronto

Testata:Corriere della Sera - La Stampa - L'Unità - Il Messaggero - La Repubblica - Libero - Il Giornale - Il Sole 24 Ore
Autore: Marco Nese - Lorenzo Trombetta - Umberto De Giovannangeli - S.M.- Giampaolo Cadalanu - Gianandrea Gaiani - Gian Micalessin - Ugo Tramballi
Titolo: ««Libano, caschi blu conniventi con Hezbollah» - Israele accusa i caschi blu italiani - Libano, su Hezbollah è scontro tra Israele e Unifil - Israele accusa l'Unifil - La difesa del generale Graziano - Israele accusa l'Onu: sta con Hezbollah»

sraele: "Il generale italiano copre Hezbollah" - Unifil copre Hezbollah

La maggior parte dei quotidiani italiani che riportano le accuse pubblicate dal quotidiano israeliano Ha'aretz al comando italiano di Unifil 2, adottano una linea difensiva nei confronti del generale Graziano, che è al vertice della missione Onu.
Sul CORRIERE della SERA , ad esempio, Marco Nese sostiene  che nessuno meglio di Graziano può dire se le attuali regole d'ingaggio di Unifil sono "soddisfacenti". Una tesi sorprendente, dato che è un compito politico, non tecnico, definire gli obiettivi di una missione militare. L'adeguatezza delle regole d'ingaggio varia evidentemente in funzione di questi obiettivi.
Quelle attuali appaiono adeguate all'obiettivo di permettere il riarmo di Hezbollah, nel corso di un periodo di relativa calma.
Ecco il testo completo:

Da Israele volano accuse pesanti contro il comandante della missione Unifil-2, il generale italiano Claudio Graziano. Mentre da Bruxelles Franco Frattini, che sarà ministro degli Esteri, rilancia l'ipotesi di rivedere le regole d'ingaggio. Ce n'è abbastanza perché il Libano torni a essere un fronte caldo.
Secondo il giornale Haaretz,
ai militanti della fazione Hezbollah viene permesso di violare la risoluzione 1701 dell'Onu che proibisce il trasporto di armi nella zona Sud, oltre il fiume Litani. Il generale Graziano avrebbe chiuso un occhio «in almeno quattro occasioni », evitando di riferire al Consiglio di sicurezza dell'Onu che elementi armati si erano infiltrati nell'area Sud.
Il quotidiano, che attribuisce le accuse a «fonti autorevoli di Gerusalemme», rimprovera al generale italiano di «nascondere intenzionalmente informazioni», riportare «mezze verità» e interpretare in modo «troppo blando la sua missione» al solo scopo di «evitare un conflitto con gli Hezbollah».
Il generale Graziano replica che «è tutto falso». Ed è già la seconda volta che Haaretz «riferisce i fatti in maniera scorretta ». La prima riguarda un episodio avvenuto la notte fra il 30 e il 31 marzo, quando una pattuglia di Unifil intercettò un gruppo di uomini armati a bordo di un pickup. I militari li affrontarono e li misero in fuga. Mentre il giornale israeliano «ha scritto che, invece di fronteggiarli, i soldati Onu avevano abbandonato il loro posto». Una versione «inaccurata» di fronte alla quale il generale Graziano non se l'era presa più di tanto. Ora però gli vengono addebitate colpe dirette, viene messa in dubbio la sua correttezza. Una vera e propria aggressione personale, alla quale lui ribatte che «le accuse sono prive di fondamento e totalmente inaccettabili». Ribadisce che «ogni episodio viene riferito in modo dettagliato all'Onu» e nega che i capi militari israeliani possano «essere molto arrabbiati» con lui, perché «i nostri rapporti sono eccellenti». Ad ogni modo, il generale è abituato agli attacchi della stampa. «Ora arrivano da Gerusalemme, qualche settimana fa furono i giornali di Beirut a lamentarsi esattamente dell'opposto, e cioè che l'Unifil favoriva gli israeliani».
Ma il comandante della missione non deve guardarsi solo dai giornali, deve vedersela anche con i politici.
Prima intervenne l'ex ministro della Difesa Antonio Martino, reclamando il ritiro delle truppe italiane dal Libano. Poi si fece sentire Silvio Berlusconi esprimendo l'intenzione di «esaminare le regole d'ingaggio dei nostri soldati in Libano». Ora torna sull'argomento il futuro ministro degli Esteri Franco Frattini, il quale ritiene «urgente riflettere sulle regole d'ingaggio delle truppe italiane in Libano, discutendone con i comandi militari, per capire se quelle attuali sono soddisfacenti ». Nessuno può dirlo meglio del generale Graziano. La sua valutazione è che «quello italiano è solo uno dei 26 contingenti militari sul campo» e che «le regole d'ingaggio sono del tutto coerenti con il mandato dell'Onu che prevede il mantenimento della pace e non l'imposizione della pace».
Spiega poi che la risoluzione 1701, che mise fine al conflitto fra Libano e Israele nell'agosto di due anni fa, «si basa sul consenso delle parti, e il gruppo Hezbollah rappresenta una delle parti che hanno approvato la risoluzione. Hezbollah ha ricevuto una patente di legalità dallo stesso governo libanese di Siniora». In altre parole, è assurdo parlare di un eventuale disarmo di Hezbollah da parte delle truppe di Unifil-2. Il ruolo dei soldati Onu è «impedire che dall'area Sud partano missili diretti contro Israele, oltre a rastrellare l'intero territorio alla ricerca di armi per ripulire tutta la fascia a Sud del fiume Litani».
Il ministro della Difesa uscente, Arturo Parisi, ha espresso «piena fiducia a Graziano: «A capo della missione Unifil — ha detto Parisi - il generale Graziano «sta dimostrando di interpretare al meglio il mandato ricevuto dalle Nazioni Unite».

Focalizzato sulle repliche dell'Unifil alle accuse di Ha'aretz è l'articolo di Lorenzo Trombetta pubblicato da La STAMPA.
E' degno di nota che il quotidiano di sinistra Ha'aretz, citato come fonte indicutibile quando i suo articoli servono ad attacare Israele, diventi subito poco affidabile quando a essere messa sotto accusa è la politica di appeasement con il terrorismo dell'Onu e del governo italiano che ha voluto Unifil 2

Il medesimo taglio si riscontra nell'articolo di Umberto De Giovannangeli pubblicato da L' UNITA' e in quello firmato S.M. sul MESSAGGERO.

La cronaca di Fabio Scuto su REPUBBLICA è neutrale. Il quotidiano dedica comunque ampio spazio all'autodifesa di Graziano, intervistato da Giampaolo Cadalanu.
La "smentita" sull'incidente di marzo nel quale l'Unifil è stata bloccata da uomini armati di Hezbollah mentre seguiva un probabile carico d'armi, è di fatto una conferma.

«La pattuglia Unifil è stata accusata di aver lasciato il terreno, ma non è così. La dinamica dell´incidente è stata questa: due nostri mezzi militari hanno incrociato un camion "sospetto" che andava in direzione opposta. Hanno fatto inversione di marcia, ma prima che potessero raggiungere il camion due automobili civili si sono messe di traverso e ne sono scesi uomini armati. I caschi blu hanno immediatamente preso posizione e subito gli uomini armati sono scappati. In tutto la pattuglia di Unifil è stata ferma tre minuti. Le regole d´ingaggio prevedono che sia il responsabile del plotone, o della pattuglia, a decidere quale azione appare più adeguata».
Ma la pattuglia non è riuscita a inseguire questi armati?
«Ogni tentativo di rintracciare le auto e il camion, sia nostro che delle forze armate libanesi, è stato infruttuoso».
Il giornale israeliano parla di un rapporto superficiale, poi seguito da uno più dettagliato. Che ne dice?
«Noi abbiamo informato le parti dell´accaduto, comprese le forze israeliane, come il Consiglio di sicurezza e i libanesi. Ma le indagini non sono ancora finite».

La tesi secondo la quale non potrebbero esservi stati 4 incidenti delle stesso tipo perché il Libano  è una "zona ad altra densità mediatica" è priva di fondamento. Perché come si è visto nell'ultima guerra, la copertura mediatica dal sud del Libano è tutt'altro che bilanciata e imparziale. Le voci dei media antisraeliani prevalgono nettamente.

Da LIBERO, l'analisi militare di Gianandrea Gaiani, rende giustizia alla fondatezza delle accuse israeliani

Che Gerusalemme consideri la missione dell'Onu in Libano troppo morbida nei confronti di Hezbollah non è una novità ma negli ultimi giorni gli israeliani hanno tirato un paio di fendenti alla credibilità di Unifil e al suo comandante italiano che difficilmente resteranno senza conseguenze. Ieri il quotidiano Haaretz ha accusato il comando dei caschi blu di dissimulare intenzionalmente le violazioni della risoluzione 1701 dell'Onu da parte degli Hezbollah nascondendo al Consiglio di Sicurezza la reale entità del riarmo che i miliziani sciiti stanno attuando anche all'interno dell'area assegnata a Unifil, compresa tra il confine israeliano e il fiume Litani. «Fonti autorevoli a Gerusalemme» citate dal quotidiano hanno precisato che negli ultimi sei mesi ci sono stati almeno quattro casi in cui soldati dell'Unifil hanno identificato unità armate degli Hezbollah senza intervenire e senza riferirlo al Consiglio di Sicurezza. Il generale Claudio Graziano, alla testa dei 12.000 caschi blu, viene accusato di «blanda interpretazione della sua missione» dal momento che la Risoluzione dell'Onu prevede che nel sud del Libano non vi siano miliziani armati e che le violazioni vengano perseguite anche con l'uso delle armi. Secondo gli israeliani l'atteggiamento morbido punta a evitare di esporre i caschi blu a rappresaglie di Hezbollah o altri gruppi paramilitari vicini alla Siria, come accadde nel giugno scorso a una pattuglia del contingente spagnolo fatta esplodere da un'autobomba che provocò sei morti. La portavoce di Unifil, Yasmina Bouziane, ha replicato definendo «senza alcun fondamento e totalmente inaccettabili» le accuse mosse al generale Graziano. Una smentita dovuta ma debole che non riesce a confutare i fatti che hanno visto protagonisti i caschi blu italiani, risalenti al 31 marzo ma resi noti resi noti solo il 22 aprile sempre da Haaretz e poi confermati anche dallo stesso Graziano. Una pattuglia di otto soldati su due veicoli aveva raggiunto all'1,30 di notte un camion carico di armi quando è stata affiancata da un'auto con a bordo miliziani Hezbollah armati che hanno minacciato gli italiani i quali, invece di reagire come prevedono le regole d'ingaggio, hanno lasciato che camion e miliziani si dileguassero. Il Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, l'ha definita «una grave violazione della risoluzione 1701», anche se nella ricostruzione del generale Graziano gli Hezbollah sono divenuti «elementi armati» non meglio precisati e il camion carico di armi un «veicolo sospetto», nel rispetto del linguaggio prudente dell'Onu e del "politically correct" italico. Nonostante gli equilibrismi lessicali è evidente che episodi come questo confermano l'inutilità dei caschi blu che invece di vigilare sulle milizie sciite ne sono di fatto ostaggio. Hezbollah è del resto consapevole che nessuno dei paesi europei che compongono il grosso della forza (Italia, Francia e Spagna) è disposto a subire perdite per impedire alle milizie filo iraniane di riarmarsi. Secondo rapporti presentati al Consiglio di Sicurezza il "Par tito di Dio" ha già dispiegato nel sud del Libano 30.000 razzi katyusha ma anche radar e missili antiaerei, come confermano anonimamente a Libero anche fonti militari italiane che raccontano di continue intimidazioni ai danni delle nostre pattuglie e di come i nostri osservatori abbiano segnalato inutilmente alle autorità libanesi numerosi bunker, edifici e rifugi trasformati in armerie. Un contesto che rende impossibile anche pattugliare il confine siriano da dove entrano le armi fornite dall'Iran e che ha indotto il Pdl a ripensare il ruolo italiano in Unifil valutando l'ipotesi di chiedere all'Onu un mandato più robusto ma anche la riduzione o il ritiro delle forze italiane. Dopo le dichiarazioni in proposito di Antonio Martino, Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi, ieri il ministro degli Esteri in pectore del nuovo governo, Franco Frattini, ha affermato che le accuse israeliane verranno analizzate e si è detto «convinto che bisogna capire se le regole di ingaggio che esistono sono soddisfacenti». Sul piano militare non ha senso schierare due battaglioni (battle group) in Libano dove non possono agire come forza militare quando sarebbero molto più utili in Afghanistan per combattere i talebani. Senza dimenticare che dopo le ultime minacce di Ayman al Zawahiri anche Al Qaeda sembra voler prendere di mira Unifil costringendo il comando dei caschi blu ad aumentare le misure di sicurezza. Più che forze di pace sembrano ostaggi tenuti sotto tiro da più parti.

Corretto anche l'articolo di Gian Micalessin sul GIORNALE

Ugo Tramballi  non si discosta invece dal coro: sul SOLE 24 ORE invoca chiarezza per difendere l'"onorabilità del generale Graziano"



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