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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa - Il Giornale Rassegna Stampa
16.11.2007 Al cinema la storia di Daniel Pearl
una recensione cambia la trama del film, un'altra attacca la figura del giornalista ucciso

Testata:La Stampa - Il Giornale
Autore: Daniele Cavalla - Maurizio Cabona
Titolo: «Un cuore grande - Che «Cuore» la Jolie nel dramma di Pearl»

Un giornalista del Wall Street Journal impegnato in Pakistan scompare: la moglie Marianne parte alla sua ricerca. Da una storia vera divenuta un libro, dirige l'autore di Benvenuti a Sarajevo.

Così, sulla STAMPA del 16 novembre 2007, nelle pagine di Torino (pagina 83),  Daniele Cavalla riassume la trama del film "Un cuore grande", sul rapimento e l'assassinio del giornalista americano Daniel Pearl.
Pearl venne ucciso in quanto ebreo da terroristi fondamentalisti: circostanza che sarebbe dovuta essere presente in un sia pur breve riassunto delle trama del film.

Se La STAMPA manca di informazioni essenziali sul soggetto del film, Il GIORNALE  pubblica una recensione di Maurizio Cabona nella quale si suggerisce che Daniel Pearl fosse una gente della Cia (la stessa accusa, ovviamente falsa, dei terroristi) un agente del "neo-colonialismo americano" e persino che sia stato in parte responsabile della propria morte per l'imprudenza che lo coinvolse in un "gioco" che
  "era vano giocare".
Ma Daniel Pearl, in Pakistan,  non stava giocando, stava facendo il suo lavoro di giornalista.
E' stato ucciso perché ebreo, perché americano, perché esponente di un stampa libera che i terroristi islamici, se potessero, distruggerebbero completamente.

Ecco il testo di Cabona:

Brad Pitt ha prodotto il film - ambientato in Pakistan ma girato in India - di un regista britannico impegnato come Michael Winterbottom: Un cuore grande. Presentato, fuori concorso, al Festival di Cannes, il film è il punto d’incontro fra neodivismo e anti-neocolonialismo e l’ha originato l’autobiografia di Mariane Pearl, vedova di Daniel, giornalista rapito e decapitato in Pakistan nel 2002 come ebreo, come americano e (forse) come agente della Cia. Un buon soggetto che la sceneggiatura di Orloff ha rispettato: così Winterbottom ha potuto compendiare dramma personale, crisi politica locale e internazionale.
Se c’è una donna in angoscia (Mariane Pearl, interpretata da Angelina Jolie) perché il pubblico femminile s’immedesimi, il contesto storico del suo dolore è il vero centro del film. Qui vediamo i servizi segreti pakistani - che devono salvare Pearl da altri pakistani con e per conto dei servizi segreti statunitensi - lacerati quanto si può esserlo: sono infatti composti da agenti che, con e per conto degli statunitensi, avevano sostenuto i talebani afghani quando questi ultimi erano appoggiati da altri integralisti islamici (sauditi, egiziani, algerini, ecc.), fra 1979 e 1988, della guerra contro l’invasore di turno dell’Afghanistan: allora era l’Urss...
Meglio che in Rendition di Gavin Hood, presentato alla Festa di Roma, in Un cuore grande si colgono paradossi e contraddizioni del neocolonialismo americano, privo di un progetto di dominazione geopolitico di lungo respiro come quello del colonialismo britannico. La Jolie è una sobria Mariane, finita per imprudenza del marito in un gioco che, almeno per loro, era vano giocare.


Invitiamo i nostri lettori a leggere la recensione del film "Un cuore grande" sul loro quotidiano di riferimento e a scrivere qualora la storia di Daniel Pearl fosse distorta come nella scheda della STAMPA

Invitiamo anche a scrivere al GIORNALE  prostestando per la recensione di Cabona

Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione della Stampa e del Giornale


lettere@lastampa.it
lettori@ilgiornale.it

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