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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Giornale - L'Opinione Rassegna Stampa
15.11.2006 D'Alema contagiato da un "vento di follia", sconcerta anche gli ebrei di sinistra
un editoriale di Massimo Introvigne e un articolo di Dimitri Buffa

Testata:Il Giornale - L'Opinione
Autore: Massimo Introvigne - Dimitri Buffa
Titolo: «Se D’Alema ha nostalgia della Cina violenta di Mao - D’Alema reagisce alle critiche ma non convince gli ebrei di sinistra»

Dal GIORNALE del 15 novembre, un editoriale di Massimo Introvigne: 

Anche D'Alema sembra ormai contagiato dal vento di follia che spira sul governo Prodi. A Pechino ha ricordato l'amore appassionato per la Cina che provava da studente. Uno sguardo alla carta d'identità di D'Alema ci conferma che quella era la Cina di Mao e della Rivoluzione culturale, quando tre milioni di membri di gruppi sociali «sospetti» furono uccisi, e cento milioni di cinesi incarcerati o deportati. Come ha rivelato nel suo best seller mondiale Mao la storia sconosciuta la maggiore scrittrice cinese vivente, Jung Chang, Mao ha fatto in tutto settanta milioni di morti. La nostalgia di D'Alema è forse rivolta agli anni della sua gioventù, quando i poster di Mao erano di moda almeno quanto gli spinelli (anche quelli appena rimessi all'onor del mondo dal governo), ma non piace in realtà neppure ai cinesi che stanno facendo quietamente sparire dai libri di storia e perfino dalle piazze - ci si sveglia e si scopre che i monumenti non ci sono più - la memoria storica degli anni terribili delle Guardie Rosse. Il nostro governo in genere e D'Alema in particolare sembrano persi in una fase che uno psicanalista chiamerebbe di regressione infantile, che li porta a una politica estera che si potrebbe definire hippie: «Mettete dei fiori nei vostri cannoni». Dopo avere creato venerdì, dopo il tragico errore di Beit Hainun, una crisi diplomatica con Israele con dichiarazioni durissime, il ministro degli Esteri ci ha messo una toppa peggiore del buco dichiarando che queste tragedie sono il risultato della scelta di Israele di «garantire la sua sicurezza con l'uso della forza». Come per l'Afghanistan, anche per la sicurezza di Israele D'Alema propone «soluzioni politiche». Beit Hainun è stata una tragedia, ma la differenza morale, prima che politica, fra Israele e Hamas è che quest'ultimo intitola strade ai terroristi che uccidono volontariamente civili israeliani, compresi donne e bambini, mentre i responsabili di Beit Hainun, per quanto nessuno neghi che si sia trattato di un maledetto errore, sono già sotto inchiesta e rischiano la corte marziale. Sostituire la forza con i fiori sembra sempre una bella idea, ma D'Alema potrebbe rileggersi lo statuto di Hamas che all'articolo 7 dichiara che il movimento promette di corrispondere alle promesse di Allah sui tempi ultimi riassunte in questo detto del Profeta: «L'Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno, e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra o l'albero diranno: O musulmano, o servo di Allah, c'è un ebreo nascosto dietro di me - vieni e uccidilo». E all'articolo 13 aggiunge che «le iniziative di pace, le cosiddette soluzioni pacifiche, le conferenze internazionali per risolvere il problema palestinese contraddicono tutte le credenze di Hamas... Non c'è soluzione per il problema palestinese se non il jihad. Quanto alle iniziative e conferenze internazionali, sono perdite di tempo e giochi da bambini». Certamente ci sono da sempre in Hamas - accanto a semplici terroristi - «treguisti» con cui si può trattare. Ma la politica hippie che rinuncia per principio all'«uso della forza» credendo di rabbonire tutti con i fiori e i sorrisi, che già non ha mai goduto di buona salute, è morta l'11 settembre. In realtà, non ci credono neanche D'Alema e Prodi. Serve per tenere buoni i vari Diliberto e puntellare il traballante governo. Ma pagando un prezzo carissimo quanto all'immagine internazionale dell'Italia.

Da L'OPINIONE, un articolo di Dimitri Buffa:

Sabato su Israele, amore o odio che sia, si parrà la nobilitate di tutta la sinistra italiana. Antagonista e moderata. Massimalista o liberal. Perché due cortei pro Gaza in una sola giornata, a Milano e a Roma, sono decisamente un po’ troppi e neanche tanto equivicini. Tanto che, ancora irritati dalle sparate un po’ anti israeliane del ministro D’Alema, gli stessi deputati ebrei di sinistra eletti nelle liste dell’Ulivo, sostanzialmente Emanuele Fiano e Furio Colombo, stanno addirittura meditando una contro manifestazione o forse una conferenza stampa per prendere le distanze da iniziative che non sembrano affatto “equivicine”. Specie quella di Roma che nasce addirittura sotto il basso patrocinio del partito di Diliberto, con agit prop Iacopo Venier, responsabile esteri del partito dei comunisti italiani, quello che chiede all’Italia di rompere i rapporti commerciali con lo stato ebraico. Vedremo bandiere bruciate in nome dell’equivicinanza? Ci si potrebbe quasi scommettere e i book maker non pagherebbero grandi vincite. Anche perché il cattivo esempio continua ad arrivare dall’alto e ieri Massimo D’Alema è partito al contrattacco a testa bassa contro le comunità ebraiche italiane che lo hanno accusato di faziosità lanciando a propria volta accuse alle stesse comunità di fare la “caccia alle streghe”. Dove la strega sarebbe lui.

E certo che a proposito di gaffe, rovesciare una simile cosa su chi come gli ebrei la caccia alle streghe l’ha subita per secoli proprio a causa dell’anti semitismo del primo e del secondo e forse anche del terzo cristianesimo è impresa possibile solo a Baffino. Un maestro nell’arte del rovesciare le frittate. Rispetto alle polemiche degli anni precedenti, in cui sempre quelli come D’Alema non hanno perso occasione per criticare la politica di risposte armate al terrorismo perseguita da Israele, sottacendo le responsabilità di chi come Arafat faceva il capo terrorista per mestiere, la novità sta nel fatto che gli ebrei di sinistra, quelli di “Sinistra per Israele”, hanno perso il loro naturale aplomb e si sono allineati nei ragionamenti ai loro rivali elettorali in seno all’Unione delle comunità ebraiche italiane, ovvero quella “destra per Israele” che da anni è vincente su tutto il campo. Significativa a tal proposito la reazione di una decana come Tullia Zevi, poco sospettabile di simpatie estremiste: E che ha detto a “Repubblica” la Zevi? Che “La verità è che il governo italiano ancora non ha una posizione chiara, è certamente impegnato in uno straordinario sforzo, alla ricerca di una pace vera e proficua per entrambi i contendenti nell'area del Medio Oriente, questo nessuno può negarlo. Ma deve compiere ancora alcuni passi perchè il suo messaggio di pace possa essere considerato davvero equidistante”. O equivicino che dir si voglia.

Ad apposita domanda la Zevi ha evitato di entrare in rotta di collisione con D’Alema (“lasciamolo lavorare per la pace”, è stato il messaggio). Non così diplomatici altri tre uomini simbolo della sinistra ebraica in Italia: Emanuele Fiano, Amos Luzzatto e Victor Majar. Ha aperto il fuoco di sbarramento proprio dalle colonne de “L’Unità” di sabato scorso Emanuele Fiano, neo eletto tra i Ds, secondo cui “ “è profondamente sbagliato che D’Alema divida gli ebrei in democratici e non a seconda che appoggino le parole di Grossmann, come me, o non lo facciano, sarebbe come dividere gli italiani in democratici o meno a seconda che appoggino o no, ad esempio, la politica degli Stati Uniti”. “Detto questo – prosegue Fiano – vorrei rimarcare come nell’intervista a “L’Unità” D’Alema ometta qualsiasi analisi sulle responsabilità che stanno nel campo palestinese per la situazione in cui ci troviamo”. Insomma la pace, come la guerra bisogna farla in due.

Stessa antifona, sempre dall’house organ dei Ds, il “j’accuse” rivolto a D’Alema dall’ex senatore del Pci Amos Luzzatto, per anni a capo dell’Unione delle comunità ebraiche italiane: “ l’errore è guardare all’intera situazione mediorientale senza pensare che sia Israele, la sua attuale politica, la ragione unica o fondamentale di una situazione gravida di inquietudine... perchè si può anche ritenere legittimamente che Israele abbai fatto male a reagire come ha fatto alla provocazione Hezbollah, ma resta il fatto che ancora oggi hezbollah venga armato da regimi come quello iraniano che ha proclamato la volontà di cancellare lo stato di Israele dalla faccia della terra.. questa minaccia non è certo un’invenzione della propaganda sionista..” Infine Victor Majar, uno dei più convinti assertori del “dialogo a ogni costo” con i palestinesi e il mondo arabo, tanto da prendersi più di una volta gli insulti di chi, nella sua stessa comunità, non esitava a definirlo molto ingenerosamente “un utile idiota”. “Stavolta – ride - a sembrare assai cretina è stata proprio l’intervista in questione di D’Alema.. la chiamata di correo del ministro degli Esteri Massimo D’Alema rispetto alle comunità ebraiche che non sarebbero sensibili alle parole di pace di David Grossmann mi sembra ingiusta e piena di pregiudizi contro lo stato ebraico e confesso che mi ha profondamente irritato.. era dai tempi di Mussolini che non si sentivano cose del genere e poi D’Alema ha uno strano modo di polemizzare con gli ebrei di sinistra, pretende di insegnargli come essere buoni ebrei e anche come essere buoni militanti della sinistra..ma la verità è che anche la sua politica mostra la corda, l’Onu in Libano non sta disarmando gli hezbollah e se dovessero mandare l’Unifil anche a Gaza che cosa succederebbe quando Hamas dovesse sparare i primi kassam sulle città di Sderot e Ashkelon?

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