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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Foglio-Corriere della Sera Rassegna Stampa
02.07.2006 Un buon aggiornamento della situazione mediorientale
dal Foglio di Ferrara e dal Corriere di Mieli

Testata:Il Foglio-Corriere della Sera
Autore: la redazione-Davide Frattini
Titolo: «L'Egitto accusa la Siria-Liberare il soldato Ghilad- La Merkel corregge Schroeder»

Dal FOGLIO di sabato 1 luglio 2006, una analisi dei rapporti tra Israele, Egitto, Hamas.

Gerusalemme. Sono le trattative, segrete, ad aver preso in queste ore il sopravvento. L’operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza comunque continua: i bombardamenti non si sono fermati nella notte tra giovedì e venerdì. Gli obiettivi restano infrastrutture terroristiche, ponti, zone disabitate. Ieri mattina è stato colpito il ministero degli Esteri; non ci sono state vittime. Gli aerei hanno lanciato volantini per chiedere alla popolazione di lasciare le aree limitrofe ai possibili obiettivi d’attacco, soprattutto le zone vicine alle postazioni di lancio di razzi Qassam. Israele ha fatto sapere di non voler rioccupare la Striscia, ma di essere determinato a portare a casa il soldato ventenne, Ghilad Shalit, rapito domenica da un commando palestinese, formato da tre gruppi, tra i quali il braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzedine al Qassam, in un attacco che ha ucciso due altri militari. I soldati di Tsahal, entrati nella parte sud della Striscia di Gaza martedì, sono fermi nei pressi di Rafah; a nord, l’avanzata sul terreno, programmata per giovedì sera, è stata bloccata per ordine del premier israeliano Ehud Olmert. E’ allora che si è iniziato a parlare di una possibile svolta diplomatica, come suggerito dal ministro della Difesa, Amir Peretz.
A mediare tra governo palestinese e israeliani ci sarebbe soprattutto l’Egitto. Hosni Mubarak, giovedì notte, ha annunciato che trattative erano in corso e che era grande la possibilità di un’intesa per uno scambio di prigionieri (il soldato contro alcuni detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, secondo il giornale al Hayat). Ieri, il quotidiano del Cairo al Ahram ha pubblicato un’intervista con il rais, che racconta come Hamas sia pronta all’accordo, mentre Israele non accetti le condizioni. Ipotesi smentita da Olmert. Che il Cairo sia in piena attività negoziale è provato dalla voce insistente della presenza di Omar Suleiman, il capo dell’intelligence egiziana, incaricato del dossier palestinese, a Gaza. Le agenzie di stampa non hanno battuto la notizia, come è sempre il caso quando si tratta dell’invisibile Suleiman, capo degli 007 di Mubarak. E infatti c’è chi lo dà a Gaza, a mediare con Hamas, e chi invece lo vuole a Damasco, a trattare con la vera guida del gruppo, Khaled Meshaal. Il rais egiziano non ha risparmiato un duro attacco alla Siria, chiedendole di cessare di ospitare i vertici dell’organizzazione islamica. Altri indizi diplomatici arrivano da Damasco, via Beirut. Il quotidiano al Safir, libanese, pro siriano e i cui legami con i vicini e con Hamas non sono segreti, scriveva ieri che un’intesa sulle sorti del soldato sequestrato, tra il governo palestinese e Israele, sarebbe vicina.

Alla preghiera del venerdì
E’ ricomparso il premier palestinese Ismail Haniye, che dall’inizio dell’operazione israeliana era sparito. Come è sparita, raccontano fonti del Foglio a Gaza, la maggior parte degli esponenti di Hamas nella Striscia. E’ quasi impossibile rintracciare un membro dell’organizzazione per un commento, tutti hanno il cellulare spento. Il telefono serve ai militari israeliani per rintracciare la postazione in cui l’apparecchio si trova, e non sono in pochi, tra i dirigenti di Hamas, a temere un attacco mirato di Tsahal, o comunque l’arresto, come è successo ai colleghi della Cisgiordania.
Nonostante ciò, Haniye è ricomparso in pubblico, ieri, presentandosi a guidare la preghiera del venerdì mattina nella moschea dove si reca solitamente a pregare. Ha detto che il governo non cederà alle richieste d’Israele, ma ha assicurato di stare lavorando duro per mettere fine alla crisi. Ha negato la possibilità di uno scambio del prigioniero con i deputati del suo movimento arrestati in Cisgiordania e a Gerusalemme.
La trattativa diplomatica in corso, sostenuta dal resto della comunità internazionale – che invita alla moderazione le parti e teme l’aggravarsi della crisi umanitaria a Gaza con il proseguimento dell’operazione militare – dovrà tenere conto anche della situazione all’interno della Striscia. Il primo raid israeliano ha infatti colpito infrastrutture, tra cui una centrale elettrica. Gran parte della regione è illuminata soltanto alcune ore al giorno, tramite generatori, che consumano molto carburante. L’acqua, che è pompata dai pozzi grazie all’energia elettrica, è razionata. I benzinai, raccontano fonti del Foglio, dicono di avere riserve ancora per due o tre giorni. Il principale ospedale di Gaza City potrà invece far lavorare l’apparecchiatura elettrica per altre due settimane, ha detto un portavoce. Israele ha accolto l’appello delle Nazioni Unite e della Croce rossa per alleviare la crisi umanitaria nella Striscia: aprirà il valico di Karni per permettere i rifornimenti di carburante e cibo a partire dalla prossima settimana.

Dal CORRIERE della SERA di oggi, 02/07/2006, due articoli di Davide Frattini. Il primo sulle trattative per la liberazione di Ghilad Shalit. Eccolo:

GERUSALEMME — Resta fiducioso. «Le trattative non sono a un punto morto, un accordo può essere raggiunto». Ammette che uno dei problemi è con chi trattare. «I leader di Hamas all'estero dicono che le decisioni sono nelle mani dell'ala militare a Gaza. L'ala militare a Gaza risponde che tutto dipende dai leader all'estero. Il premier Ismail Haniyeh non sembra avere alcun ruolo in quello che sta succedendo». Risultato: «I negoziatori egiziani non sanno a quale porta bussare».
Il presidente Abu Mazen ha deciso di parlare per la prima volta dal rapimento del caporale Gilad Shalit. È passata quasi una settimana, giorni che il raìs ha speso a Gaza in una convivenza forzata con il governo di Hamas: l'assedio israeliano ha bloccato anche lui, nessun palestinese entra o esce dalla Striscia fino a quando il militare rapito domenica non verrà liberato. Intanto elicotteri israeliani hanno attaccato nella notte l'ufficio del premier Ismail Haniye: due missili hanno colpito l'edificio con i suoi uffici a Gaza provocando un incendio ma senza fare vittime.
Il governo di Ehud Olmert ha confermato ieri di non essere pronto ad accettare uno scambio, quando ha respinto la nuova richiesta dei sequestratori. Che hanno alzato il valore del riscatto: in un primo comunicato avevano preteso il rilascio delle donne e dei detenuti sotto ai 18 anni nelle carceri israeliane, adesso hanno aggiunto mille prigionieri. Il presidente George Bush considera la liberazione di Gilad Shalit la chiave per risolvere la crisi, mentre Matti Vanhanen, premier finlandese e presidente di turno dell'Unione Europea, ha lanciato un doppio appello: ai palestinesi perché rimandino a casa il soldato, agli israeliani perché rilascino i ministri e deputati di Hamas arrestati giovedì.
Il ministro della Difesa Amir Peretz ha chiesto al segretario di Stato Condoleezza Rice che gli Stati Uniti facciano pressione su Bashar Assad: deve spingere Khaled Meshal, leader di Hamas all'estero, a dare il via libera per la liberazione del militare. I mediatori egiziani hanno suggerito una strategia per superare il no israeliano a uno scambio: l'ostaggio potrebbe essere consegnato immediatamente e solo in seguito il governo Olmert lascerebbe andare dei prigionieri palestinesi come segno di buona volontà prima dell'incontro con Abu Mazen che era previsto nelle prossime settimane. Una formula che è stata evocata anche dal presidente palestinese: «Israele non accetta in linea di principio uno scambio. Potremmo trovare un'altra soluzione».
Gli sforzi diplomatici sono andati avanti, mentre ci sono stati i primi scontri tra miliziani ed esercito nel sud della Striscia. Blindati e bulldozer israeliani sono stati attaccati dopo essere penetrati per qualche centinaio di metri nell'area di Khan Yunis. Tsahal ha risposto con gli elicotteri e colpi di artiglieria.
Il bombardamento della centrale elettrica di Gaza costerà 48 milioni di dollari agli Stati Uniti. Nel luglio del 2005, il gruppo Morganti, basato in Connecticut, aveva ottenuto una copertura assicurativa per l'impianto da 140 megawatt dall'Opic, un'organizzazione del governo americano che appoggia gli investimenti all'estero. Adesso la società vuole chiedere il rimborso per l'attacco e non è ancora chiaro se la Casa Bianca chiederà i soldi allo Stato ebraico. Subito dopo il bombardamento, il portavoce Tony Snow era intervenuto per invitare gli israeliani «a evitare la distruzione non necessaria di infrastrutture».

Il secondo,sui rapporti tra il governo tedesco guidato da Angela Merkel, di tutta altra pasta rispetto a quello di Schroeder. Eccolo:

GERUSALEMME — Per colpa di un fax stampato male, Gerhard Schröder aveva promesso (e mai mantenuto) di fornire a Israele i blindati tedeschi. Quattro anni fa, il ministero della Difesa aveva chiesto da Gerusalemme di ricevere la versione più offensiva dei veicoli corazzati Fuchs, a Berlino avevano capito invece di dover spedire in Medio Oriente il modello che avrebbe difeso le truppe di Tsahal dai possibili attacchi bio-chimici di Saddam Hussein. E il cancelliere socialdemocratico aveva accettato. Per poi bloccare l'operazione, quando gli alleati Verdi erano insorti, dopo aver compreso di quali tank si trattasse. «Potrebbero essere utilizzati in azioni di guerra contro i palestinesi», avevano commentato.
La coalizione al governo ha cambiato colore (da rosso—verde a nero-rossa) e Angela Merkel ha dato il via libera alla fornitura per lo Stato ebraico di un nuovo blindato. Il Dingo 2 — rivela il quotidiano Die Welt — sarà messo a disposizione per i test preliminari. La consegna è stata sbloccata dal Consiglio per la sicurezza nazionale che sorveglia le esportazioni di armi: le decisioni del comitato sono coperte dal segreto, ma la scelta sarebbe avvenuta all'unanimità.
Il Dingo 2 è prodotto dall'americana Textron su licenza della tedesca Krauss Maffei Wegmann. Armato con una mitragliatrice, in grado di trasportare fino a otto soldati, il mezzo è corazzato anche contro le mine e le granate anti-carro. Le sue protezioni hanno già salvato la vita dei soldati tedeschi in Afghanistan. L'esercito israeliano sarebbe interessato ad acquistarne 103 per un costo di 100 milioni di euro.
Il governo della Merkel sarebbe anche pronto — scrive sempre Die Welt — a firmare l'accordo per la vendita di due sottomarini Dolphin, valore un miliardo di euro. Schröder aveva rinviato questa decisione soprattutto per ragioni economiche e perché sugli Uboot potrebbero essere trasportare testate nucleari. La spesa è in parte (300 milioni di euro) finanziata da Berlino e il cancelliere si era opposto all'allora ministro della difesa Peter Struck, che voleva sponsorizzare i sottomarini. Secondo i giornali israeliani, sarebbero stati proprio i mancati accordi sui blindati e sui Dolphin a tenere Schröder lontano da Gerusalemme per cinque anni, fino alla fine del mandato: l'ultima visita era stata nel dicembre 2000, quando aveva spento per errore la fiamma eterna a Yad Vashem, il museo dell'Olocausto.
Angela Merkel è stata invece il primo leader straniero a incontrare Ehud Olmert, poche settimane dopo l'ictus che ha colpito Ariel Sharon il 4 gennaio. E pochi giorno dopo la vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi. Gli analisti israeliani hanno subito notato che la cancelliera cristiano-democratica ha guidato la linea dura contro il governo presieduto dal movimento fondamentalista e contro i proclami antisemiti del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad.
«Forse il destino ha voluto — commenta il Jerusalem Post — che Angela Merkel apparisse sulla scena in questa fase di pericoli per Israele: sarà lei a garantire che i suoi alleati europei mantengano una condotta compatta».

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