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Corriere della Sera - Il Foglio Rassegna Stampa
16.03.2006 Un Consiglio che non difenderà adeguatamente i diritti umani
sul nuovo organismo Onu

Testata:Corriere della Sera - Il Foglio
Autore: Piero Ostellino - Christian Rocca
Titolo: «Un passo avanti manon basta - Diritti disumani»

Dal CORRIERE della SERA di giovedì 16 marzo 2006 un editoriale di Piero Ostellino sulla Creazione di un Consiglio per i diritti umani all'Onu:

La creazione di un Consiglio per i diritti umani, approvata dall'Assemblea generale dell'Onu con 170 voti favorevoli, quattro contrari (Stati Uniti, Israele, Isole Marshall e Palau) e tre astenuti (Bielorussia, Iran e Venezuela), è una buona cosa. Non si poteva continuare con la vecchia Commissione di Ginevra della quale avevano fatto parte Paesi che violano sistematicamente i diritti dell'uomo.
Commissione che era stata presieduta addirittura da qualcuno di questi Paesi fra i più discutibili, come la Libia. Ma è anche figlia di un compromesso, che rischia di vanificarne il significato etico e politico e la funzionalità operativa, cioè di riproporre, sotto una nuova veste, il modello negativo della Commissione abolita.
Per farne un organismo politicamente rilevante e funzionalmente efficace si era deciso di conferire al Consiglio lo stesso status di vero Organo delle Nazioni Unite che hanno il Consiglio di Sicurezza e quello Economico e sociale. Ma affinché la svolta assumesse un carattere anche formalmente significativo occorreva, secondo gli Stati Uniti, che l'elezione dei membri del Consiglio avvenisse a maggioranza qualificata dell'Assemblea (due terzi dei presenti e votanti, che di fatto avrebbe significato l'esclusione di tutte le dittature), che il numero degli Stati che ne faranno d'ora in poi parte, per tre anni, non fosse superiore a 25-30 e che fosse prevista l'espulsione automatica per quelli che fossero finiti sotto inchiesta internazionale per violazione dei diritti umani. Quando l'Assemblea decide a maggioranza semplice, gli Stati Uniti o, più in generale, le democrazie liberali finiscono quasi sempre in minoranza perché i Paesi governati da sistemi illiberali e non democratici sono più numerosi.
Inoltre, negli organismi pletorici, la possibilità di annacquare risoluzioni che promuovano i valori della democrazia liberale diventano, per la stessa ragione, maggiori. Lo stesso segretario generale, Kofi Annan, e il presidente dell'Assemblea, lo svedese Jan Eliasson, che si erano fatti promotori della bozza per abolire la Commissione di Ginevra e sostituirla col Consiglio, pur prendendo atto delle riserve degli Stati Uniti — che peraltro continueranno ugualmente a finanziarlo e a lavorare per il suo successo — hanno ceduto al compromesso. L'elezione degli Stati membri sarà a maggioranza semplice e gli eletti saranno 47. Insomma, una svolta «storica», come l'ha definita Kofi Annan, ma anche densa di incognite sulla cui effettività saranno soprattutto la prassi e il tempo a giudicare. Allo stesso tempo, proprio perché esposta alla prova dei fatti, un'occasione che conferisce alla difesa dei diritti umani un carattere più alto e concreto del passato.
L'esito pone in primo piano, dunque, tre aspetti dell'attuale panorama internazionale e dello stesso funzionamento dell'Onu. Primo: gli Stati Uniti, malgrado il loro potere militare, politico ed economico, sono sempre meno in grado di far valere le proprie ragioni, prima fra tutte la difesa e la diffusione della democrazia nel mondo. Secondo: le Nazioni Unite, che piaccia o no, sono un organismo internazionale che, di fatto, opera, quanto meno, in modo «opaco» rispetto alla tutela di valori come la difesa della Persona e dei suoi diritti. Terzo: la loro riforma diventa ogni giorno più necessaria e urgente, anche se, nel frattempo, qualche passo avanti, come quello di ieri, è stato fatto. E sarebbe sbagliato ignorarlo.

Dal FOGLIO, un articolo di Christian Rocca che sullo stesso tema esprime un'opinione fortemente negativa:

Roma. La famigerata Commissione diritti umani dell’Onu, definita dallo stesso Segretario Generale Kofi Annan “un imbroglio”, non esiste più. E’ stata sostituita ieri, con un voto dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (favorevoli i paesi europei, contrari gli americani), da un Consiglio sui diritti umani che in America, a destra come a sinistra, appare una soluzione peggiore della precedente, e stiamo parlando di una Commissione che anziché tutelare i diritti umani nel mondo, ha eletto la Libia come presidente e conta Cina, Cuba, Sudan e Zimbabwe tra i suoi membri, oltre all’Arabia Saudita, un paese che si è addirittura rifiutato di firmare la dichiarazione sui diritti dell’uomo. E’ stato lo stesso Kofi Annan a scrivere nero su bianco che gli Stati torturatori entravano in quella Commissione “non per rafforzare i diritti umani, ma per proteggere se stessi contro le critiche oppure per criticare altri paesi”. Gli Stati Uniti non hanno negato soltanto loro voto, ma potrebbero addirittura decidere di non parteciparvi, come ai tempi della Società delle Nazioni, l’antenata dell’Onu fallita proprio per l’assenza americana. Prima della controriforma di ieri, la Commissione era formata da 53 paesi eletti su base regionale all’interno dell’Ecosoc, il Consiglio economico e sociale. Anziché proporre un criterio semplice semplice che limitasse l’elezione soltanto ai paesi rispettosi dei diritti umani, una serie di mediazioni al ribasso ha portato a un nuovo Consiglio di 47 paesi eletti dall’Assemblea Generale a maggioranza e con una redistribuzione regionale che penalizzerà le democrazie occidentali, a vantaggio dell’alleanza globale delle tirannie. Il grande progetto di riforma delle Nazioni Unite, presentato con grande enfasi lo scorso anno da Kofi Annan, è fallito miseramente, a partire dai seggi del Consiglio di Sicurezza. Screditato da scandali e ora addirittura sfiduciato del sindacato interno, ad Annan resta soltanto questo nuovo Consiglio, peraltro molto diverso da quello immaginato da lui stesso mesi fa, quando aveva proposto un “Consiglio” composto soltanto da paesi che impegnati a “rispettare i più alti standard di diritti umani”. Questa condizione è sparita, così come le linee guida poste da Eleanor Roosevelt al momento della nascita della Commissione: “Il campo dei diritti umani non è uno di quelli dove non sono possibili compromessi sui principi”. Sbaglia chi immagina che il no al nuovo Consiglio sui diritti umani sia la solita arrogante posizione della destra bushiana. Un editoriale del New York Times di qualche giorno fa era titolato così: “La vergogna delle Nazioni Unite”. Fin dalla prima riga, il Times ha scritto che “quando si parla di riformare le disgraziata commissione diritti umani dell’Onu, John Bolton ha ragione, e il segretario generale Kofi Annan ha torto”, così come “i principali gruppi internazionali in difesa dei diritti umani hanno poco saggiamente preferito un consenso multilaterale e lo hanno anteposto al loro dovere di combattere nel modo più forte possibile per la protezione dei diritti umani”. Per fortuna ci sono anche Ong come i radicali transnazionali, Freedom House e UN watch che si sono opposte decisamente. Con loro c’è anche la task force bipartisan del Congresso, gli ex leader repubblicani e democratici Gingrich e Mitchell. L’Europa ha scelto di votare con l’alleanza delle dittature.


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