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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Manifesto - Liberazione Rassegna Stampa
14.06.2005 L'uccisione dei collaborazionisti non scandalizza, il terrorismo neppure, la pena di morte sì
i quotidiani comunisti in fondo "hanno una loro morale"

Testata:Il Manifesto - Liberazione
Autore: Maurizio Matteuzzi - Luisa Morgantini
Titolo: «La pena (capitale) di Abu Mazen - Caro Abbas, la pena di morte è un'infamia»
IL MANIFESTO di martedì 14 giugno 2005 pubblica a pagina 9 l'articolo di Maurizio Matteuzzi "La pena (capitale) di Abu Mazen", che riportiamo:
Il presidente dell’Anp Mahmud Abbas non perde occasione per dare una mano al neo-pacifista Sharon nella sua opera di scientifica della (sacrosanta) causa e della (affaticata) immagine dei palestinesi. L’esecuzione, domenica, di quattro palestinesi è, ancor prima che un crimine, una stupidaggine. Tre di loro erano assassini e uno collaborazionista degli israeliani. Noi non ci siamo (quasi) mai scandalizzati per l’eliminazione delle spie: durante le guerre, ei palestinesi sono in guerra con gli occupanti israeliani tali orrori sono sempre successi forse non si possono evitare. M ala pena di morte per mano del boia di uno Stato (uno Stato che formalmente non esiste ancora), no. E’ un crimine che la coscienza civile dei popoli rifiuta. Il fatto che Bush, l’uomo dei valori e della religiosità, abbia firmato 162 condanne a morte da governatore della Florida, lo conferma. Il "vecchio terrorista" Arafat aveva congelato le esecuzioni capitali nel 2002, se non per convinzione, per convenienza, viste le proteste. Il debole e remissivo, ancorché "democratico", Abu Mazen, le ha riprese. Il conforto spirituale del gran muftì di Gerusalemme non rende la decisione meno indecente.
Da questo breve articolo apprendiamo dunque che il quotidiano comunista non si è (quasi) mai scandalizzato delle esecuzioni sommarie di "collaborazionisti", cioè di palestinesi accusati di fornire a Israele informazioni necessarie a combattere la guerra al terrorismo, a impedire stragi o a eliminare i loro mandanti.
Lo sospettavamo, data la scarsa attenzione che un giornale che si pretende così attento ai diritti e alle sofferenze dei palestinesi, ha dedicato a quei crimini.
Nonostante questo, legggere una simile affermazione, nero su bianco, senza l'ombra di un qualsiasi pudore, fa un certo effetto.
Apprendiamo anche che la pena di morte, invece, "è un crimine che la coscienza dei popoli rifiuta".
Per questo il "debole e remissivo ancorchè "democratico" Abu Mazen" che ha ripreso le esecuzioni, è peggiore di Arafat che, per convinzione o per convenienza, le aveva sospese.
Per questo, ma non solo per questo. Abu Mazen è anche colpevole di essere "debole e remissivo" nei confronti di Israele. A differenza di Arafat.
Tutti sanno che il cambio di rotta politico introdotto da Abu Mazen, attuato con incerto successo e alterna determinazione, è stato sostanzialemente uno: la rinuncia all'"intifada violenta", cioè al terrorismo, giudicato una strategia fallimentare.
La condanna della sua leadership e il rimpianto per Arafat, nei quali viene fatta rientrare una strumentale indignazione per l'applicazione della pena di morte, ci dicono, a proposito del quotidiano comunista, altre tre cose: 1) che ritiene che il terrorismo contro Israele non sia affatto "un crimine che la coscienza civile dei popoli rifiuta" 2)che ha sempre saputo benissimo che Arafat fomentava e guidava il terrorismo 3)che non ha mai speso una parola di condanna per questa politica perchè la approvava.

Un appello contro la pena di morte nell'Anp è firmato da Luisa Morgantini sulla prima pagina di LIBERAZIONE, con il titolo "Caro Abbas, la pena di morte è un infamia".
Alla Morgantini chiediamo: le stragi di civili israeliani sono un'infamia? Perchè durante l'era Arafat non ha mai scritto su LIBERAZIONE una lettera aperta ad Arafat chiedendo che la strategia della violenza avesse fine?


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