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Il Giornale Rassegna Stampa
06.11.2023 La leadership di Abbas è debole e corrotta. Ma è forse una via possibile per una svolta pacifica
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 06 novembre 2023
Pagina: 1
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «La leadership di Abbas è debole e corrotta. Ma è forse una via possibile per una svolta pacifica»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 06/11/2023 l'analisi di Fiamma Nirenstein con il titolo "La leadership di Abbas è debole e corrotta. Ma è forse una via possibile per una svolta pacifica".

A destra: Abu Mazen

Fiamma Nirenstein, Autore presso Fondazione Luigi Einaudi
Fiamma Nirenstein

Neppure Avi Issacharoff, giornalista e esperto di cultura araba, l’autore della serie più famosa su Gaza e Hamas si sarebbe mai immaginato quello che è successo. “Mai che avrebbero compiuto un’irruzione e una strage di quella crudeltà e di quelle dimensioni”. È una giornata cruciale per la guerra: l’esercito si addentra nella periferia della città principale di Gaza, dove ha sede la maggiore struttura bellica, ed essa affonda nella rete di 500 chilometri di gallerie. Avi ricorda con un mezzo sorriso che della enorme rete delle gallerie e dei bunker sotto l’Ospedale di Shifa, il maggiore, parlava già nella terza serie TV: “Non rivelavo niente che non fosse già noto. Non c’è bambino a Gaza che non sappia che sotto Shifa ci sono le strutture dello Stato Maggiore di Hamas, là sta Sinwar e il resto dei capi che hanno progettato la strage del 7 ottobre. Come si farà a destrutturarli, non so davvero dirlo”. Ma è chiaro che l’esercito si prepara ad affrontare la questione sul già difficilissimo territorio pieno di trappole esplosive e agguati. I volantini dell’esercito israeliano chiedono di sgomberare e andare a sud, fuori, cercando di risparmiare i civili. Ma Hamas gioca sulla seria questione umanitaria posta dagli Ospedali. Dice Issacharoff che “non c’è dubbio che stavolta l’esercito vuole andare avanti, vediamo una grossa macchina da guerra, abbiamo cercato sempre di evitare lo scontro di terra: ma stavolta è diverso, la necessità di distruggere Hamas è primaria, e quindi entriamo in un territorio costruito come una macchina da guerra. E per Hamas, i cittadini non sono che uno degli strumenti”. Il dilemma di Israele è proprio questo e Avi Issacharoff è anche più diretto: Gaza è costruita sui tunnel, e non i tunnel sotto la città. La bomba da 900 chili di cui tutto il mondo ha parlato non era destinata a Jabalia, ma alla grande galleria sotto. Bisogna capire” spiega Avi, che ha dedicato la vita a descrivere il fenomeno “che Hamas uccide la sua gente intenzionalmente. Quando questo accade Israele entra in una zona di grande difficoltà, di freni internazionali. E trattenendo i civili sulla sua testa, forma il grande scudo umano di cui ha bisogno”. Muhammed Deif e Sinwar hanno costruito un sistema in cui non uccidono solo gli ebrei, ma anche i loro concittadini: chi si ribella, e in questo caso chi si rifiuta di restare al nord, secondo foto di strade cosparse di corpi diffuse ieri, viene punito con la morte; chi protesta se Hamas ruba dagli ospedali la benzina, il bene più prezioso per i generatori, essenziali per le armi e le gallerie, è finito. Si sentono talvolta da telefonate e brevi registrazioni segnali di protesta: “In realtà” spiega Avi “il sostegno è un po' diminuito, ma è aumentato nell’Autorità nazionale Palestinese. Abu Mazen ha 89 anni, la leadership è debole e corrotta…”. E allora forse è inutile sperare che quando Hamas perderà, Fatah prenda il potere per un soluzione pacifica. Issacharoff ci spera: “E la meno peggio di tutte le soluzioni. Nel 2007 dopo la sconfitta subita da Hamas, per Fatah il ritorno è stato memorabile per la vitalità, la sicurezza, il buon rapporto con Israele”. Le domande sono profonde, e nessuna è dolorosa e difficile come quella sui 242 ostaggi di cui 33 bambini. Netanyahu ha detto ieri che non si parla di nessuna tregua umanitaria se non a fronte della restituzione degli ostaggi, e qui Issacharov alza le mani: “Non so che dire, è terribile, i mediatori sono a lavoro, e nessuno ottiene risultati… la sensazione è che Hamas non sia per ora interessata. Quanto alla tregua, Israele combatte una battaglia da cui per qualsiasi leader è difficile tirarsi indietro, tutto il Paese si sente impegnato, i ragazzi sono sul campo per vincere e contiamo ancora i nostri caduti. È stata la strage più grande in un giorno subita dall’Olocausto, non dimentichiamolo”. E come andrà a finire? L’autore di Fauda è fedele al copione sempre problematico dei suoi script: anche stavolta, difficilmente avremo la testa di Sinwar. La strada è lunga e accidentata.

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