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Il Giornale Rassegna Stampa
04.11.2023 Le portaerei americane bloccano gli ayatollah. E Israele non si ferma
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 04 novembre 2023
Pagina: 1
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Le portaerei americane bloccano gli ayatollah. E Israele non si ferma»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 04/11/2023 l'analisi di Fiamma Nirenstein con il titolo "Le portaerei americane bloccano gli ayatollah. E Israele non si ferma".

Fiamma Nirenstein, Autore presso Fondazione Luigi Einaudi
Fiamma Nirenstein

Tanto rumore per quasi nulla, almeno per ora. Il grande discorso di Hassan Nasrallah, il capo degli Hezbollah, è stato certamente una grande delusione per Hamas e per quanti si aspettavano, mentre le piazze di Beirut guardavano Nasrallah sul grande schermo, che le facesse sventolare in un tripudio bellico contro gli ebrei, annunciando la sua entrata in una guerra totale a fianco di Hamas. Non è andata così: in una giornata in cui in Israele si sono ascoltati in un puzzle di segnali essenziali le voci di Nasrallah (che parlava con una grancassa mediatica da cantante rock), del Segretario di Stato Anthony Blinken e di Netanyahu, abbiamo visto il capo del migliore proxy sciita dell’Iran comunicare soprattutto il suo nervosismo, in una pioggia di giustificazioni e di bugie. Ha chiamato la barbarica impresa di Hamas “azione eroica” e poi ha spiegato però che nell’operazione del 7 ottobre si doveva leggere una scelta rigorosamente autonoma, che non vi erano coinvolti né l’Iran né la sua organizzazione. Hamas è forte, fa da solo: una giustificazione della propria assenza. In secondo luogo con tono profetico Nasrallah ha detto “a chi gli chiede quando entra in guerra” che non solo lo è stato subito, già dal 7 di ottobre, ma che la sua è una guerra vittoriosa: merito suo se i cittadini del nord si sono spostati, merito suo se l’esercito israeliano è là con un terzo delle sue forze, che così non possono essere utilizzate contro Hamas. In realtà le sue armi hanno sparato sporadicamente e in modo che gli è costato la perdita di 60 delle sue forze Radwan, mentre i missili importanti restavano inutilizzati salvo un paio di volte. E sì che Nasrallah ne ha fino a 200mila, forniti dall’Iran. Due menzogne clamorose hanno infiorettato il discorso, quella per cui Hamas starebbe vincendo, mentre l’esercito israeliano in realtà avanza con dolorose ma non numerose perdite, mentre gli uomini di Hamas vengono decimati mentre i grossi leader restano nascosti. L’altra bugia è una rivoltante affermazione negazionista, per cui sarebbe stato l’esercito israeliano stesso a uccidere le donne e i bambini dei kibbutz, e Hamas sarebbe mondo dei crimini di guerra. La sentiremo ripetere dalle folle che ormai gridano “morte agli ebrei” nelle piazze di tutto il mondo, chiaramente Nasrallah l’ha detta per eccitarle. Insomma, per ora sulla scena non compare un grande fronte nord. E l’Iran aspetta. In Medio Oriente fa paura sia la determinazione di Israele, che le portaerei americane che hanno già fermato i missili balistici dei Houti. Blinken, per la quarta volta a Gerusalemme, ha ribadito i punti fondamentali dell’alleanza “indistruttibile”, il sostegno diplomatico, di armi e di denaro a Israele: ma il suo discorso ha avuto toni che segnano il passare del tempo. Adesso gli USA chiedono a Israele di impegnarsi di più sul terreno umanitario, e legano la questione a quella della liberazione degli ostaggi. Blinken ha nominato non a caso oltre al cibo, le medicine, l’acqua e anche la benzina, che è un punto chiave perché serve a un uso bellico molto diretto e Israele rifiuta di fornirla. Blinken ha parlato anche di “pausa umanitaria” che, anche se non è “tregua” può aiutare Hamas a riassestare le sue fila. Quel che ha fatto più effetto Blinken ha accostato la sorte dei bambini israeliani a quelle dei bambini palestinesi, stabilendo un’equivalenza che dimentica che i bambini palestinesi soffrono nelle mani di chi ne ha fatto scudi umani e certo non vi è nessuna intenzione di far loro del male. Le soluzioni sono difficili, e la richiesta deve tenerne conto. Anche Netanyahu ha preso ieri la parola per confortare e rafforzare i soldati, per ricordare i caduti, per lodarne l’eroismo. È stato un tipico antico discorso di guerra, come Ettore ai Troiani o Achille agli Achei: andare fino in fondo senza esitazioni nonostante il dolore e la difficoltà. Di “pausa” e tantomeno di “tregua” non si parla. Su questo gli americani devono aspettare. Al momento, tutta Israele sa che nessuno potrà tornare a abitare nel sud se i vicini promettono la prossima strage. E al nord la situazione è simile. Nessuno dorme a casa. Il fronte resta ancora aperto dopo il discorso del loro capo.

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