lunedi` 29 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Giornale Rassegna Stampa
26.10.2023 Un massacro mai visto
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 26 ottobre 2023
Pagina: 1
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Un massacro mai visto»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 26/10/2023 l'analisi di Fiamma Nirenstein con il titolo "Un massacro mai visto".

Fiamma Nirenstein, Autore presso Fondazione Luigi Einaudi
Fiamma Nirenstein

Si sta rimuovendo il 7 ottobre: è troppo difficile interrompere il bel sogno pacifista del dopoguerra per capire che abbiamo assistito all’apertura inguardabile, inaspettata, di una guerra mai vista prima a tutto il mondo civile. Un massacro di bambini ha bisogno di strumenti particolari per essere compreso. Bisogna prima di tutto guardarlo, sapere resistere alle immagini delle creature piccole che dicono «voglio la mamma» mentre li si tortura e uccide. Poi, bisogna sapersi chiedere come è accaduto; guardare proprio in faccia i massacratori, ascoltare cosa dicono. Infine, scacciare la paura per domandarsi come evitare che arrivi fino a te.

Nessuna di queste operazioni è stata fatta da Guterres, il segretario dell’Onu, né dalle piazze che inneggiano alla distruzione dello Stato d’Israele che blaterano del conflitto israelo-palestinese. Vorrei costringerli a sedersi al buio come ha fatto la cronista ieri e a guardare per 45 minuti le riprese fatte con le loro telecamere dagli uomini di Hamas mentre massacravano le loro 1.500 vittime innocenti, le famiglie stupefatte dell’aggressione e poi immerse nel loro sangue, gli stralci di video dei telefonini delle vittime ritrovati fra le rovine dei kibbutz.

Come sono davvero i terroristi? Sono allegri e disciplinati, affollati sui pickup per compiere il massacro e cominciano a ammazzare tutti i guidatori delle auto: così è previsto. Una volta entrati nei kibbutz avevano una missione precisa. Svelata da un biglietto scritto a mano, trovato sul corpo di uno dei miliziani uccisi e diffuso dall’esercito israeliano: «Sappi che questo tuo nemico è una malattia che non ha cura, se non la decapitazione e l’estrazione di cuore e fegato!». Li vediamo agire secondo un copione collettivo, con grandi roncole fanno a pezzi tutti quanti... «Allah akbar», ripetono senza smettere un attimo, ogni colpo per staccare una testa, ogni gruppo che si butta in massa addosso a una ragazza ormai tutta sanguinante e semi spogliata ripete e ripete che Allah è grande, si incitano felici l’un l’altro. Una pletora di corpi bruciati vivi rende evidente che la soddisfazione va di pari passo con l’organizzazione, il programma procede.

Hanno una gerarchia precisa, rispondono a capi, eseguono ordini: lo fanno quando si scatenano dietro a un gruppo di bambine ammucchiate sotto un tendone per la mutilazione, la morte, lo stupro da vive e da morte, come si vede nei video. Agiscono in gruppi organizzati, sono del tutto atoni al pianto infantile, alla parola «innocenti» o «madre», la parola «bambino» non ha più ruolo semantico: hanno istruzioni come quelle delle SS quando buttano addosso a un padre con due bambini piccoli in fuga una bomba a mano, uccidono il padre, buttano i bambini in una stanza. Il più grande zitto accarezza il secondo che grida «babbo, babbo, è morto davvero, non è un film, voglio la mia mamma», e l’altro gli chiede «ci vedi da quell’occhio», il piccolo dice di no, e finisce là; sono solo due dei bambini la cui sorte è ignota.

Questa vicenda non finisce qui, è diversa da tutte, mai si è sperimentato l’ordine di spopolare con mezzi estremi, famiglia per famiglia, tutto il territorio, con una strategia che suggerisca la fine del mondo. Cos’è tutto quest’odio? Chiedo al generale Micky Edelstein che presenta il film: «Non è odio - dice - è un programma». Come rivela la Cnn sono durati due anni i preparativi di Hamas, i terroristi sono riusciti a eludere la sorveglianza delle più potenti agenzie di intelligence del pianeta con uno stratagemma, un «controspionaggio vecchio stile». Privilegiati incontri di persona e telefoni fissi nei tunnel di Gaza. E solo una piccola cellula di Hamas era al corrente dei piani per l’assalto simulato - come rivela il Wall Street Journal - a settembre in Iran, poi è stato allertato un gruppo più ampio di combattenti, pronti ad agire, solo quando ormai era tutto deciso.

Harold Rhode, già consigliere speciale del Pentagono per la cultura islamica, spiega così la filosofia: «È la cultura nomadica araba, dettata da leggi di sopravvivenza selvagge: una terra un tempo musulmana deve tornare all’Islam a qualsiasi costo. Non c’è limite ai mezzi per farlo, di generazione in generazione».
Spiega ancora Rhode che mentre conquisti, devi terrorizzare, donne e bambini sono solo la carne da macello che deve sanguinare per disegnare il tuo dominio. Chi non lo fa, è una pecora: i nemici vanno divorati vivi. Il piano del sabato nero era questo, e l’Iran è il suo profeta.

Per inviare al Giornale la propria opinione, telefonare: 02/85661, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


segreteria@ilgiornale.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT