Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 20/08/2021, a pag. 8 con il titolo "Nell'addio delle madri la speranza del futuro", l'analisi di Fiamma Nirenstein.
A destra: donne afghane
Se qualcuno ha dei dubbi sull'immensità della tragedia afgana, del pericolo totale e definitivo che ogni essere umano corre in quel Paese e, in generale, quando l'integralismo islamico al potere, nessuna conferma può essere maggiore del gesto che dobbiamo vedere in queste ore: madri che porgono i loro bambini oltre il filo spinato dell'aeroporto ai soldati in partenza o comunque a qualcuno che possa portarli via dall'inferno, che possa salvarli da un testino terribile, da una vita impossibile o dalla morte. Come può una madre separarsi dal suo piccolo e consegnarlo a un destino imprevedibile? Quando i nazisti e i loro alleati europei davano la caccia agli ebrei per convogliarli verso i campi di concentramento, le madri, le famiglie, presero la decisione estrema di abbandonarli presso conventi, famiglie amichevoli, amici coraggiosi. È una storia complicata, che ha avuto successivamente risvolti duri: la via della riunificazione è stata molto difficile, talvolta si è conclusa in perdita e tragedia. Ma quelle famiglie, allora, erano sicure di dover tentare la via della salvezza per i loro figli. Non c'era scelta. Ci furono madri che decisero persino di lasciare cadere dal treno della deportazione, in un momento in cui rallentava, il bambino neonato che portavano in braccio.
La fuga disperata all'aeroporto di Kabul: le madri porgono i bambini ai soldati oltre il filo spinato
A fronte della Shoah, tutto è possibile, o il bambino morirà, come succede a Magda ne "Lo scialle" di Cynthia Ozick, nonostante tutti i tentativi della madre di salvarla. È sempre difficile confrontare qualsiasi evento con lo sterminio di sei milioni di persone, e con l'eccidio di un milione e mezzo di bambini, tanti all'incirca i tedeschi ne uccisero. Ma il gesto di una madre che affida il figlio piccolo a un destino cieco, che non sa se lo rivedrà mai più, che spera che nel mondo ci sia ancora qualcosa di buono per lui a fronte del male assoluto, è uguale nell'eternità. Insopportabile per la coscienza di ciascuno di noi. Queste donne, queste madri, non sanno che cosa aspetta la creatura che hanno in braccio, ma sanno benissimo, per esperienza, e perché già si vede in questi giorni, che cosa accadrà loro:apparterranno a quel mondo buio che si vede solo dalla grata del burka, non potranno uscire di casa se non accompagnate da un maschio, le loro sorelle non sposate cadranno schiave dei talebani sotto la pretesa di un "matrimonio", non potranno lavorare, i loro figli cresceranno nel degrado generale della salute e dell'educazione, in uno stato paria, inseguiti dalla violenza islamofascista dei padroni di casa, giudicati secondo la loro obbedienza da un potere fanatico e incivile. La minaccia di morte e di tortura in una società del genere è continua, basta una menzogna, un pregiudizio, un gesto interpretato come una violazione religiosa, l'idea di una violazione delle regole sessuali talebane comportano la lapidazione, il furto o la corruzione il taglio della mano.
"Lo scialle" di Cynthia Ozick
Certo, quelle madri disperate all'aeroporto temono la criminalizzazione e il pregiudizio, magari il loro marito o loro stesse hanno lavorato presso qualche americano o amico degli americani, e adesso si aspettano la vendetta. Il loro campo di concentramento è il loro stesso Paese. Il filo spinato dell'aeroporto è quello oltre il quale cercano di far volare via i loro bambini, come Khaled Hosseini nel "Cacciatore di aquiloni" libera il bambino Sohrab dagli orrori talebani.