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Il Giornale Rassegna Stampa
01.05.2021 La tragedia di Monte Meron: 45 vittime
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 01 maggio 2021
Pagina: 14
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Il tragico raduno religioso. E' strage anche di bambini»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 01/05/2021, a pag. 14 con il titolo "Il tragico raduno religioso. E' strage anche di bambini" l'analisi di Fiamma Nirenstein.

A destra: la scena dopo la strage

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Fiamma Nirenstein

Così vicini nel dolore indicibile di tutto Israele dopo la tragedia del Monte Meron che ha lasciato 45 morti sul terreno; e così lontani con quei vestiti neri, l'uno accanto all'altro, compatti nella fede messianica invincibile anche oggi. La loro isola di comportamenti mistici e esoterici si rompe nella disperazione e nel desiderio di essere abbracciati da tutti i cittadini di questo stato piccolissimo, Israele, costruita a immagine e somiglianza di un ebreo moderno che non porta quel cappello alto, adatto al clima della Polonia; l'unica democrazia del Medioriente, il frutto del Kibbutz e della determinazione all'unità di un socialista, David Ben Gurion, fra laici e religiosi, un popolo che ha sofferto tante perdite a causa delle aggressioni del terrorismo e delle guerre del mondo arabo: E però, eccolo di nuovo nel dolore, è parte fondamentale e pulsante un mondo mistico in cui ieri sono morti schiacciati dalla loro folla nerovestita, che si è accalcata e spinta fino alla fine mentre festeggiava per realizzare un sogno mistico, astratto, e anche altissimo dal punto di vista dell'astrazione teorica religiosa, quella della Cabbalà, l'interpretazione mistica della Torah, la Bibbia. Ora tutta Israele piange e abbraccia quel mondo, nella laicissima Tel Aviv si fa la fila per donare il sangue per le centinaia di feriti sopravvissuti, si cercano i dispersi che sono tanti, tutto il mondo della comunicazione, proibito ai religiosi, è scatenato per loro. Tutti qui, compresi gli arabi israeliani, e persino parte dei palestinesi sono attoniti di fronte alla crudeltà della tragedia che si è consumata la notte scorsa. Tutto il mondo manda le proprie condoglianze dalla Germania alla Giordania. Sono morti soprattutto giovani, ragazzi e ragazzini e anche bambini. Fra i nomi dei morti, oltre a quelli di dodicenni e quindicenni, certuni parlano di un mondo che si è visto solo in televisione guardando la serie “ShtisSel": David Kreus, 26 anni, lascia 9 bambini; Eliezer Zvi Yossef, 26 anni, padre di 4 figli..... e così via. Li hanno seppelliti tutti e 45 nelle ore prima del sabato che è entrato ieri sera al tramonto per non violare le regole religiosi, un padre dal letto di ospedale ha pregato piangendo di seppellire la pupilla dei suoi occhi il tredicenne Iedidia Hayot. In un profluvio di disperazione Netanyahu ha indetto una giornata di lutto nazionale: l'ultimo era stato per la morte di Shimon Peres. 150mila persone, coi torpedoni, con le macchine private e chi non trovava posto a piedi, hanno pellegrinato con le famiglie al monte Meron nelle ore precedenti al disastro, come da tradizione. Così, la folla eccessiva, stipata, assiepata, alle una di notte, cammina per una parte fra due barriere che avrebbe dovuto contenerla e guidarne la marcia verso la grande arena degradante: là già si svolgevano canti, balli, preghiere, là si accendono i fuochi in memoria del grande saggio del secondo secolo dC rabbi Shimon bar Yochai, la cui tomba è oggetto di un immenso pellegrinaggio annuale nella ricorrenza della morte. La gente cammina in discesa, un punto particolare della strada è scivolosa, un gruppo cade e col suo peso schiaccia, sospinge, crea la valanga. Il corridoio della morte è stato sgomberato nelle ore successive alla strage dalle bottiglie di plastica, cibo, oggetti personali, mentre ancora risuonavano le sirene delle autoambulanze, le grida dei soccorritori con i feriti sulle barelle, il rumore delle pale degli elicotteri e le forze dell'ordine cercavano di tenere indietro chi veniva a cercare i propri cari o a riprendere quello che aveva perduto. Mentre scriviamo e si comincia a ragionare delle responsabilità dell'accaduto ancora i fedeli salgono al Monte. La folla nerovestita, senza maschere per la prima volta dopo il virus che l'anno scorso ha limitato il numero dei fedeli in visita al Monte, pare ammontasse a 150mila persone: troppi comunque nella consueta dinamica del rapporto fra lo Stato, che ha cercato di stabilire regole e capsule, e i gruppi religiosi che rivendicano sempre la priorità della loro visione del mondo, come durante la crisi Covid, incuranti delle regole e primi della lista dei contagiati. Con questo, c'è qualcosa di ipnotico nella passione anche intellettuale con cui salgono ogni anno alla tomba del loro antico rabbi Bar Yochai, il fondatore della visione mistica della Torah, l'autore dello Zohar, il testo base della Cabbalà. La vita di queste comunità è un distillato di fede mistica, ogni aspetto dell'esistenza vi è subordinato, il benessere indifferente, la cultura solo sapienziale. Vite, agli occhi laici, misteriose, cariche di sottintesa critica per chi non le condivida, ma anche di senso di carità, e anche di contraddizioni nel Paese di cui, per la gran parte, non condividono il sionismo fino alla venuta del Messia. Se però questo mondo "haredi" non fosse stato così determinato a mantenere le proprie tradizioni mentre il mondo ebraico prendeva le strade del secolo, certamente gli eventi storici con la loro crudeltà avrebbero cancellato il Popolo del Libro. Il santo dello Zohar invitò i suoi a festeggiare la sua morte, definendolo"il giorno della sua gioia". Bar Yochai ha anche detto, seguito poi dal Cristianesimo, che il dettato divino "ama il prossimo tuo come te stesso" riassume il significato di tutto l'ebraismo. Un messaggio universale: i suoi fedeli vestiti di nero, che una volta l'anno trovano indispensabile salire al Monte Meron, sono oggi la fragile vittima della sorte umana che tutti dobbiamo amare.

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