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Il Giornale Rassegna Stampa
04.11.2020 Trump vs Biden, è testa a testa negli Stati chiave
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 04 novembre 2020
Pagina: 14
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Il prossimo strappo sarà la Cina o si tornerà al multilateralismo»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 04/11/2020, a pag. 14 con il titolo "Il prossimo strappo sarà la Cina o si tornerà al multilateralismo" l'analisi di Fiamma Nirenstein.

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Fiamma Nirenstein


Donald Trump, Joe Biden

Il voto americano è un voto sulla politica estera. Biden e Trump hanno due visioni completamente diverse del significato stesso di ciò che l'America deve rappresentare. Quando Trump nel discorso inaugurale pronunciò con voce tonante «America first» le raffinate orecchie europee e dei liberal americani ne furono rintronate. Uno dei tanti custodi dell'ordine costituito, Peter Wittig, ex ambasciatore tedesco a Washington, sentì questo suono come una «abdicazione alla leadership americana dell'alleanza transatlantica». Un abbandono del concetto stesso di multilateralismo, delle decisioni collegiali, magari inutili, talora insensate, a volte dannose... ma collegiali, e quindi utili dopo tanto autoritarismo. Trump in politica estera ha divorziato da quello che Wittig, come tanti altri, definisce valori di «decenza, buon senso, diritti umani...». In realtà il disdoro esprime, per quanto Biden lo presenti come ripresa di una visione di sinistra, un punta di vista conservatore. Trump ha intrapreso strade inesplorate, Biden vuole riprendere sentieri conosciuti al buon senso internazionale, alla cui base c'è l'idea che il multilateralismo abbia sempre ragione anche quando la storia gli dà torto. Il clima, la Cina, il trattato con l'Iran, Israele, la Nato... Biden vuole semplicemente fare alla rovescia la strada, facendo tornare a sorridere Angela Merkel e Hollywood, che è tutta liberal. Trump ha bruciato una quantità di trattati multilaterali badando all'interesse americano: nel 2017 si ritrae dall'accordo di Parigi sul clima, a cui Obama aveva lavorato e che era stato firmato da 195 Stati. Biden ha giurato che lo riabbraccerà. Nel 2018 ha abbandonato il trattato nucleare con l'Iran, il bambino più disgraziato di Obama, un evidente fallimento, ma Biden ha detto che lo recupererà. Poco dopo, Trump fa una scenata screanzata alla Nato, accusando gli stati membri di una realtà che tutti conoscono, cioè di non investire denaro nella difesa collettiva approfittando dell'impegno americano; anche qui Biden vuole restaurare i rapporti pur riconoscendo che Trump ha messo il dito nella piaga. Trump ha messo alla sbarra l'Onu; ha lasciato l'Oms, che ha rifiutato di osservare da vicino il comportamento della Cina; ha lasciato a bollire nel loro brodo diverse organizzazioni come Unesco o Unrwa. Insomma, ha tolto i soldi a chi non li meritava, magari Biden approfitterà di questa situazione, anche se ora tutti sperano che restituisca i finanziamenti. Con la Russia è stato piuttosto duro, ma possibilista, con alterne vicende legate alle opportunità e alle convenienze. Putin è per lui un abile antagonista, pronto a tutto, e così anche Trump dà segnali di esserlo. Biden non farà paura come lui, che è un po' matto, e Putin non ci scherza. La Cina e il Medioriente, sono la vera prova del fuoco. La Cina ha in Trump un antagonista esplicito, con toni da guerra fredda, sul sospetto che il Covid sia stato almeno una vicenda di grave incapacità cinese. Trump ha portato un attacco frontale, miliardario, agli accordi commerciali e in particolare alla diffusione mondiale dei sistemi del 5G; la sacrosanta critica alla repressione a Honk Kong, in Tibet, agli uiguri, fanno sì che sia difficile ascrivere ad atteggiamenti di destra l'atteggiamento di Trump. Qui lui combatte, di certo, prepotenza, autoritarismo, razzismo. Biden vuole riaprire, ma studia la questione e dice che comunque metterà sotto torchio la terribile produzione di inquinamento di carbone della Cina, mentre però le permetterà di rientrare nel gioco commerciale mondiale. Infine, Trump ha cambiato alle fondamenta il paradigma che faceva dei palestinesi l'unico arbitro della pace con Israele e ha creato un larghissimo processo di pace coi Paesi sunniti. Dopo aver rafforzato Gerusalemme con l'ambasciata americana, ha chiamato in gioco Paesi arabi pronti a riconoscere Israele, dando così una forte mano al dialogo con una gran parte del mondo musulmano. E c'è n'è bisogno per tutti. Biden vede che indietro da Gerusalemme non si torna, e ci manterrà l'ambasciata. Anche con meno supporto americano, difficilmente Biden potrà bloccare la strada della nuova pace mediorientale. I palestinesi tifano per Biden, Israele e i Paesi pacifisti per Trump. Una strana storia. Il mondo non sa, aspetta, in parte trema, in parte spera.

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