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Il Giornale Rassegna Stampa
27.10.2019 Libano: un paese nelle mani di Hezbollah/Iran
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 27 ottobre 2019
Pagina: 10
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «KO l'mperialismo dell'Iran sciita»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 27/10/2019, con il titolo "KO l'mperialismo dell'Iran sciita" l'analisi di Fiamma Nirenstein


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Il Medio Oriente è in eruzione: ma le sue rivoluzioni sono melanconiche. Come una volta parlando con la cronista disse Arafat, le dune di sabbia cambiano forma, il panorama appare diverso, ma la sabbia è la stessa. Quindi, anche se risulterà vera la voce di queste ore per cui il primo ministro Hariri e il presidente Aoun avrebbero deciso che il governo deve dimettersi come chiede la piazza, difficile sapere se si tratta solo di una manovra per conservare sotto mentite spoglie lo status quo. Gli interessi internazionali prima di tutto degli hezbollah e degli Iraniani sono forti. Altrettanto in Iraq, dove la sommossa fa decine di morti, ma il governo non è neppure riuscito a tenere la seduta di emergenza che aveva convocato. Il teatro del Medio Oriente è di nuovo sottosopra e si rovescia continuamente: se ieri tutte le cronache davano l'imperialismo sciita iraniano rampante e in crescita, entusiasta per la ritirata americana dalla Siria,oggi si può dire che invece stia subendo numerose ammaccature, e che gli Hezbollah stiano pagando la loro prepotenza. Di certo il Libano e l'Iraq sono due Paesi oggi a predominio sciita, se pure molto diversi fra di loro, ma esso sembra molto scosso dalle rivoluzioni di piazza di questi giorni. In Libano la longa manus dell'Iran ha nelle scorse ore invano intimato alle folle, impugnando manganelli e armi, bloccando le strade, di smetterla di chiedere le dimissioni del governo. Nasrallah ha predicato, nell'indifferenza generale, che la rivoluzione è tutta una congiura israelo-americana. Ma la gente è in piazza. In Iraq le milizie del potere sciita che governa sotto l'influenza iraniana, sono tornate a sparare facendo, sembra, intorno ai 40 morti e circa 2000 feriti. Una reazione furiosa e impaurita che contraddice le mosse dei giorni scorsi, quando una commissione d'inchiesta aveva contato dal 3 di settembre 149 morti e 3000 feriti. Qui, il governo ha declinato ogni responsabilità dicendo di non aver dato ordine di sparare, e il primo ministro ha anche dichiarato che la gente era libera di dimostrare. In Iraq il sistema post 2003, dopo l'epoca del sunnita Saddam Hussein, disegnò una costituzione che pretendendo di risolvere lo scontro sciita sunnita, di fatto procrastinava un sistema di imposizioni e corruzione. Il Libano come l'Iraq, è in questo momento attraversato, squassato, da una crisi del settarismo e al cui cuore sta dal 1983 la grande fazione degli Hezbollah, super armata dall'Iran, presente in tutte le guerre del Medio Oriente, nel terrorismo e nel traffico di droga internazionale. E' impossibile che un Paese composito e con un potenziale culturale e politico come quella che un tempo lontano veniva definita "la Svizzera del Medio Oriente" ne sia soggiogata. Le classi dirigenti sono state schiacciate nella paura e nella rete del denaro illecito. La folla impoverita chiede una rivoluzione che faccia del Libano quello che si merita: una democrazia avanzata, senza vincoli religiosi, che rispecchi il desiderio di benessere e di modernità. Il guaio è che per ambedue i casi in questione una situazione incancrenita ha impedito lo sviluppo di leadership laiche attendibili: gli interessi personali si sono travestiti da ideali religiosi e i gruppi di potere hanno penalizzato senza pietà la gente, privandola di sostentamento, lavoro, educazione. Il debito del Libano è al 150 per cento del PIL, il 32 per cento della spesa del governo è in interessi sul debito, il 32 in stipendi governativi. La violenza (basta pensare alla carica di tritolo con cui fu ucciso Rafik Hariri nel febbraio del 2005) l'ha privato di personalità indipendenti e vigorose. Il sessanta per cento della popolazione ha meno di 25 anni, molti politici occupano le sedie in dinastie familiari, e il settarismo religioso sostituisce la democrazia. Più di un milione di profughi siriani hanno aggravato la situazione economica e gonfiato mercati illeciti, le tasse sono state usate per rimpinguare una classe dirigente che è stata capace di mettere una tassa di sei dollari su WhatsApp, la molla che ha fatto scattare la rabbia. Adesso si ha un bel rinunciarci e dimezzare gli stipendi dei politici, come ha fatto Hariri. I giovani chiedono le dimissioni di tutto il governo, occupano le piazze anche se sulle moto arrivano gli hezbollah in caccia. Intervistati, dicono che non ne vogliono sapere più niente di sciiti, sunniti, cristiani, che non hanno idea di che religione sia la persona con cui marciano, ma che vogliono elettricità in casa,lavoro, diritto allo studio. Nell'88, due anni prima che si concludesse la guerra fra fazioni che aveva fatto 250mila morti e durava dal 1975, l'Accordo di Taif promise di cambiare il peso delle forze in campo in parlamento e di riformare la costituzione. Ma non è accaduto, e la gente non ne può più e mette in un solo mazzo il presidente Aoun, cristiano ma legatissimo agli Hezbollah eletto presidente dopo 45 tentativi falliti in due anni, Nabil Berri speaker del parlamento, leader del partito shiita di Amal, presidente del Parlamento, Hariri,il sunnita primo ministro. Forse se ne stanno andando. Ma gli hezbollah sotto la sigla della "resistenza", minacciano la guerra civile.

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