mercoledi` 08 maggio 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Giornale Rassegna Stampa
26.10.2019 Eli Cohen, l'eroe che mise in scacco la Siria
Commento di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 26 ottobre 2019
Pagina: 33
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «'The Spy' rende giustizia a un vero eroe di Israele»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 26/10/2019, a pag.33, con il titolo "'The Spy' rende giustizia a un vero eroe di Israele" il commento di Fiamma Nirenstein

Risultati immagini per eli cohen baron cohen the spy
Eli Cohen/Sacha Baron Cohen

Risultati immagini per fiamma nirenstein il giornale
Fiamma Nirenstein

La storia di Elie Cohen è meravigliosa, l'interpretazione di Sacha Baron Cohen stupefacente, ma le 6 puntate di Netflix "The spy" sulla famosa spia troppo dolorose, forse, troppo vere, per potere essere digerite nel comune pasto delle serie televisive. Tant'è vero che con desiderio di delegittimazione, travestito da passione per l'action, svariate recensioni, e soprattutto quella del giornale Ha’aretz che non si stanca mai di riportare tutto alla politica che gli interessa, aggredisce la serie dicendo senza veli: "Finalmente eccone una che può piacere a Netanyahu". Che vergogna!
Vero, questa serie, per la memoria, per il senso (finalmente! Dopo tanti film in cui Israele chiede scusa e perdono di doversi difendere) di straordinarietà e di eroismo che comunica restando sostanzialmente aderente al testo storico,fa capire parecchio, di Israele, del suo spirito, dell'incredibile funambolismo della sua sopravvivenza.
E Baron Cohen, che fino a ora aveva fatto ridere e sogghignare con Borat e con Bruno, riporta alla vita con un'interpretazione molto appropriata "la spia" e riesce a trasformarsi del tutto, senza tante storie, con la semplicità che hanno solo i grandi attori. E rilegge tutta la storia di Cohen (tanto più che hanno lo stesso nome, il più simbolico del mondo ebraico) senza togliere e senza mettere, riproducendo il testo di una grande storia che ha un solo difetto: finisce male.
Sin dalla prima scena, in cui Eli è già stato torturato, e in cella, e scrive il messaggio di congedo alla moglie lontana, lo spettatore sa dove siamo diretti: al patibolo.
Sacha Baron riesce tutto il tempo a comunicare con la sua stessa fisionomia di ebreo egiziano, anche nei momenti in cui si vedono le sue feste, i suoi equilibrismi, i suoi successi a Damasco, una melanconia mediorientale, il senso di un destino segnato, quello di consacrare la propria giovinezza; così sceglie di interpretare il suo personaggio anche il suo responsabile nel Mossad, Dan (Noah Emmerich, lo stesso di "The Americans"): eccitato dai successi incredibili del suo inviato nello stesso tempo lo vediamo sempre angosciato per il rischio continuo.
Così è sempre nella storia e nella vita quotidiana di Israele, non sai mai se sei più fiero di ciò che riesci a conquistare, a preservare nonostante tutto, o più preoccupato per la sorte dei tuoi cari, dei tuoi amici, dei tuoi stessi figli.
Eli Cohen nacque nel 1924 ad Alessandria d'Egitto e i suoi genitori subirono la grande espulsione di 600mila ebrei dal mondo arabo alla nascita dello Stato di Israele.
Eli restò in Egitto per concludere i suoi studi di elettronica. Partecipò a attività sioniste,ma fu arrestato, e prese parte a una missione segreta per Israele fino a essere a sua volta espulso nel 56. Eli, un giovane semplice ma ambizioso, cerca di entrare nel Mossad, ma ancora non è considerato pronto. Così, e questo nel film già si vede, il suo training, nel momento in cui si scoprono i suoi talenti, sarà frenetico, intensivo, perchè la Siria diventa pericolosa ogni giorno, mentre avanza il potere baathista.
Intanto nella sua vita avanza il grande amore, Nadia Majald, una bella ragazza di origine irachena, con cui nel film si sorride e si piange, mentre lei da sola, negli anni a partire dal 1960, quando Eli parte per l'Argentina, cresce in totale solitudine i suoi due bambini. Oggi Nadia commentando la serie ha detto che non è del tutto soddisfatta, che ci sono cose inesatte: ma la sua critica è stata piuttosto blanda, quella di chiunque abbia vissuto una vicenda unica, irripetibile, che non può essere riprodotta o rappresentata; ha detto anche che comunque è positivo che se ne parli perchè così c'è la speranza che il corpo di Eli possa essere un giorno restituito.
Perchè i siriani ancora non lo hanno fatto, è facile da indovinare: brucia troppo quello che Cohen è riuscito a realizzare durante la sua fantasmagorica operazione.
Eli fu rapidamente addestrato a parlare arabo con accento siriano benchè provenisse dall'Egitto, e prese il nome di Kamel Amin Thaabet.
In Argentina, la sua prima tappa, si guadagnò un gran nome di patriota siriano, di benefattore e anche di organizzatore di feste che divertivano i militari, i diplomatici, l'elite siriana, fino conquistare l'amicizia di Amin al Hafez, che sarebbe poi diventato presidente della Siria.
Kamel finalmente si trasferì in Siria sull'ala della sua fama di patriota, e non solo riuscì a scoprire segreti che mandava in patria con l'alfabeto morse che nel film clicca ogni sera su una radio che tiene in un armadio, e che alla fine lo farà scoprire, ma crea, influenzando i circoli sempre più importanti di cui entra a far parte, realtà che possano diventare utili a Israele.
Per esempio, sarà lui con un pretesto gesto di munificenza a far piantare gli alberi che proteggano le postazioni militari siriane, ma anche che disegnino la cartina delle loro posizioni, cosa che risulterà essenziale per bombardarle nella Guerra dei Sei Giorni…
Baron Cohen ha momenti di eccellenza quando, persino a casa sua, con la madre e con la moglie in Israele, e poi sulla soglia dell'esecuzione, mostra la confusione mentale, dopo tanta sicurezza di sé nell'azione, di una persona costretta al sacrificio essenziale di trasformare la sua personalità fino a rinunciare alla propria vita.
Eli a volte diventa Kamel, e ne soffre. Le sue feste lussuriose, il corteggiamento femminile cui deve sottoporsi essendo un marito fedele, il trattamento di favore dell'esercito che lo conduce nelle postazioni più delicate proponendogli persino di sparare personalmente sugli israeliani che si vedono in lontananza nei campi (un momento molto drammatico) sono tutte parte di un lavoro che Eli compie con professionale insistenza, con ginnico portamento.
Fare la spia cambiando personalità è un lavoro di cesello, di lunga durata, i successi non ti devono eccitare, la paura non deve esistere, persino la proposta di al Hafez di diventare viceministro della difesa sono parte di un giuoco che riguarda lo Stato, non te personalmente.
Un understatement che si estende alla descrizione di una Siria che sappiamo molto fanatica: qui i siriani, gli amici violenti, i politici viziosi,i militari fanatici panarabisti, sono trattati nella serie con una discrezione, senza esagerare.
Al Hafez è persino carino. Nel 1964 Eli durante una visita a casa disse che avrebbe voluto tornare: un ufficiale del controspionaggio cominciava a sorvegliarlo da vicino. Presto, fu scoperto. E qui viene trattata brevemente la tortura, la condanna senza processo e senza difesa, la ricerca da parte della moglie di un inutile aiuto internazionale.
La Siria era furiosa e umiliata: la pazzesca bravata lasciò senza parole l'intera elite siriana che andava regolarmente a cena da lui. Come era stato possibile? Come davvero è potuto essere che un ebreo, un israeliano abbia percorso tutta la strada fin dentro le stanze del potere siriano? Questa domanda riguarda tutte le impossibili operazioni che Israele compie, per esempio la liberazione degli ostaggi di Entebbe, la Guerra dei Sei Giorni, il rapimento di Eichmann, il furto dell'intero archivio nucleare iraniano e il suo trasporto in Israele e mille altre.
Sono tutti risultati dell'essenza del Paese di un popolo che ha duemila anni e che ha subito ogni possibile persecuzione. La sua stessa sopravvivenza è un miracolo.
Eli Cohen ha dato il suo importante contributo.

Per inviare al Giornale la propria opinione,telefonare: 02/85661, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

segreteria@ilgiornale.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT