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Il Giornale Rassegna Stampa
03.09.2019 Quella parte del mondo ebraico che critica Donald Trump
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 03 settembre 2019
Pagina: 22
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «L'amore (non corrisposto) degli ebrei per la sinistra»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 03/09/2019, a pag. 22 con il titolo "L'amore (non corrisposto) degli ebrei per la sinistra", l'analisi di Fiamma Nirenstein.

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Fiamma Nirenstein

Trump ha aperto una nuova questione ebraica, che si è affacciata col sapore di un frutto proibito già molte volte, ma non ha bruciato mai al calor bianco della politica americana: perché gli ebrei hanno una propensione verso la sinistra nonostante tutto l'antisemitismo travestito da "critica al sionismo" o allo Stato di Israele che essa ha dimostrato dal tempo dell'Unione Sovietica e anche da prima, quando i suoi maggiori teorici individuavano negli ebrei gli alfieri del capitalismo? Perché sono persino pronti a disprezzare, a mettere da parte senza riguardo la più evidente simpatia per Israele se viene da parte conservatrice? La storia dell'ultimo esempio di questa situazione è nota: il 19 di agosto Israele ha rifiutato il permesso di entrare a una nuova eletta democratica del Congresso, Rashida Tlaib, di origine palestinese. La Tlaib insieme a un'altra nuova eletta democratica, Ilhan Omar, è un'esponente del movimento di boicottaggio di Israele. Israele, dopo lunga e acuta discussione, aveva prima stabilito per legge di proibire l'ingresso agli esponenti del BDS, che non è, come pretende, un movimento di critica democratica, ma un travestimento ideologico per nascondere lo scopo della sparizione di Israele (le prove sono migliaia, ma questo è un altro articolo).

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Donald Trump

Le due neoelette con grandi fanfare si erano unite a un gruppo di deputati e senatori americani diretti in Medio Oriente, ma si sono fatte organizzare una gita a parte che soddisfaceva la loro scelta propagandistica radicalmente anti-israeliana. Non a caso l'aveva messa in piedi una NGO palestinese filoterrorista: uno dei dirigenti ha scritto persino che gli ebrei bevono il sangue dei cristiani per Pasqua. Dopo un primo diniego la Tllaib ha avuto il permesso di entrare in Israele, che lei chiama solo Palestina, a causa di una vecchia nonna che desiderava rivedere. La Tlaib prima ha annunciato che accettava e che non avrebbe predicato odio, poi spinta da molti tweet e commenti ha deciso per il gran rifiuto. Intanto il maremoto democratico ha spiaggiato ogni dubbio sulla effettiva opportunità di evitare, come hanno fatto a volte altri Paesi giudicati con un metro normale, che venga in visita qualcuno che predica la tua distruzione; invece si sono udite, a destra e a sinistra, molte esclamazioni di biasimo contro Israele colpevole di un gesto che può portare all'alienazione dei democratici. L'accusa più insistente: aver fatto il gioco di Trump nel mettere all'indice due esponenti del partito suo nemico nella prossima tornata elettorale. E la comunità ebraica americana per la maggioranza si è unita al coro nonostante l'atteggiamento iperamichevole del presidente... è su questo "nonostante" che Trump ha basato la sua critica al mondo ebraico di sinistra. Ma come? Gli ha detto. Ho riconosciuto Gerusalemme come capitale, il Golan come parte di Israele, ho tagliato i fondi che i palestinesi usano per stipendiare i terroristi e le loro famiglie, ho tagliato i soldi dell'UNRWA che conserva a fini aggressivi i profughi palestinesi, ho abolito il trattato con l'Iran... Mia figlia è ebrea, mio cognato e i miei nipoti pure... Chi è coi democratici o è stupido o non è leale. Qui proprio gli ebrei, che sono per la maggioranza democratici, fra cui l'organizzazione AIPAC, la maggiore, hanno sollevato l'accusa più cretina, quella che ricordando il tema della lealtà (vi ricordate l'accusa classica della doppia lealtà? Da poco l'aveva riformulata la Omar, ma gli ebrei democratici non si sono arrabbiati perchè lei è islamica e somala, quindi oppressa, quindi degna di molti privilegi) Trump abbia dimostrato di essere antisemita. Lui si è anche scomodato a rispondere che parlava di tradimento verso Israele, non verso gli USA. Ma le chiacchiere stanno a zero: chi non apprezza che Gerusalemme sia oggi riconosciuta come capitale dagli USA, davvero ha perso la bussola del bene di Israele e degli ebrei di tutto il mondo. Così anche gli ebrei democratici.

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Ma perchè? Trump ha commesso un errore storico molto notevole: ha ignorato che fra i dieci comandamenti dettati sul Sinai, c'è per gli ebrei anche quello di essere oggi di sinistra. C'è in Europa e c'è anche negli USA. Chi coltiva il pensiero conservatore, ancorchè liberal, come la sottoscritta che non è religiosa ma fortemente ebrea e anche israeliana, è in minoranza. L'identità ebraica contemporanea è costruita oggi su due pilastri culturali: la memoria della Shoah, e una complessa visione del ruolo spirituale dell'ebraismo, che io, per ignorante brevità, identificherò qui col tikkun olam, la cura, il miglioramento, la salvazione del mondo. Dopo la Shoah gli ebrei hanno molto facilmente identificato il peggiore dei loro nemici di sempre nel nazifascismo, come di fatto è stato. Questo li ha condotti a cercare una casa ideale nella sinistra e nella sua cultura, nuotando contro le evidenti correnti antagoniste cui la storia li ha costretti con l'atteggiamento della sinistra comunista antisemita e omicida, come quella dell'URSS. Non è valso a risvegliare gli ebrei la persecuzione comunista degli ebrei, accusati di tradimento, egoismo, di essere alieni al loro Paese e alla classe operaia( il processo orribile del 1952 in Cecoslovacchia la racconta tutta "I sionisti sono rappresentanti di un movimento ebraico reazionario e sciovinista opposto alla causa del progresso...") . La radice era profonda: Marx chiamava gli ebrei un'escrescenza del capitalismo, e la critica marxista al sionismo ha poi seguito questa strada. Il sionismo, anche se molti anche oggi lo vogliono leggere separato dall'ebraismo, ne è una parte, e basta. Ma per Karl Kautzky fra i molti, era una deviazione nazionalista , e lo ripete Isaac Deutscher. E' un'odiosa forma di nazionalismo, derivante da un arcaismo destinato a sparire: l'ebraismo stesso. Esso sarà assorbito dal socialismo internazionale. Furono sempre ebrei comunisti o socialisti quelli che guidarono la polemica contro il "bund" e il rifiuto di ogni etnicità ebraica. La leadership sionista fondatrice di Israele si fece, per così dire, perdonare la "deviazione" del conflitto con gli arabi accentuando i motivi socialisti, e quindi l'elemento etico salvifico dalle accuse di colpe capitaliste, imperialiste, colonialiste. Come si vede dallo scatenamento furioso della sinistra contro Israele dopo la Guerra dei Sei Giorni nel '67 non ha funzionato, come ancora non funziona oggi: volente o nolente, in un mondo diviso a metà fra Yankee e Sovietici, Israele si è trovata buttata dalla parte destra. E gli ebrei hanno seguitato, in gran parte, a barcamenarsi, a cercare un approdo dall'altra parte al loro incredibile (con quello che avevano subito, con quante guerre gli arabi gli avevano imposto!!) senso di colpa. Come operare il tikkun olam, di fronte al cui altare ogni ebreo per bene deve pregare, quando Trump è al governo? Se è lui che accomoda le cose? Bisogna rifiutarlo! Bisogna stare dalla parte dei poveri, dei senza patria, dei viandanti in cerca di rifugio. Una vastissima letteratura è costruita su questa pietra angolare: ricordiamoci Woody Allen, Philip Roth, ricordiamoci Natalia Ginzburg che scriveva che lei preferiva gli ebrei curvi ai sabra abbronzati, senza curarsi se quelli, coi loro bambini furono trascinati ai forni. Ora: gli ebrei americani di sinistra, ovvero i democratici, storicamente sono stati diversi fino a Clinton compreso. Avranno forse avuto una passione un po’ cieca per i processi di pace anche quando erano impossibili, ma non la sinistra americana non è mai stata socialista se non in porzioni omeopatiche. Gli ebrei hanno potuto condividere con loro la vista di un grande Paese come gli USA sempre abbastanza sensato da essere quasi per intero al fianco di Israele. Ma con Obama è cambiato tutto. Il senso di colpa degli ebrei democratici si è autoalimentato tramite l'immenso processo di contrizione culturale che ha investito il loro Paese di fronte al totem di un presidente nero, finalmente; l'industria culturale e dell'informazione, Hollywood, le Università sono andate a braccetto con l'Unione Europea, l'Onu e tutte le organizzazioni derivate. Invece di lodare la capacità degli ebrei di salvarsi e progettare un nuovo futuro tramite il loro Stato ritrovato dopo un millennio di fedeltà, gli hanno appiccicato tutte le etichette del biasimo di sinistra. Obama ha trasformato l'orgoglio americano in un persistente senso di colpa che andò a coniugarsi felicemente con la colpa europea per il passato coloniale, la simpatia per gli immigrati, la passione per le culture "altre". E si fissò sui "territori", per altro "disputati" secondo la dizione dell'ONU. Come San Francesco, Obama ha cercato di ammansire il lupo Iran, impipandosene della sua conclamata aspirazione genocida antisemita. Che importava? non era un peccato dell'Occidente, quindi si poteva fare, come perseguitare gli omosessuali, mettere al bando le religioni diverse, picchiare le donne. All'europea, se la prese con Israele ad ogni possibile occasione, in questo rompendo con la tradizione del suo partito stesso. Obama ha chiamato tutta l'élite democratica a allinearsi contro l'idea che Israele porta la maggiore responsabilità del conflitto mediorientale, a non vedere che metterne in discussione la politica si sfrangia in maniera incurante nel metterne in discussione l'esistenza: il BDS ha preso le ali, il partito Democratico non è certo più quello per cui, quando Arafat a Camp David disse a Clinton che tutti sanno che gli ebrei non sono mai stati sul Monte del Tempio, alias Spianata delle Moschee, minacciò di uscire dalla stanza. Con Obama c'è stata la svolta, essere democratico ha chiamato a una scelta gli ebrei che non ce la fanno a lasciare la casa etica e sociale di Woddy Allen, l'antisemitismo è diventato allegramente israelofobia sotto i suoi occhi distratti. E stata una svolta un po’ come in Italia quando Berlinguer pose al centro la "questione morale" ipotizzando implicitamente che i depositari dell'etica umana erano gli uomini di sinistra. Obama ha posto al centro la questione ebraica come critica a Israele e ora Trump se ne trova la realtà sotto forma di critica: ormai non si è democratici nonostante la critica a Israele, lo si è solo con, come in Europa si è di sinistra solo con la critica a Israele, con il disprezzo e la maldicenza verso Netanyahu. "Oppressione" è la parola chiave, "l'intersezionalità" per cui i neri, gli omosessuali, i transgender, le donne, i popoli del terzo mondo, i mussulmani, diventano i protagonisti dell'era in corso e delle sue magnifiche sorti e progressive è il motore sempre a tutta birra. Qualche giorno fa, per Tisha beAv il giorno in cui si ricorda la caduta del Tempio per mano romana nel 70 d.C., un bravo maestro durante una lezione che frequentavo ha chiesto, lavorando sui testi ebraici antichi, se non si dovrebbe piantarla di piangere sulla conquista romana e la distruzione ora che Gerusalemme è nostra. La risposta di un gruppo nutrito di scolari di buon livello è stata che è necessario seguitare a ricordare, perchè i guai per cui l'uomo deve lavorare per il bene devono ancora essere da lui affrontati e rimediati. Insomma, Trump, tu riconosci pure Gerusalemme, gli ebrei sono impegnati nel Tikkun Olam, e non ci distrarre.

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