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Il Giornale Rassegna Stampa
31.08.2019 Il 'J'accuse' di Polanski contro bugiardi e tromboni
da Venezia il commento di Stenio Solinas

Testata: Il Giornale
Data: 31 agosto 2019
Pagina: 32
Autore: Stenio Solinas
Titolo: «Il 'j'accuse' di Polanski contro bugiardi e tromboni»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 31/08/2019, a pag.32, con il titolo "Il 'j'accuse' di Polanski contro bugiardi e tromboni" la cronaca da Venezia di Stenio Solinas dopo la proiezione del film di Roman Polanski



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Stenio Solinas

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Roman Polanski

«L'affaire Dreyfus resta il caso giudiziario, e non solo, più importante della moderna storia di Francia. Tutti noi francesi pensiamo di conoscerlo, ma non è così. Ecco, il film di Polanski ha, fra i tanti, anche questo merito: raccontare una verità dimenticata e fare un'opera di creazione. Da ragazzo ho letto un saggio di Tolstoi su cosa volesse dire creare un'opera d'arte: indicare e insegnare il bene, era la risposta. Ecco, quando alla fine il "mio" Dreyfus viene assolto, dopo un calvario decennale, come spettatore io gioisco con lui e per lui. Giustizia è fatta, il bene trionfa e sconfigge  quella che è stata una vergogna francese».
Trentenne, Louis Garrel interpreta sullo schermo l'ufficiale francese di origine ebraica accusato nel 1894 di tradimento, degradato con ignominia e condannato alla detenzione nell'Isola del Diavolo. Lo è, appunto, in J'accuse, il film che il pluri-ottantenne Polanski ha adattato in modo esemplare da un saggio di Robert Harris, L'ufficiale e la spia, uscito alcuni anni fa. Nei panni del colonnello del controspionaggio Georges Piquart, in pratica il vero artefice della riabilitazione dello sfortunato Dreyfus, c'è Jean Dujardin, già premio Oscar per The Artist, una via di mezzo fra Jean Gabin e Jean-Paul Belmondo.
Come il più giovane collega, anche lui dell'affaire aveva lontane reminiscenze scolastiche e poco più: «Devo ammettere che del ruolo avuto da Piquart, poi, ignoravo tutto. Ed è lui, in fondo, il vero eroe della storia».
A completare il cast, la moglie dello stesso regista, Emmanuelle Seigner, Mathieu Amalric in quelli del grafologo nonché teorico delle impronte digitali Berthillon, Denis Podalydes e una schiera di attori della Comédie française a rendere con sottile perfidia il trombonismo militare e politico dell'epoca.
Coproduzione italo-francese, con la Rai e Luca Barbareschi per quanto riguarda il nostro Paese, di J'accuse lo stesso Barbareschi ha voluto sottolineare l'aspetto educativo, un prodotto perfetto per Rai Educational o Rai Storia.
E però una visione riduttiva, forse dovuta alla polemica pretestuosa che ha visto, a Festival nemmeno iniziato, Polanski già nel mirino. Soprattutto, è un errore, perché siamo di fronte in primis a un grande film, esteticamente perfetto nel riprodurre gli splendori e le miserie di una Belle Epoque che per vendicarsi della sconfitta di Sedan da parte dei tedeschi un ventennio prima, alimenta l'orgoglio xenofobo e guerrafondaio che nel primo quindicennio del Novecento porterà alla carneficina della Grande guerra. In questo lasso di tempo, e Polanski lo rende perfettamente nella rigidità e nell'opacità di luoghi e situazioni, il capitano Dreyfus, ostinato quanto ossessivo difensore del proprio grado anche prima di essere degradato, è vittima di sé stesso, nonché il capro espiatorio di un sentimento d'odio verso il nemico interno, l'ebreo appunto, corresponsabile delle disfatte militari con cui si è chiusa l'epoca di Napoleone III, ovvero Napoleone il piccolo, ovvero la Francia borghese che si illudeva d'essere ancora imperiale.
Così, J'accuse è un susseguirsi di impressionistici dejeuner surl'herbe e fetidi uffici militari, ufficiali figli di bottegai e ufficiali con la particule nobiliare, giudici senza dignità e intellettuali consci del loro ruolo e però disposti a pagarne il prezzo. Superbo ritratto d'epoca, il film racconta anche l'attualità della menzogna come arma di distrazione e di distruzione di massa e della retorica come forma di governo, ma è altresì un omaggio a quegli individui che non rinunciano sino all'ultimo a difendere la propria dignità e l'onore altrui.

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