sabato 20 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Giornale Rassegna Stampa
30.06.2019 Il problema di migranti, nel libro curato da Fiamma Nirenstein
in inglese, ma la presentazione su IC è sottotitolata in italiano a cura di Giorgio Pavoncello

Testata: Il Giornale
Data: 30 giugno 2019
Pagina: 2
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Quel dilemma esistenziale sull'immigrazione»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 30/06/2019, a pag.2 con il titolo "Quel dilemma esistenziale sull'immigrazione" il commento di Fiamma Nirenstein

Il video di Fiamma Nirenstein, sottotitolato in italiano da Giorgio Pavoncello, è uscito ieri su IC, ecco il link alla pagina:
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=75096

 

Immagine correlataImmagine correlata


Ciò che lascia stupefatti e come stremati, alla fine della storia di mare o, se si vuole, all'inizio della vicenda dei migranti della Sea Watch 3 è l'insopportabile semplificazione con cui l'opinione pubblica nostrana e internazionale ha trattato la vicenda. I buoni e i cattivi, i fascisti e i comunisti, la pietà e la crudeltà. La deificazione, per esempio di Le Monde e da noi di Repubblica, di Carola Rackete, la mostrificazione di Salvini, la convinzione infantile che ci fossero una ragione e un torto ben disegnati e inequivocabili lascia stupefatti, è una scelta idolatrica.

Ciò che lascia stupefatti e come stremati, alla fine della storia di mare o, se si vuole, all'inizio della vicenda dei migranti della Sea Watch 3 è l'insopportabile semplificazione con cui l'opinione pubblica nostrana e internazionale ha trattato la vicenda. I buoni e i cattivi, i fascisti e i comunisti, la pietà e la crudeltà. La deificazione, per esempio di Le Monde e da noi di Repubblica, di Carola Rackete, la mostrificazione di Salvini, la convinzione infantile che ci fossero una ragione e un torto ben disegnati e inequivocabili lascia stupefatti, è una scelta idolatrica.

Immagine correlata
Carola con i deputati italiani sull Sea Watch

 I semplificatori si prendono innanzitutto serie responsabilità politiche nei confronti dell'Europa stessa: la violazione delle leggi, l'arroganza con cui la capitana della nave ha gestito a sua immagine e somiglianza le leggi internazionale, il disprezzo verso l'Italia, uno dei Paesi membri immaginando che le leggi di uno dei più importanti Paesi membri possano essere giudicate e ignorate dovrebbero essere rifiutate da tutti quelli che trengono all'UE. La questione dell'immigrazione è come dice il titolo del libro-raccolta (da me curato e in parte scritto) che a Tel Aviv presentiamo lunedì "un dilemma Esistenziale". Il volume che è intitolato "L'ondata migratoria in Europa, un dilemma esistenziale" cerca di fare proprio il contrario, ovvero di addentrarsi nella necessità immediata dell'Europa di affrontare un problema vitale e essenziale per la sopravvivenza del Vecchio Continente in se stesso come entità storico-culturale e sociale, sia come accumulo di leggi e norme. O lo si affronta, o soccomberemo alle divisioni interne e a una pressione che per esempio, fa sì che la metà della popolazione maschile adulta dei Paesi Arabi programma di emigrare. Gli autori del volume, inclusa me stessa, trattano i temi più diversi senza radicalità e con infinità preoccupazione, stabilendo all'unisono, anche se le voci sono diverse, che qui la richiesta della storia è quella di inventare, pensare, interrogarsi. Il professor Asa Kasher, un filosofo morale di fama internazionale, né di destra né di sinistra, ma di mente chiara e straordinaria spiega che innanzitutto si deve avere la modestia di abbandonare ogni principio di onnipotenza. Non è che se si guarda all'Africa o all'India con compassione, partecipazione e dolore per i loro immensi guai, la fame, le guerre, questo vuol dire che siamo capaci di risolverne i problemi. Possiamo darci da fare, aiutare, sostenere: ma dobbiamo farci guidare dal senso di "responsabilità": questa è un'altra parola chiave dopo "onnipotenza", verso chi ha bisogno, certo, ma anche con enorme rispetto verso i nostri stessi cittadini, i primi depositari del diritto all'attenzione e all'assistenza da parte del proprio Paese. Qui entra in gioco il concetto e di Stato nazione, che non è una parolaccia, nè un'entità oggi foriera di smodati patriottismi guerrafondai, ma semplicemente una realtà storico politica che nessuno può, neppure volendo, cancellare in nome di un'unità di Stati che, anche se scelta come strada principale, non significa globalismo, morte delle identità, obliterazione della cultura. Lo stato nazione esiste comunque, lo si voglia o no. Se si guarda a quello che è successo in Europa in questi anni, si stenta a capire come prima del cavallone di ingressi del 2015, quando già con le primavere arabe e con la parallela crisi Europea i confini erano diventati spugnosi di fronte alle masse, le morti in mare erano ormai frequenti, gli ingressi si facevano incontrollabili, tutta la faccenda è stata gestita in termini di buoni e cattivi, di chi apriva le braccia e chi respingeva senza pietà. Questo ha ucciso la creatività, e nel libro cerchiamo di indicare qualche possibile strada. Di fatto in realtà, si è visto balzare avanti le divisioni fra i paesi europei, il disprezzo per l'Italia, la pretesa di primazia della solita Germania che pensava di prendere la leadership stavolta lavando le sue antiche colpe nella politica delle porte aperte. Così è balzata avanti l'incapacità di organizzarsi su un fronte comune, di gestire ragionevolmente Dublino, di capirsi sul concetto di confini e di identità, di condividere una difficoltà teorica e economica elaborando un sistema di accoglienza sensato limitato da leggi, giusto. In quest'ambito, sono seguitare a proliferare organizzazioni di trasporto, salvataggio, importazione di persone, insomma trafficanti confusi con persone di buona volontà. Il picco della tragedia lo si ha anche col picco degli ingressi, e certo non per colpa dei porti o delle strutture nazionali di accoglienza. IL concetto di salvataggio è forse l'unico che non è affondato, fortunatamente, nella confusione, e questa è una fortuna, perché non c'è discussione che una persona in pericolo immediato vada salvata. Ma dopo comincia il vero problema. La conseguenza è che sia che anche chi ha accolto i migranti una volta aperte le porte non ha saputo cosa farne, dove metterli, come considerarli e nel caso loro lo desiderassero come integrarli. Dai tristi luoghi di raccolta, oltre alle voci di volontari, si sono sentiti soprattutto ben giustificati lamenti. E una volta che le persone sono entrate e si sono distribuite sui territori nazionali, è innegabile che chi è venuto a contatto con i nuclei più fitti di immigrati ha sofferto situazioni di violenza contro le donne, di persecuzioni di omosessuali all'interno delle comunità stesse, di prevaricazioni religiose o tribali legate alle strutture verticali e non democratiche dei gruppi immigrati. Integrazione è rimasta una parola senza senso, rifiuto e aggressività islamista, fino al terrorismo, sono diventati argomenti tabù. Quello che cerchiamo di fare nel libro che lunedì si presenta incontrandosi con i più vari ambasciatori europei, è parlarci senza disprezzo e pregiudizio: è ragionevole considerare l'immigrazione di massa un problema, e tale è. Di massa. Anzi, di immense masse in attesa.

Per inviare al Giornale la propria opinione, telefonare: 02/85661, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


segreteria@ilgiornale.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT