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Il Giornale Rassegna Stampa
05.06.2019 Diffidare delle imitazioni: la storia della blogger tedesca che ha ingannato sulla Shoah
Commento di Roberto Fabbri

Testata: Il Giornale
Data: 05 giugno 2019
Pagina: 14
Autore: Roberto Fabbri
Titolo: «La blogger che ha ingannato la Shoah: 'Non ha parenti morti ad Auschwitz'»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 05/06/2019, a pag.14, con il titolo "La blogger che ha ingannato la Shoah: 'Non ha parenti morti ad Auschwitz' ", il commento di Roberto Fabbri.

Diffidare delle imitazioni è un principio sempre valido. La truffa orchestrata dalla blogger tedesca Marie-Sophie Hingst ne è un esempio indicativo.

Ecco l'articolo: 

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Roberto Fabbri

Ventidue parenti ebrei sterminati ad Auschwitz e in altri campi dell'orrore nazisti. Solo una nonna sopravvissuta di un'intera grande famiglia cancellata dall'odio antisemita. E lei, una giovane storica poco più che trentenne con studi a Berlino, Lione e Los Angeles più un dottorato al Trinity College di Dublino in Irlanda destinata a raccogliere le loro storie dimenticate in un blog di grande successo e a registrarle debitamente presso lo Yad Vashem, il memoriale ufficiale dell'Olocausto in Israele. Una storia toccante e di successo: peccato che fosse inventata. E adesso Marie-Sophie Hingst sta cominciando a pagare il prezzo della sua fantasia davvero troppo fervida.

 

 

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Marie-Sophie Hingst

La dottoressa Hingst aveva cominciato nel 2013 a trascrivere in un blog intitolato «Continua a leggere, mio caro, continua a leggere» i ricordi che la sua nonna ebrea le avrebbe trasmesso. Storie terrificanti e vivide, ricche di particolari drammatici sulla vita e sulla morte ad Auschwitz e in altri lager nazisti. Storie che Marie-Sophie, dotata di un brillante talento per il racconto, aveva saputo rendere così bene da conquistarsi l'attenzione di 250mila lettori. La giovane storica non si era limitata a questo: dopo aver condotto (così affermò) anni di ricerche d'archivio, nel 2013 prese un volo per Israele e si recò allo Yad Vashem per far registrare i nomi di 15 suoi parenti presuntamente sterminati nell'Olocausto. In seguito, per buona misura, inviò i nomi di altre sette persone per posta elettronica. Tanto zelo le valse nel 2017 il premio di blogger dell'anno della Golden Blogger, il già citato dottorato in Irlanda e una fama crescente. Tanto che la dottoressa Hingst cominciò a scrivere sotto pseudonimo sul rispettato settimanale Die Zeit e a presiedere eventi dedicati all'Olocausto tenuti a Berlino. Una collega esperta di genealogica, però, cominciò ad avanzare dei dubbi, seguita da altri scettici e spingendo la Hingst a contrattaccare, dicendosi vittima di pregiudizi ostili. La dottoressa Gabriele Bergner, però, aveva ragione: facendo quello che indubbiamente si sarebbe dovuto fare subito, cominciò a scavare nella storia familiare della blogger e mise a nudo le sue bugie.

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Yad Vashem

La famosa nonna ebrea non era mai esistita: si chiamava Helga Brandl, aveva fatto la dentista, era cristiana e aveva sposato un pastore protestante di nome Rudolf Hingst. Queste imbarazzanti menzogne sono costate alla fantasiosa storica tre conseguenze, queste sì, tombali: la chiusura del suo sito web, il ritiro del premio cui tanto teneva e la comunicazione allo Yad Vashem degli opportuni aggiornamenti sulla storia della sua famiglia. Nel frattempo, a valanga, sono emerse altre invenzioni ascritte alla Hingst, tra cui la fondazione di un ospedale per i poveri di Delhi in India e una meritoria quanto mai avvenuta attività di consulenza a favore degli immigrati siriani in Germania su come comportarsi nei rapporti con le donne tedesche. Il suo legale ha tentato un salvataggio fuori tempo massimo, sostenendo che l'opera della giovane storica fosse «letteratura, e non giornalismo o Storia» e negando che in essa siano state riferite falsità sul conto della sua famiglia. La cosa più buffa in questa vicenda è che a renderla pubblica sia stato il settimanale Der Spiegel. Buffa perché nello scorso dicembre proprio ad un suo cronista, Claas Relotius, era stato revocato il premio di giornalista d'inchiesta tedesco dell'anno: era stato scoperto che si inventava di sana pianta le storie che raccontava così bene, proprio come la dottoressa Hingst.

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