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Il Giornale Rassegna Stampa
06.03.2019 Shoah: l'Ambasciata polacca a Roma non accetta le responsabilità di Varsavia, Fiamma Nirenstein fa chiarezza
Chi vuole cambiare la storia e chi preservare il ricordo

Testata: Il Giornale
Data: 06 marzo 2019
Pagina: 30
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «La Polonia e le atrocità contro gli ebrei»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 06/03/2019, a pag.30 con il titolo "La Polonia e le atrocità contro gli ebrei", la lettera di Szymon Wojtasik, incaricato dell'Ambasciata polacca a Roma, la risposta di Fiamma Nirenstein.

Ecco lettera e risposta:

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Ho letto con rammarico l'articolo di Fiamma Nirenstein «Il vertice non si fa più. Israele e Polonia litigano sull'Olocausto» pubblicato sul Giornale il 19 febbraio scorso. Mi ha colpito la frase: «l'enorme coda di paglia della Polonia per il genocidio degli ebrei di cui è stata senza dubbio volenterosa testimone e anche complice». Parole profondamente ingiuste verso la storia e verso la verità. Un conto è la responsabilità degli Stati, un conto quella dei singoli. Dal primo punto di vista, la Shoah è di piena responsabilità materiale e morale del Terzo Reich, senza eccezioni e senza distinguo, e la Polonia non può minimamente essere assimilata alla Germania nazista. Il governo polacco in esilio a Londra fu l'unico tra gli Alleati a creare il Consiglio di Aiuto agli Ebrei (Zegota). Furono gli ufficiali polacchi Witold Pilecki e Jan Karski a informare il mondo libero sulle atrocità di Auschwitz e dei lager, e a chiedere di far cessare lo sterminio. Nell'esercito del generale Wadysaw Anders, che ha contribuito alla liberazione dell'Italia, militavano soldati ebrei. Le stelle di David al cimitero di Montecassino (e anche a quello di Loreto) lo testimoniano. Sarebbe così se lo Stato polacco fosse stato complice di nazisti? Quanto ai singoli è indubbio (e mai negato) che ci furono spregevoli profittatori, delatori, complici, come peraltro in tutta Europa. Ma furono un'esigua minoranza, spesso manipolata dai nazisti, e non di rado i militanti dell'Armia Krajowa, l'esercito clandestino della Polonia occupata, processavano e condannavano (a volte giustiziavano) chi collaborava con i nazisti. Solo in Polonia, in tutt'Europa, era prevista la pena di morte per chi aiutava gli ebrei, eppure i «Giusti tra le nazioni» polacchi sono un quarto dei 27mila di tutto il mondo. Sei milioni di polacchi hanno pagato con la vita la barbarie dei nazisti. Accomunarci a loro è ingiusto e falso, prima ancora che offensivo.

 

 

Szymon Wojtasik chargé d'affaires a.i. Ambasciata di Polonia Roma

Ecco la risposta di Fiamma Nirenstein:

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Fiamma Nirenstein

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Gentilissimo, mio padre Alberto-Aron era polacco ed era anche un importante storico della Shoah, la nostra famiglia di Baranov è stata per la gran parte sterminata; abbiamo dedicato molto pensiero all'argomento, pur con affetto e nostalgia per la Polonia. Ho anche sempre ritenuto importante l'amicizia fra Israele e Polonia. La sua lettera ha un incomprensibile atteggiamento categorico: mi sembra che non abbia letto bene il mio pezzo. I polacchi hanno combattuto i nazisti con grande coraggio e con una perdita umana gigantesca, forse 2 milioni e mezzo di persone. Nessuno li assimila all'occupante nazista, tanto meno attribuisco la realizzazione dei campi di sterminio ai polacchi: i campi erano nazisti, proprio come dice la vostra legge che punisce chi afferma il contrario. Non ho mai pensato il contrario. Mi sembra però assurdo dimenticare le responsabilità dei polacchi verso gli ebrei; non dello Stato, né di tutti i polacchi. Ma quando dico «volenterosi testimoni», chi può dimenticare nel film di Lanzmann, Shoah, la scena dei polacchi che fanno agli ebrei rinchiusi nei vagoni il segno del taglio della gola? Gli ebrei polacchi, 3 milioni, sono stati deportati e uccisi per il 90 per cento, anche se, sia onore al merito di quegli eroi, i tedeschi uccisero 50mila polacchi per aver nascosto degli ebrei. Sono, appunto, eroi, mentre parecchi polacchi, per quanto anti-nazisti, collaborarono o assistettero con indifferenza allo sterminio sulla loro terra. La bibliografia è infinita. Accadde anche in altri Paesi europei? Sì, certo! Ma non conosco episodi come quelli dei pogrom gestiti in proprio dai polacchi, come quello di Jedwabne nel 1941 e quello compiuto addirittura sui sopravvissuti a Kielce il 4 luglio del 1946. Quando mio padre tornò a Baranov dopo la guerra andò a rivedere la sua casa, la bottega del suo babbo, il mio nonno Jossef, deportato con la moglie, il figlio Moshe e quattro bambine a Sobibor: la casa era occupata. Il babbo fu approcciato da una compagnia di uomini che lo invitarono ad andarsene prima che calasse la sera, pena la morte. Questo non ha tuttavia spogliato mio padre del suo amore per la Polonia, i suoi boschi, le sue canzoni, le prime che mi sono sentita cantare. Con questo spirito di conciliazione, prego i signori dell'ambasciata polacca di accettare le responsabilità storiche, non di collaborazionismo, ma di antisemitismo da emendare.

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