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Il Giornale Rassegna Stampa
18.02.2019 Donald Trump non vuole terroristi islamici negli Stati Uniti: bisognerebbe imitare la sua politica
Commenti di Fausto Biloslavo, Gian Micalessin

Testata: Il Giornale
Data: 18 febbraio 2019
Pagina: 10
Autore: Fausto Biloslavo - Gian Micalessin
Titolo: «Trump: riprendete i jihadisti o ve li liberiamo in Europa - Per evitare che poi la facciano franca all'Europa serve una nuova Norimberga»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 18/02/2019, a pag.10 con il titolo "Trump: riprendete i jihadisti o ve li liberiamo in Europa", il commento di Fausto Biloslavo; con il titolo "Per evitare che poi la facciano franca all'Europa serve una nuova Norimberga", il commento di Gian Micalessin.

Bene fa Donald Trump a non volere terroristi islamici nel proprio Paese e a rimandarli indietro. Tutti i Paesi intenzionati a combattere seriamente il terrorismo islamico dovrebbero prendere esempio.

Ecco gli articoli:

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Donald Trump

Fausto Biloslavo: "Trump: riprendete i jihadisti o ve li liberiamo in Europa"

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Fausto Biloslavo

Il presidente americano, Donald Trump, sollecita gli alleati europei a riprendersi i propri volontari della guerra santa catturati in Siria dai curdi per processarli e sbatterli in galera. «Altrimenti dovremo liberarli» sostiene la Casa Bianca. «Ci stiamo ritirando dopo una vittoria del 100% sul Califfato che sta per cadere - spiega con un tweet il presidente - Gli Stati Uniti non vogliono rimanere a guardare come questi combattenti dell'Isis entreranno in Europa. É lì che vorrebbero andare». Il presidente Trump lancia l'affondo con un altro tweet invitando «Gran Bretagna, Francia, Germania e gli altri alleati europei a riprendersi oltre 800 combattenti dell'Isis catturati in Siria. E che li processino». I curdi delle Forze democratiche siriane, che controllano la Siria nord orientale hanno catturato più di 1000 volontari della guerra santa. Ottocento, secondo Trump, sarebbero europei. In gran parte francesi, inglesi, tedeschi, ma anche un italiano, Samir Bougana, nato in provincia di Brescia nel 1994 e figlio di immigrati marocchini. Il Giornale e Porta a porta l'hanno intervistato in esclusiva in una delle prigioni dell'antiterrorismo curdo a Tell Abyad. «L'Italia non muoverà un dito per riportare qui il 24enne Bougana, nato a Gavardo e cresciuto in Lombardia, che adesso dalle carceri dove è rinchiuso piagnucola per il trattamento e auspica di scontare la sua pena nelle nostre carceri e di poter poi rifarsi una vita in Italia» dichiara in un nota Paolo Grimoldi, deputato della Lega e vice presidente della Commissione Esteri della Camera. «Bougana - spiega - in Italia era stato accolto, ma ha scelto combattere contro di noi e contro il nostro modo di vivere. Del resto lui stesso ammette di essere un terrorista e noi dovremmo riprendercelo?» si chiede il rappresentante politico. I curdi trattengono in tutto 2627 uomini, donne e bambini di 44 nazionalità diverse. Questi sono i dati più recenti della fine dello scorso anno, ma i numeri stanno drammaticamente aumentando con la stretta finale sull'ultima sacca del Califfato nel sud est della Siria. In sole due settimane di battaglia si sono arrese percorrendo il corridoio umanitario aperto dai curdi 1800 persone, in stragrande maggioranza mogli o vedove dell'Isis con i loro bambini. Nei due campi sorvegliati di Heyn Issa e Roy vivono centinaia di famiglie separate dai combattenti comprese due jihadista italiane. Sonia Khediri partita ancora minorenne dalla provincia di Treviso e Meriem Rehaily, di Padova, condannata a 4 anni di carcere per aver aderito all'Isis dal tribunale di Venezia. Ambedue le jihadista si dichiarano, a parole, pentite e vorrebbero tornare in Italia anche se dietro le sbarre. I combattenti dell'Isis partiti dal nostro paese sono solo 130. Almeno una quarantina risultano morti in battaglia e degli altri si sono perse in gran parte le tracce. Abdullah, un siriano che ha perso entrambe le gambe su una mina, incontrato la scorsa settimana dopo la fuga dall'ultima sacca dell'Isis a Baghuz ha sostenuto di «avere visto con i mujaheddin europei anche degli italiani». Non ha fornito prove definitive, ma gli ultimi 500 irriducibili seguaci del Califfo sono in gran parte stranieri. In gennaio i curdi hanno catturato Dirk Richard Pleil, un tedesco, partito per la Siria nel 2015. In dicembre è stato preso Alexander Bekmirzaev, originario della Bielorussia, ma cittadino irlandese. I curdi hanno catturato anche degli americani, compreso un minorenne. Solo la Russia, l'Indonesia e il Sudan hanno cominciato a rimpatriare seriamente donne e bambini dell'Isis. I curdi hanno catturato nel nord est della Siria pure El Shafee Elsheikh and Alexanda Kotey, i due superstiti della famigerata banda dei Beatles guidata da Jihadi John, il tagliagole che sgozzava gli ostaggi occidentali davanti alla telecamera.

 

 

Gian Micalessin: "Per evitare che poi la facciano franca all'europa serve una nuova Norimberga"

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Gian Micalessin

«Prendeteveli o li liberiamo tutti». Dietro il brutale diktat con cui Donald Trump chiede alle nazioni europee d'appartenenza di processare e incarcerare gli 800 militanti dell'Isis detenuti nei campi dei curdi in Siria c'è una verità evidente ed innegabile. Le nazioni europee non hanno nessuna voglia di riprenderseli sia per la mancanza degli strumenti legislativi indispensabili per giudicarli, sia per l'impossibilità di organizzare dei tribunali speciali in grado di comminare condanne esemplari a chi si è reso complice degli orrori dello Stato Islamico. In questa condizione la consegna degli 800 terroristi rischia di rivelarsi estremamente controproducente. Se affidati ai tribunali ordinari gran parte di loro se la caverebbe con condanne inferiori ai 10 anni di galera e la certezza di ritrovarsi in libertà molto prima. Ma questa prospettiva, già poco accettabile, presenta un doppio rischio. Il primo è quello di trasformarli in simboli dell'Islam combattente, ovvero in cattivi maestri capaci - durante la seppur breve detenzione - di catechizzare e radicalizzare altri detenuti. Il secondo è quello di vederli diventare i capofila di nuove cellule pronte a celebrarli, subito dopo il rilascio, come i profeti della jihad. L'unica soluzione per acconsentire alla richiesta di Trump e non consegnarli alla giustizia di Bashar Assad, l'unica in alternativa - competente territorialmente per i loro delitti, è quello di allestire una sorta di nuovo Tribunale di Norimberga su base europea. Un Tribunale capace non soltanto di distinguere tra chi ha esclusivamente collaborato, chi ha combattuto e ucciso e chi è stato il regista di attentati e crimini di massa, ma anche di comminare pene adeguate agli orrori di cui si sono macchiati questi criminali. Anche chi ha soltanto soggiornato a Raqqa senza maneggiare armi o uccidere non può e non deve tornare libero prima di aver scontato una pena significativa. La semplice scelta di quotidiana convivenza con gli orrori delle decapitazioni pubbliche e degli stermini lo ha reso inevitabilmente complice di quelle nefandezze. Quanto ai registi dell'orrore e degli attentati nelle città europee è chiaro che le sentenze non dovrebbero prevedere nulla di meno della reclusione a vita. Detto questo è chiaro che il modello di Tribunale Internazionale usato per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia non sarebbe adeguato. Molte delle sentenze di quel tribunale sono state erogate oltre dieci anni dopo la fine della guerra rivelandosi assolutamente non esemplari. Oggi, come nel caso del processo celebrato a Norimberga in meno di 12 mesi, le esigenze sono molto più stringenti. Prima ancora di giudicare e condannare i colpevoli degli orrori dell'Isis è necessario interrogarli a fondo per far luce sulle cellule con cui collaboravano e individuare i complici che possono esser nel frattempo rientrati in Europa. Solo così potremo dire di aver vinto la guerra all'Isis, ripulito le città europee e aver reso giustizia a chi è caduto sotto i colpi di quei fanatici.

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