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Il Giornale Rassegna Stampa
06.02.2019 Venezuela: il dittatore Maduro minaccia. Juan Guaidó rischia il carcere
Commenti di Francesca Angeli, Paolo Manzo

Testata: Il Giornale
Data: 06 febbraio 2019
Pagina: 7
Autore: Francesca Angeli - Paolo Manzo
Titolo: «'Maduro un delinquente'. La Lega si smarca dal M5s - E ora il dittatore minaccia il carcere per Guaidó»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 06/02/2019, a pag.7, con i titoli " 'Maduro un delinquente'. La Lega si smarca dal M5s", il commento di Francesca Angeli; con il titolo "E ora il dittatore minaccia il carcere per Guaidó", il commento di Paolo Manzo.


Juan Guaidó

Ecco gli articoli:

Francesca Angeli: " 'Maduro un delinquente'. La Lega si smarca dal M5s"

«Maduro è un delinquente, un fuorilegge, un presidente abusivo scaduto e decaduto». Matteo Salvini si schiera ma la posizione del governo italiano non cambia. Le parole del vicepremier leghista seppure durissime, non possono sostituire una chiara scelta di campo dell'esecutivo visto che invece M5s persiste nell'indecisione anche se camuffata da rispetto dell'autodeterminazione del Venezuela. Una situazione insostenibile politicamente agli occhi del mondo ma finalmente dietro pressione delle opposizioni martedì 12 febbraio, dopo le comunicazioni per il governo del ministro degli Esteri Enzo Moavero sulla situazione in Venezuela, Montecitorio voterà le risoluzioni presentate dai gruppi. I Cinquestelle continuano a temporeggiare nonostante ieri il dittatore Nicolas Maduro, abbia ribadito di non avere alcuna intenzione di aprire ad elezioni presidenziali anticipate, come insistentemente chiesto anche dall'Europa. «In Venezuela non c'è un deficit di elezioni» ha detto Maduro. E Papa Francesco ieri, pur dichiarando di non aver ancora avuto occasione di leggere la lettera inviatagli appunto da Maduro per sollecitare un intervento della Santa Sede, ha chiarito che nessun intervento è possibile se non ci sarà la stessa richiesta anche da parte di Juan Guaidò. «Perché si faccia una mediazione, ci vuole la volontà di ambedue le parti», ha detto il Pontefice. Parole apprezzate da Alessandro Di Battista che le cavalca per avvalorare la scelta «neutrale» dei grillini e definisce il Papa «baluardo della pace». Salvini è quindi sempre più in difficoltà di fronte alla dura presa di posizione del Colle da un lato e dalla cautela del Pontefice dall'altro. «Maduro è fuorilegge: affama, incarcera e tortura il suo popolo - ha detto il ministro dell'Interno - Spero in elezioni libere e democratiche il prima possibile». Il premier Conte però ha mantenuto una linea ambigua affermando genericamente di «voler appoggiare il desiderio del popolo venezuelano di giungere nei tempi più rapidi a nuove elezioni presidenziali libere e trasparenti». Dichiarazioni troppo deboli per il ministro dell'Interno che scrive di «capire le sensibilità di tutti» e di «apprezzare le doti di equilibrio di Conte» ma allo stesso tempo di non «poter negare l'evidenza» ovvero che «c'è un presidente illegale e c'è una comunità che ha diritto di votare legalmente». Ma la posizione dei grillini resta la stessa. Trascinati da Di Battista e dal sottosegretario agli Esteri pentastellato, Manlio Di Stefano che caldeggia «il principio di non ingerenza». Il presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani si dice preoccupato dall'isolamento nel quale si trova l'Italia che, afferma «non può stare con i dittatori» mentre 21 paesi europei hanno già riconosciuto Guaidò come presidente ad interim in attesa di elezioni. Anche l'opposizione attacca. Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera, definisce «il silenzio dell'esecutivo una vergogna per l'Italia». Lo stesso Juan Guaidò ha ribadito di auspicare la vicinanza del governo italiano sottolineando di aver avuto colloqui diretti con il vicepremier Salvini e criticando invece le affermazioni di Di Battista accusato di «non conoscere la situazione». Guaidò si dice stupito della mancata presa di posizione dell'Italia che «in un momento come questo equivale a schierarsi con l'oppressore».

 

 

Paolo Manzo: "E ora il dittatore minaccia il carcere per Guaidó"

Immagine correlata
Paolo Manzo

San Paolo (Brasile) Mentre da un lato si appellava al Papa per l'ennesimo dialogo al fine di guadagnare tempo, ieri il dittatore del Venezuela Nicolás Maduro ha minacciato di fare arrestare il presidente costituzionale Juan Guaidó da Maikel Moreno, il pluriomicida alla guida della Corte Suprema illegittima. Difficile che persino l'ex killer dei servizi di polizia Moreno - che nel 2017 aveva chiesto la cittadinanza italiana come scrivemmo qui a suo tempo - abbia il coraggio di farlo. Anche perché Maikel capisce come va il mondo e sa che il tempo per Maduro è scaduto. Ieri, del resto, oltre a Malta persino la Bulgaria, grazie al suo Parlamento, ha riconosciuto Guaidó come presidente costituzionale del Venezuela, nonostante il premier di Sofia sia dichiaratamente filo-russo. Giusto per capire che Putin, al di là delle parole, mastica di realpolitik al pari di Evo Morales (caso Battisti docet) e, soprattutto, sa come Maduro abbia perso qualsiasi contatto con la realtà. E che il dittatore - che usurpa dal 10 gennaio la presidenza - sia sempre più debole lo dimostra anche, sempre ieri, il suo ridicolo appello agli Stati Uniti, affinché tornino a comprargli pagando cash i 500mila barili di petrolio. Venticinque/30 milioni di dollari al giorno con cui faceva cassa per pagare la fedeltà dei suoi 900 generali: da lunedì scorso Washington ha chiuso i rubinetti sino a quando se ne andrà, che Maduro si metta l'animo in pace. L'usurpatore da colpa alle sanzioni Usa ma quelle duravano da oltre un anno, le ha imposte anche la Ue con decine di altri paesi civili nel mondo, erano ad personam e gli facevano il solletico. Ad avergli tolto l'ossigeno è stata invece la fine di questo acquisto anti-etico e immorale, per di più ricambiato da continui suoi insulti contro «gli imperialisti del Nord». Papa e Trump, insomma, il delfino di Chávez è sempre più disperato, e deve solo far sorridere Bruxelles se il presidente della Turchia, Recep Erdogan, ha accusato l'Unione europea di voler «cacciare Maduro». Proprio Erdogan che da mesi si porta via l'oro estratto illegalmente a tonnellate dal dittatore (per la cronaca massacrando gli indios Pemón) del resto cosa doveva dire? Improbabile anche che Maduro commetta la follia di chiudere il Parlamento, tramite la Costituente comunista da lui illegittimamente creata due anni fa. Minacce queste che sono circolate ieri ma che non hanno avuto alcun seguito, a tal punto che ieri Guaidó si è incontrato proprio in Parlamento con una decina di ex ministri di Chavéz, tutti concordi nel liberarsi di Maduro quanto prima, oltre che a ricevere gli aiuti umanitari inviati dal mondo democratico e che stanno arrivando alla spicciolata in Colombia (Cucuta), Brasile e nei Caraibi. Caritas e Croce Rossa hanno già fatto sapere di essere pronti a distribuirli mentre il Parlamento - quando in Italia era oramai notte e senza essere stato chiuso da nessuno - ha approvato in tutta tranquillità lo Statuto che guiderà il Venezuela di nuovo alla Democrazia e al Ristabilimento della Costituzione, violata da tre anni in modo sistematico da Maduro. Che ieri ha dovuto incassare anche il «ciao» da parte della Chiesa cattolica venezuelana, che prima ha definito «moralmente inaccettabili la crescente repressione per motivi politici, la violazione dei diritti umani e gli arresti arbitrari e selettivi anche di minori». E poi ha chiarito: «Il popolo venezuelano si è risvegliato ed è in strada perché vuole un cambio alla guida politica e democratica del Paese». E in serata Isabel Allende, figlia del presidente cileno ucciso l'11 settembre 1973, ha ribadito: «Maduro si paragona a mio padre Salvador? Un'offesa».

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