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Il Giornale Rassegna Stampa
24.12.2018 Der Spiegel,il settimanle più venduto in Germania; antisemita e anti-Usa
Commento di Roberto Fabbri

Testata: Il Giornale
Data: 24 dicembre 2018
Pagina: 12
Autore: Roberto Fabbri
Titolo: «Il giornalista falsario era anche un truffatore»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 24/12/2018, a pag-12 con il titolo "Il giornalista falsario era anche un truffatore" il commento di Roberto Fabbri

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Perchè ci interessa la miserabile storia del giornalista di Der Spiegel, falsario e truffatore? Ci interessa perchè Claas Relotius, oltre a inventarsi storie mai esistite e truffe ai lettori del settimanale più diffuso in Germania, è stato anche altro, un volonteroso collaboratore della linea politica di Der Spiegel, antisemita e anti-americana. Sarà per questo che era ben visto dalla direzione. Malgrado questa linea, che continurà anche senza il falsario, c'è da chiedersi come un settimanale simile sia il più venduto in Germania.

 Claas Relotius, il giovane giornalista pluripremiato di Der Spiegel che è stato recentemente cacciato dal più importante settimanale tedesco dopo aver ammesso che si inventava le storie che raccontava, non era soltanto un falsario: era anche un truffatore. Lo stesso Spiegel si prepara a sporgere una denuncia penale contro il suo ex reporter di punta dopo che è emerso che Relotius approfittava della sua grande visibilità - ottenuta con i mezzi scorretti che sono stati sia pur tardivamente documentati - per chiedere soldi ai lettori millantando un'attività di beneficenza che aveva la stessa credibilità dei suoi articoli: molto alta in apparenza, ma nulla nella realtà. Il fatto è che - è lo stesso periodico amburghese a scriverlo - Relotius avrebbe usato la sua mail privata per inviare ai lettori dello Spiegel appelli a fare donazioni in denaro, destinate a suo dire a una coppia di orfani siriani in Turchia. Spunto per queste richieste era stato un reportage firmato da Relotius e pubblicato dal settimanale nel 2016: intitolato «I figli dei re», raccontava con toni molto accorati le tristi vicende di questi due fratellini ridotti a vivere in mezzo alla strada in Turchia dopo essere scappati dalla Siria devastata dalla guerra. È sempre lo stesso imbarazzatissimo Spiegel a spiegare ai propri lettori - che hanno preso molto sul serio e molto negativamente il fatto di esser stati presi in giro per anni da un reporter che credevano affidabile - di non aver nulla a che fare con questa iniziativa, di non sapere quanti siano i generosi ingannati né che fine abbiano fatto i soldi raccolti da Relotius. Viene ammesso che pure «I figli dei re» è una storia mezza inventata: lo stesso fotografo turco Ermin Özmen che aveva accompagnato Relotius afferma che «la biografia di uno dei ragazzi era stata falsificata e fortemente drammatizzata», mentre pare accertato che una sorellina costretta a lavorare in fabbrica, citata nel reportage, semplicemente non esiste. Relotius si era spinto a scrivere in successivi articoli di aver condotto i due bambini in Germania e di averli fatti adottare da una coppia di medici: anche qui, non c'è nulla di vero. Il colpo alla reputazione di serio giornalismo investigativo di Der Spiegel non poteva essere più duro, e ha costretto il settimanale a compilare 23 pagine di un dossier dedicato al caso Relotius. Ma le ricadute velenose di questa storia truffaldina non finiscono qui. Il reporter - che nel frattempo ha restituito tutti i suoi premi sostenendo di avere «raccontato favole per reazione alla crescente pressione per non fallire» - è riuscito a farsi qualificare come «miserabile» dalla quasi centenaria Traute Lafrenz, ultima superstite del gruppo di resistenza antinazista «La rosa bianca»: il reportage scritto su di lei era pieno di frasi che la donna non aveva mai pronunciato. Relotius ha perfino innescato una minicrisi internazionale: l'ambasciatore Usa a Berlino ha protestato con Der Spiegel, accusandolo di «linea antiamericana» sostenuta dai fake reportage di Relotius. Il vicedirettore Dirk Kurbjuweit si è trovato costretto a porgere scuse «a tutti i cittadini americani» offesi dagli articoli del suo ex reporter, che si è inventato di tutto pur di mettere in cattiva luce il presidente Trump.

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