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Il Giornale Rassegna Stampa
07.11.2018 Foibe: un film per ricordare le stragi di italiani dei comunisti a lungo dimenticate
Commento di Fausto Biloslavo, Pedro Armocida intervista l'attore Franco Nero

Testata: Il Giornale
Data: 07 novembre 2018
Pagina: 25
Autore: Fausto Biloslavo - Pedro Armocida
Titolo: «Le foibe negli occhi disperati di Norma - Franco Nero: 'Ricordare è fondamentale'»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 07/11/2018, a pag.25, con il titolo "Le foibe negli occhi disperati di Norma" il commento di Fausto Biloslavo; con il titolo "Franco Nero: 'Ricordare è fondamentale' ", l'intervista di Pedro Armocida all'attore Franco Nero.

Per decenni il crimine delle foibe è stato censurato e nascosto in Italia sia da parte del PCI, intenzionato a nascondere le uccisioni compiute dai comunisti jugoslavi, sia dalla DC, interessata a mantenere buone relazioni con Belgrado dopo la svolta del 1949 e l'allontanamento della Jugoslavia da Mosca. Il risultato è stato un silenzio quasi totale sulle uccisioni di migliaia di italiani: tra di essi molti fascisti, ma ancora più civili che non avevano nulla a che fare con il regime.

Ecco gli articoli:

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La locandina

Fausto Biloslavo: "Le foibe negli occhi disperati di Norma" 

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Fausto Biloslavo

 

I polsi legati con il filo di ferro e le mani insanguinate protese verso l'alto, che cercano la luce nel buio della foiba è l'immagine che apre e chiude il film su Norma Cossetto. Nelle sale cinematografiche dal 15 novembre, Red Land - Rosso Istria, è il pugno nello stomaco che dopo 70 anni rompe un tabù politico e culturale. Nel 1943 Norma, giovane studentessa universitaria, non ha mai fatto del male ad una mosca, ma è figlia di un podestà nel cuore dell'Istria. Gli aguzzini con la stella rossa del maresciallo Tito la stuprano in 17 per poi scaraventarla in una foiba durante la prima ondata di pulizia etnica contro gli italiani dopo l'8 settembre. Geraldine, una delle figlie di Chaplin, interpreta un'amica d'infanzia e da il via alla storia portando ai giorni nostri la nipote al Magazzino 18 nel vecchio porto di Trieste, dove gli esuli in fuga dall'Istria dopo il 1945 hanno abbandonato le loro masserizie. La vivace Selene Gandini è una radiosa Norma amante della vita, degli studi a Padova e della sua Istria insanguinata dalla guerra. Occhi azzurri intensi, capelli riccioluti e rossicci viene subito arrestata dai partigiani che occupano Visinada, il suo paese. Durante l'interrogatorio nella stazione dei carabinieri con la bandiera jugoslava dipinta sul muro dai titini la giovane istriana tira fuori le unghie e non si piega al nuovo ordine. Franco Nero è il professore, figura di riferimento per la comunità degli italiani e mentore di Norma, che con un monologo magistrale sfida Mate, lo spietato comandante dei partigiani: «Fascisti, comunisti? Siamo tutti noi». Rosso Istria, presentato ieri a Roma, è una produzione di Venice film con l'aiuto della regione Veneto, delle associazioni degli esuli, di molti imprenditori, ma non dello Stato. Il film non si concentra solo sul destino segnato e tragico di Norma, ma pure sull'amica del cuore che passa con i partigiani, come l'ex fidanzato. Sugli slavi che aderiscono alla causa di Tito e quelli che tentennano e sono brutalmente massacrati. Sul prete del paese, che tenta di mediare, ma viene impiccato alle corde della campana. Rosso Istria è uno spaccato del caos seguito all'8 settembre, che ha come apice lo stupro di gruppo della povera vittima italiana. La scena è terribile, ma il giovane regista, Maximiliano Hernando Bruno, fa «sdoppiare» Norma, che osserva la scena dal di fuori come se volesse dire «possedete il mio corpo, ma la mia anima non l'avrete mai». Alla fine le truppe tedesche riconquistano l'Istria con il ferro e con il fuoco. I partigiani in fuga non vogliono lasciare tracce e la giovane istriana viene incolonnata assieme agli altri prigionieri italiani verso l'ultima tappa del calvario. Per la prima volta in un film viene ricostruito l'infoibamento con le vittime legate una all'altra. I carnefici sparano un colpo in testa al primo condannato sull'orlo dell'abisso, che trascina gli altri nella foiba di Surani, «la porta dell'inferno». L'ultima è Norma, la martire istriana, scaraventata nel buco nero ancora viva.

Pedro Armocida: "Franco Nero: 'Ricordare è fondamentale' "

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Franco Nero

Franco Nero, l'attore da più di 200 film interpretati e quasi una decina in lavorazione e che il prossimo 23 novembre compirà 77 anni, continua a credere nel cinema italiano anche se da noi viene chiamato molto meno rispetto all'estero: «Sono un privilegiato, sono conosciuto in tutto il mondo e ricevo tantissime offerte. Poi ogni tanto vengo in Italia per aiutare qualche giovane regista perciò quei pochi film che faccio qui li ho sempre fatti con autori alle prime armi».

E Red Land non fa eccezione, ma che cosa le ha interessato del progetto? «La sceneggiatura è molto bella e mi sono ritagliato un ruolo molto importante».

Quello del professor Ambrosin. «Esatto, è il classico intellettuale, una persona molto colta a cui tutti si rivolgono, soprattutto i giovani per chiedere consigli. È un professore, quindi non combatte con le armi ma con le parole che spesso sono molto forti, come quando dice al capo dei titini: Ci vuole una fossa per due persone, una per il nemico e una per te stesso. E proprio per questo i titini lo considerano una persona ancora più pericolosa».

Il suo personaggio è a stretto contatto con la protagonista di questa tragica storia. «Ha un bellissimo rapporto con Norma Cossetto che forse rappresentava per lui quella figlia che non ha mai avuto. L'aiuta a fare la tesi Rosso Istria e nelle conversazioni un po' le anticipava quello che poi sarebbe accaduto: Ho paura che un giorno questa terra non sarà più la nostra».

Com'è possibile che il cinema italiano non abbia raccontato prima questo episodio? «Da una parte si è cercato di parlare il meno possibile di queste storie, dall'altra il cinema italiano negli ultimi anni ha preferito fare più commedie o commediole. Infatti ricordo che uno andava da un produttore con un progetto e quello ti chiedeva subito: Ma c'è da ridere?. Noi negli anni '60 e '70 avevamo un'industria. Ora ci sono pochi registi che lavorano, sono sempre gli stessi e non danno spazio ai giovani».

Perché è importante oggi un film che racconta il passato? «Credo che le nuove generazioni debbano essere messe in grado di capire quello che è successo. Quindi è importante portare alla luce questi episodi terribili degli anni '40, penso naturalmente al nazismo e ai campi di concentramento, ma non è che le foibe si discostino poi molto».

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