giovedi` 25 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Giornale Rassegna Stampa
23.01.2018 Mogherini, Macron e il doppio standard di giudizio europeo su Israele
Commento di Gian Micalessin

Testata: Il Giornale
Data: 23 gennaio 2018
Pagina: 13
Autore: Gian Micalessin
Titolo: «Mogherini, l'ultima alleata di Abu Mazen»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 23/01/2018, a pag. 13, con il titolo "Mogherini, l'ultima alleata di Abu Mazen", il commento di Gian Micalessin.

Non stupisce l'ennesima dimostrazione di vicinanza incondizionata di Federica Mogherini verso la leadership arabo-palestinese, corrotta da sempre in guerra contro Israele. Al pari di Mogherini, anche l'attivismo del Presidente francese Emmanuel Macron è sproporzionato e propenso a sposare la narrativa anti-israeliana dei fatti mediorientali. Anche questo è in linea con la politica estera della Francia, da decenni ostile a Israele.

Immagine correlata
Emmanuel Macron

Ecco il pezzo:

Risultati immagini per Gian Micalessin
Gian Micalessin

Un tempo andava pazza per Arafat. Oggi deve accontentarsi dell'ombroso presidente dell'Autorità Palestinese Abu Mazen. Ma poco cambia. L'importante per Federica Mogherini, fedele al passato di giovane militante del Partito Comunista, è che sia palestinese. E così tanto è stata algida e scontrosa a dicembre con Bibi Netanyahu, primo premier israeliano a far visita all'Unione europea in 22 anni, tanto è stata premurosa e disponibile ieri con l'anziano presidente dell'Anp arrivato a Bruxelles per chiedere nuovi aiuti finanziari e il riconoscimento dello stato palestinese. Nonostante le speranze riversate da Abu Mazen in quell'ex pasionaria diventata, grazie a Renzi, Alto Rappresentante della Politica Estera Europea neanche Federica Mogherini potrà tirar fuori lui e l'Autorità Palestinese dal vicolo cieco in cui si sono cacciati.

 

Immagine correlata
Federica Mogherini con Yasser Arafat

Tutto è iniziato con la decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale d'Israele ratificando la decisione del Congresso Usa del lontano ottobre 1995. Dopo quella ratifica Abu Mazen e i suoi hanno ufficialmente voltato le spalle agli Stati Uniti rifiutandosi di continuare a riconoscergli come mediatori in un eventuale nuovo processo di pace. Non è stata una grande decisione. Anche perché Trump dopo aver esaminato la lista dei cinque e passa miliardi di dollari regalati ai palestinesi dal 1994 ad oggi ha deciso di rinunciare anche al titolo di principale benefattore dell'Anp. E così in attesa di cancellare i 300 milioni di dollari devoluti annualmente da Usaids ha annullato il bonifico che a inizio gennaio doveva trasferire 65 milioni di dollari all'Unrwa, l'agenzia Onu per i profughi palestinesi. Il primo obbiettivo di Abu Mazen è dunque trovare i quattrini rifiutati da Trump. E per riuscirci può soltanto sperare nell'Europa, da sempre suo secondo grande benefattore. Dal punto di vista politico è però alle prese con un problema ancor più serio. Rinunciando alla mediazione di Washington ha, di fatto, rinunciato a qualsiasi possibilità di negoziato e quindi a qualsiasi speranza di ottenere uno Stato indipendente. E a rendere il tutto più surreale s'aggiunge una pretesa tanto vana quanto contraddittoria. Abu Mazen chiede infatti alla all'Unione europea di riconoscere lo Stato palestinese e al tempo stesso di sostituirsi agli Stati Uniti come mediatore internazionale nei negoziati con Israele. Una pretesa doppiamente assurda davanti alla quale anche l'amica Mogherini può soltanto alzar le braccia. La prima richiesta si annulla da sola perché l'eventuale riconoscimento non spetta alla Ue, ma ai singoli Stati. Otto dei quali hanno già deciso in tal senso. L'illusione di un'Europa capace di sostituirsi agli Stati Uniti come mediatore nei negoziati di pace è invece di fatto irrealizzabile vista la diffidenza israeliana nei confronti di un'Unione sempre troppo disponibile con i palestinesi. Nonostante le richieste politicamente surreali ed economicamente impegnative del presidente palestinese la Mogherini non s'è, comunque, tirata indietro. Dopo aver sottolineato che «non è tempo di disimpegno» ha promesso appoggio a una «soluzione a due Stati e Gerusalemme come capitale condivisa» e ha rassicurato Abu Mazen promettendo di subentrare agli Stati Uniti per i finanziamenti dell'Unrwa. Insomma promesse e sorrisi. Come quelli formulati da 70 Paesi al termine della riunione organizzata da Parigi ai primi del 2017 per rilanciare il processo di pace. Promesse e sorrisi di cui nessuno ricorda più neppure l'esistenza.

Per inviare al Giornale la propria opinione, telefonare: 02/ 85661, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


segreteria@ilgiornale.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT