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Il Giornale Rassegna Stampa
20.11.2009 I sogni di Obama e la realtą di Cuba
Cronaca di Davide Mattei

Testata: Il Giornale
Data: 20 novembre 2009
Pagina: 14
Autore: Davide Mattei
Titolo: «A Cuba basta pensare a un reato per finire diritti in galera»

Sul GIORNALE di oggi, 20/11/2009, a pag.14, con il titolo "A Cuba basta pensare a un reato per finire diritti in galera" la cronaca di Davide Mattei su quell'enorme prigione a cielo aperto che si chiama Cuba. L'occasione č la risposta che Obama ha inviato a Yoani Sanchez, la coraggiosa giornalista cubana, il cui blog appare sulla STAMPA, giornale che pubblica sempre oggi il testo completo del presidente Usa. Il titolo del quotidiano torinese č " Obama a Yoani: un giorno visiterņ una Cuba libera ". Capirai che scoperta, certo che finirą cosģ, č successo con gli altri regimi comunisti, capiterą anche a Cuba. Ma di certo non per merito di Obama, la cui politica della mano tesa ha finora ottenuto il risultato opposto, invece di abbattere le dittature le rinforza.


Yoani Sanchez, combattente per la libertą
Barack Obama, parole e sorrisi

Madrid - Sono ormai passati pił di tre anni dal luglio 2006, quando Raśl Castro ha ricevuto il posto di timoniere di Cuba dal fratello Fidel, duramente provato da una malattia intestinale. Ma le deboli speranze di cambio accese tra i cubani dall'arrivo del minore dei Castro, sembrano essere state ampiamente deluse. Gli apparenti passi in avanti come l'apertura all'acquisto di elettrodomestici, cellulari e computer (senza accesso a internet) sono rimasti nella memoria quasi come fatti aneddotici, mentre, in silenzio, la pressione sui diritti e le libertą civili sembra essersi invece rafforzata.

A dare il primo, pesante, giudizio sull'«era Raśl» č stata l'Ong statunitense Human Right Watch (Hrw), che nel rapporto «Nuovo Castro, stessa Cuba» denuncia come Raśl «non ha affatto smontato la macchina della repressione, ma l'ha anzi mantenuta vigente e pienamente attiva». Raśl, che ha ereditato un sistema di leggi abusive e centinaia di prigionieri politici, spiega Hrw, invece di allentare la presa ha «fatto ricorso a leggi draconiane e a processi giudiziari farsa per incarcerarne molte altre, colpevoli solo di esercitare le proprie libertą basilari».

Lo strumento giuridico che Raśl ha usato pił spesso č una legge del codice penale che consente allo Stato di incarcerare qualsiasi persona in base alla sua «pericolositą predelittiva», ovvero prima ancora che abbia commesso un reato, e in base ai sospetti che possa commetterlo in futuro. Sul tema, il giudizio di Hrw č inappellabile: «Questa norma č la pił orwelliana di tutte le leggi cubane, e capta l'essenza della mentalitą repressiva del governo, che considera una potenziale minaccia qualsiasi persona le cui azioni non si accordino con le sue».

L'Ong ha basato il suo rapporto su una sessantina di interviste realizzate nell'isola in incognito (il regime non consente di svolgere nessuno studio ufficiale), e ha raccolto una quarantina di casi in cui il governo di Raśl ha arrestato cittadini cubani solo perché diffondevano la Dichiarazione universale dei diritti umani, perché partecipavano a manifestazioni pacifiche o scrivevano articoli contro il governo.

Il regime di Raśl si č quindi ben guardato dall'eliminare strumenti di coercizione come l'articolo 62 della Costituzione che proibisce l'esercizio di qualsiasi diritto basilare che contravvenga «i fini dello Stato socialista». E, senza ricorrere al carcere, non sembra aver abbandonato neanche misure come l'intimidazione o la minaccia messe in atto dalla cosiddetta Brigata di risposta rapida. Pochi giorni fa la blogger Yoani Sįnchez e altri due colleghi hanno sofferto e denunciato in prima persona un'aggressione fisica e verbale di questo tipo.

Settimane fa, al telefono con il Giornale, Sįnchez aveva fatto un bilancio del governo Raśl - al potere pressappoco dall'inizio del suo blog, Generación Y -, arrivando alle stesse conclusioni di Hrw. «L'incidenza pratica di Raśl č stata nulla» aveva detto Sįnchez, che descriveva il nuovo leader come pił taciturno, e quindi pił impenetrabile, del fratello maggiore.

Ieri il presidente statunitense Barack Obama ha risposto proprio sul blog della Sįnchez a 7 domande che la blogger aveva posto a lui e a Raśl giorni fa. Obama ha assicurato di non essere interessato a «parlare tanto per parlare» con il leader cubano e lascia intendere che non visiterą l'isola fino a quando il governo comunista non avrą cambiato registro. Il presidente dichiara anche che la normalizzazione delle relazioni fra l'Avana e Washington dipenderą dall'atteggiamento di Cuba.

Intanto mentre Raśl tace, il quotidiano ufficiale Granma definisce il rapporto di Hrw come «un vano tentativo di macchiare l'impeccabile opera dell'isola a favore della dignitą e dei veri diritti umani di oltre 11 milioni di cubani».
 
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