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Il Foglio Rassegna Stampa
10.07.2023 Francia, i cedimenti della cultura responsabili, soprattutto a sinistra
Parla lo storico Georges Bensoussan

Testata: Il Foglio
Data: 10 luglio 2023
Pagina: 10
Autore: la redazione del Foglio
Titolo: «'Il 'goscismo culturale' è ampiamente responsabile della situazione in Francia'»

Riprendiamo dal FOGLIO  di oggi, 10/07/2023, a pag. 10, con il titolo "'Il 'goscismo culturale' è ampiamente responsabile della situazione in Francia'" il commento dal Figaro.

Georges Bensoussan: «Le nécessaire enseignement de la Shoah ne suffira pas  à faire baisser l'antisémitisme»
Georges Bensoussan

Georges Bensoussan, storico, della Shoah e dell’antisemitismo, aveva diretto nel 2002 l’opera collettiva “Les Territoires perdus de la République”, libro che allertava sulla situazione nelle banlieue. Mentre questi territori perduti si incendiano, Bensoussan analizza vent’anni di rifiuto di guardare in faccia la realtà per paura di “fare il gioco dell’estrema destra” E’ anche l’autore di “Une histoire intellectuelle et politique du sionisme, 1860-1940” (Fayard, 2002). Un antirazzismo fuorviante ci ha impedito per anni di guardare in faccia la realtà. Contro i discorsi ottusi che invocano il “razzismo” o le condizioni socio-economiche per spiegare le rivolte, secondo Georges Bensoussan bisogna fare appello all’antropologia culturale per capire le cause di questa crisi. L’intervista del Figaro.

Le Figaro – Come analizza le prime reazioni della classe politica? L’emozione non è legittima a suo avviso?
Georges Bensoussan – Come si può non essere commossi per la morte di un adolescente di 17 anni? Ma da quand’è che l’emozione è una politica? A partire da un’immagine scioccante, si può suscitare un’emozione collettiva che non pregiudica in alcun modo il vero e il giusto. Perché la politica è la lentezza della riflessione, tutto il contrario dell’emozione, che consacra il regno dell’istante e del sentimento. L’emozione più giustificare tutte le politiche che si vuole, come sanno i demagoghi, fedeli lettori di Gustave Le Bon.
Alla fine, resta un minuto di silenzio all’Assemblea nazionale in omaggio alla giovane vittima. Cosa che non abbiamo visto per Salah Halimi, né per le altre vittime, tra i civili e tra la polizia.

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Lei ha scritto “Les Territoires perdus de la République”, uscito nel 2002. All’epoca, la sua diagnosi era stata ignorata e persino negata da tutta una parte del mondo intellettuale e politico. Più di vent’anni dopo, la situazione si è aggravata nelle banlieue? La colpa è di una certa negazione della realtà?

 In maniera evidente, la negazione della realtà è ampiamente responsabile dell’attuale situazione, alimentata dalle classi dirigenti e da un “goscismo culturale” che, in parte, domina mediaticamente la Francia. Con il paradosso che mai come oggi ci sono stati così tanti contemporanei coscienti del naufragio di questa società e che allo stesso tempo mai lo stato era apparso così in difficoltà per arginare il “corso delle cose”, il “cammino verso la catastrofe”, secondo le parole di Walter Benjamin. Tutto si svolge come se la classe politica fosse paralizzata dalla paura di una ripetizione delle rivolte del 2005. Da nessuna parte la paura può sostituirsi alla politica, eppure è proprio ciò che sta succedendo in Francia da decenni, fino al giorno in cui la realtà vi obbliga alla resa dei conti. Nel 2015, in occasione della riedizione del libro del 2002, lei ha dichiarato in un’intervista al FigaroVox che “gli eletti sul campo, sia di destra che di sinistra, sono coscienti delle realtà… Come se temessero, parlando, di far saltare in aria una polveriera poiché la situazione sembra loro (e qui hanno ragione) pericolosa”.

La polveriera sta per esplodere?

Lì dove la maggior parte dei politici vedono nel compromesso una società arrivata a un’età adulta, i loro nemici vedono una prova di debolezza. Due sistemi di valori si oppongono, e il sostrato socio-economico non può spiegare da solo questa situazione, come ci diceva già il sociologo Hugues Lagrange a proposito delle rivolte del 2005. Invece del discorso ottuso che spiega le rivolte con una nuova forma di razzismo, bisogna fare ricorso all’antropologia culturale per capire le cause di questa crisi. L’odio alimentato nei confronti del paese di accoglienza (a questo proposito, l’Algeria è un caso emblematico) alimenta il risentimento e favorisce il rifiuto della legittimità accordato all’autorità, sebbene l’indebolimento del principio di autorità sia legato più in generale alla decostituzionalizzazione della società di cui parlava Pierre Legendre, scomparso di recente. Studiando da trent’anni a questa parte l’iperviolenza dei preadolescenti, di cui si prendeva cura nel suo servizio ospedaliero, il pedopsichiatra Maurice Berger ha analizzato brillantemente queste società che funzionano secondo il “codice d’onore” e dalle quali sono usciti molti ragazzi abitati da un sentimento di onnipotenza e di assenza di limiti. E la cui follia incontra quella di un mondo dove il consumismo senza limiti sembra essere l’unica trascendenza.

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lettere@ilfoglio.it

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