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Il Foglio Rassegna Stampa
27.06.2023 Russia: il significato della prova di forza di Prigozhin
Analisi di Micol Flammini

Testata: Il Foglio
Data: 27 giugno 2023
Pagina: 1
Autore: Micol Flammini
Titolo: «La marcia su Mosca è appena all’inizio»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 27/06/2023, a pag.1, con il titolo "La marcia su Mosca è appena all’inizio", l'analisi di Micol Flammini.

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Micol Flammini

Roma. La voce di Evgeni Prigozhin è tornata, ha parlato per undici minuti in un messaggio audio e ha spiegato le motivazioni della “marcia della giustizia” con la quale sabato ha minacciato di arrivare fino a Mosca con i suoi uomini. I combattenti del gruppo Wagner hanno percorso 780 chilometri in meno di ventiquattro ore per non permettere che il ministero della Difesa distruggesse la compagnia obbligandola a diventare parte dell’esercito regolare. Un altro motivo della forsennata corsa verso Mosca, ha detto Prigozhin che da sabato sera è soltanto una voce, era dimostrare come i soldati russi sarebbero stati in grado di marciare verso Kyiv se non fossero parte di un esercito frenato dalla burocrazia e dalla corruzione. Con la Wagner, ha detto Prigozhin, chiaro e infuocato, “l’operazione sarebbe potuta durare un giorno, questo mostra il livello di organizzazione che l’esercito russo dovrebbe seguire”. Secondo il capo dei mercenari i soldati regolari incontrati lungo la strada, da Rostov sul Don fino a duecento chilometri dalle porte di Mosca, lo hanno sostenuto. Secondo alcuni media russi, invece, pochi soldati erano stati mandati a fermare la marcia, molti erano stati richiamati per difendere la capitale, mentre il Cremlino continuava a negoziare. La compagnia si è fermata quando è parso chiaro che per andare avanti bisognava “spargere del sangue russo” e perché la marcia non voleva essere contro le autorità. Con undici minuti di messaggio vocale, Prigozhin ha rimpicciolito, annullato, edulcorato la sua cavalcata verso Mosca per dire ai russi che lui è dalla loro parte e per dire a Putin che rimane uno dei suoi. E’ tornato nei ranghi, ma non si pente, non chiede scusa, vuole soltanto spiegare che la sua marcia altro non era che un’azione dimostrativa , non voleva rovesciare il presidente. Voleva dimostrare l’inettitudine dell’esercito e l’ha fatto, dice. Dove sia Evgeni Prigozhin non si sa, quali siano stati gli effetti della sua marcia su Mosca neppure è noto, il contenuto del patto che ha stretto con la mediazione del dittatore bielorusso Aljaksandr Lukashenka è ancora oggetto di speculazioni. Lungo la strada percorsa dagli uomini della Wagner sono spuntate delle scritte di sostegno ai mercenari, in alcune si legge “Wagner, siamo con te”, oppure “non siamo 25.000, siamo in milioni” con riferimento al numero dei mercenari che si sono messi in marcia. Una scritta è più curiosa di altre: “Prigozhin è la coscienza della Russia”. L’azione dei mercenari è piaciuta, lo dimostrano anche gli applausi a Rostov che hanno accompagnato l’uscita di scena di Prigozhin, che nel suo audio però sta molto attento a preservare ancora una volta dalle critiche Vladimir Putin. La voce di Prigozhin dice anche che l’obiettivo della marcia era dimostrare che in Russia ci sono gravi problemi di sicurezza, che il territorio russo è attaccabile. Ieri mattina il Cremlino ha diffuso delle immagini del ministro della Difesa Sergei Shoigu mentre visita dei soldati nell’est dell’Ucraina, si tratta di un video vecchio, girato prima della marcia, non si sa dove sia il ministro, ma il fatto che il Cremlino abbia voluto farlo vedere al lavoro è il segnale che per il momento non ha ancora intenzione di destituirlo e chiude la porta alle richieste di Prigozhin. Tutti riavvolgono il nastro e i centri di reclutamento della Wagner hanno anche riaperto nelle città russe, anche a Voronezh, seconda tappa della corsa mercenaria. Putin è rimasto al Cremlino, Shoigu alla Difesa, la Wagner esiste ancora (secondo il lor capo soltanto l’1 per cento ha accettato di passare con l’esercito regolare) , Prigozhin ha ripreso a parlare: è il ritratto della Russia prima della marcia, il racconto di una nazione in cui è possibile accadano cose incredibili e far finta nello stesso tempo che nulla sia realmente avvenuto. Il presidente russo ha creato un sistema di potere capace di resistere al colpo di una marcia su Mosca, si è fatto vedere debole con i suoi alleati internazionali – chiamandoli uno a uno per raccontare la situazione e probabilmente sondare la disponibilità di intervento – ma ha anche sondato la solidità del sostegno della sua cerchia, degli oligarchi, degli uomini che controllano imprese statali fondamentali come Gazprom e che adesso armano nuove milizie di mercenari. Il Cremlino sembra non aver ancora deciso cosa fare con la Wagner, gli uomini attorno al presidente rilasciano dichiarazioni contrastanti, chi dice che la compagnia è utile chi dice che è inaffidabile, non c’è ancora una linea e Putin aspetta. Prigozhin in Russia ha acquisito notorietà, per molti russi la marcia è stata la carovana di un circo da ricordare con tanto di foto e acquisti di gadget del gruppo Wagner. Il legame tra il presidente e il mercenario non si è ancora spezzato, ma Prigozhin da qualche giorno più che da combattente parla da politico con termini che rievocano i grandi mali del potere di Putin, come la corruzione, di cui il mercenario è stato sempre parte. Non è un outsider, è un prodotto del putinismo, integrato nel potere del Cremlino e quindi, secondo il presidente, oggetto di un rapporto ancora negoziabile.

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