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Il Foglio Rassegna Stampa
18.10.2022 Se Zelensky chiama Israele
Analisi di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 18 ottobre 2022
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Se Kyiv chiama Israele»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 18/10/2022, a pag. 1, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo 'Se Kyiv chiama Israele'.

A destra: una manifestazione a sostegno dell'Ucraina in Israele

Informazione Corretta
Giulio Meotti

Roma. Qualche giorno fa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si è detto “scioccato” dal rifiuto di Israele di fornire a Kyiv sistemi antimissilistici per respingere gli attacchi russi. Zelensky ha citato il sistema israeliano Iron Dome, utilizzato per intercettare i razzi lanciati dai terroristi palestinesi da Gaza. “Non so cosa sia successo a Israele, sono onestamente e francamente scioccato: non capisco perché non possano darci difese aeree”. Ora qualcosa si muove a Gerusalemme. “La consegna da parte dell’Iran di missili balistici alla Russia è una sveglia per Israele perché fornisca aiuto militare all’Ucraina”, ha detto il ministro israeliano per la Diaspora, Nachman Shai. “Sembra che Israele si appresti a fornire armi al regime ucraino, una mossa molto avventata che distruggerà le relazioni tra i nostri paesi”, ha risposto il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitri Medvedev. Il mortale assalto aereo di Mosca sulle città ucraine ha intensificato la pressione sui paesi occidentali. Ma per ora la difesa aerea israeliana Iron Dome, che vanta un tasso di successo del 90 per cento contro i razzi, rimarrà fuori dalla portata dell’Ucraina. “Israele ha una grande esperienza con la difesa aerea e abbiamo bisogno dello stesso sistema nella nostra città”, ha detto il sindaco di Kyiv Vitali Klitschko. “Ne abbiamo parlato a lungo con loro. Quelle discussioni non hanno avuto successo”. “Mandare Iron Dome in Ucraina è un problema”, dice al Foglio Alex Fishman, uno dei veterani del giornalismo israeliano per le questioni di sicurezza (ha lavorato per anni al primo quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth). “Ci vorrebbe un anno poi per installarlo. Inoltre in Israele Iron Dome è un segreto tecnologico che proteggiamo gelosamente. Potrebbe finire in mani iraniane. Inoltre l’Ucraina avrebbe bisogno della ‘fionda di David’ contro i missili Cruise. Israele teme che quello che mandiamo in Ucraina finisca nel mercato nero, ad altri attori e così via”. Meno realista Ely Karmon, uno dei massimi esperti di sicurezza all’International institute for counter-terrorism di Herzliya. “L’attuale posizione israeliana non è più neutrale come prima e il premier Yair Lapid ha parlato molto duramente contro la Russia”, dice al Foglio Karmon. “Il problema è che dal 2015 Israele ha rapporti stretti con la Russia in Siria. L’Iran ha deciso di sostenere Bashar el Assad e di costruire una base militare al confine con il Golan. Dalla sconfitta dell’Isis, l’Iran e Hezbollah hanno costruito forze extra-territoriali fuori dai propri paesi. Stati Uniti, Russia, Giordania e Israele avevano fatto un accordo per cui i russi avrebbero rimosso le forze iraniane dal confine con il Golan, ma non è successo. Israele ha iniziato a bombardare obiettivi filoiraniani e la Russia ha chiuso un occhio, a patto che non colpissimo i russi. Ora se Israele decidesse di cambiare politica sull’Ucraina e farsi coinvolgere, questo avrebbe conseguenze in Siria. Ma piano piano, il governo israeliano si sta spostando verso una posizione più filoccidentale sull’Ucraina, anche se ancora dal punto di vista militare non è cambiato molto. Israele può permettersi di fare dei russi un nemico? Poi c’è il deal nucleare iraniano in discussione”. Fornire Iron Dome a un altro paese non è così semplice. “Dall’inizio dell’anno, Israele ha ricevuto un miliardo dall’America per fare altre batterie di Iron Dome, ma solo per Israele, che invece potrebbe dare all’Ucraina materiale militare elettronico, mezzi contro i droni iraniani e contro i missili Fatah usati da Hezbollah e ora anche dalla Russia. Non sappiamo nei prossimi mesi come cambierà il rapporto fra i due paesi, ma ci saranno le elezioni”. Il primo novembre si vota in Israele. Una settimana dopo in America. “Netanyahu prima della guerra aveva ottimi rapporti con Putin, e se tornerà al potere dovrà tenere conto della posizione americana ed europea. Ma Bibi forse proverà a cambiare, specie in caso di una vittoria repubblicana di midterm”.

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lettere@ilfoglio.it

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