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Il Foglio Rassegna Stampa
01.06.2022 Iran, tutti i guai degli ayatollah
Analisi di Cecilia Sala, Luca Gambardella

Testata: Il Foglio
Data: 01 giugno 2022
Pagina: 7
Autore: Cecilia Sala - Luca Gambardella
Titolo: «Tutti i guai degli ayatollah - La guerra segreta fra Israele e l’Unità 840, il nuovo tentacolo della 'piovra' iraniana»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 01/06/2022, a pag.7, con il titolo "Tutti i guai degli ayatollah", l'analisi di Cecilia Sala; con il titolo "La guerra segreta fra Israele e l’Unità 840, il nuovo tentacolo della 'piovra' iraniana" l'analisi di Luca Gambardella.

Ecco gli articoli:

"Tutti i guai degli ayatollah"

Cecilia Sala (@ceciliasala) | Twitter
Cecilia Sala

La Repubblica islamica dell’Iran deve affrontare tre problemi: i nemici di sempre la attaccano sul suo territorio, gli alleati si trasformano in competitor oppure tradiscono le richieste di aiuto, i cittadini protestano – tutto avviene contemporaneamente. Il primo problema non è una novità, anche se l’Iran ha goduto per mesi e fino a poco tempo fa di un periodo di relativa calma in cui sembrava che le sue provocazioni nella regione, rispetto al passato, venissero quasi ignorate. Le operazioni erano condotte direttamente dai pasdaran o dai proxy di Teheran in giro per il medio oriente: andavano dagli attacchi in Iraq con missili che cadono accanto al consolato e a una base militare americana, ai sequestri di navi mercantili nel Golfo persico. Quella fase è finita, la quiete aveva una spiegazione: c’erano i negoziati sul nucleare in corso e le speranze (e la pazienza) riposte dagli americani e dagli europei nei colloqui di Vienna per tornare all’accordo. Adesso l’ottimismo è stato ridimensionato, e anche il potere negoziale di Teheran a quel tavolo. Con ordine: da quando Joe Biden è alla Casa Bianca non ci sono stati omicidi mirati in Iran fino a domenica 22 maggio. Quel pomeriggio il colonnello dei pasdaran Hassan Sayyad Khodaei era seduto al posto del guidatore dentro una Kia Pride, parcheggiato davanti al portone di casa sua nel centro di Teheran. Khodaei abita vicino al Majles, il Parlamento iraniano. In una zona teoricamente molto sicura e controllata, soprattutto dopo l’attacco suicida dell’Isis nel 2017. Ma due uomini in motocicletta si affiancano alla portiera e gli sparano cinque colpi, non vengono identificati né catturati e riescono a scappare. Khodaei era un colonnello delle Quds, le forze speciali dei pasdaran responsabili delle operazioni fuori dai confini, quelle comandate dal generale Qasem Soleimani fino al giorno in cui è stato ucciso con un drone americano MQ-9 Reaper all’aeroporto di Baghdad. Secondo il Mossad, Khodaei era il vice comandante dell’Unità 840 che si occupa dei rapimenti e degli attentati contro cittadini dello stato ebraico (e non solo) in giro per il mondo. Gli iraniani hanno accusato Israele dell’omicidio, al funerale del colonnello c’erano migliaia di persone che cantavano “morte a Israele” e Majid Mirahmadi, che fa parte del Consiglio di sicurezza nazionale (il ministero degli Esteri ombra), ha detto: “E’ senza dubbio un lavoro dei sionisti”. Il capo dei pasdaran ha aggiunto “la pagheranno” e anche il presidente Ebrahim Raisi ha promesso vendetta. Poco dopo un ufficiale dei servizi segreti americani ha detto a Ronen Bergman del New York Times che effettivamente è stata un’operazione del Mossad, che lui lo sa perché hanno avvisato gli Stati Uniti prima di agire e – presumibilmente – c’è stato un via libera informale. Un omicidio mirato del Mossad in Iran non è una sorpresa e non è una prima volta, ma le parole dell’ufficiale americano sono una conferma esplicita per cui gli israeliani si sono arrabbiati (e preoccupati), hanno chiesto spiegazioni e un’indagine sulla fuga di notizie. Lunedì Israele ha sconsigliato a tutti i cittadini di andare in Turchia, perché sarebbe la sede più probabile per una vendetta iraniana. Tre giorni dopo l’omicidio, un drone ha attaccato il sito militare di Perchin, sessanta chilometri a sud est della capitale. Un giovane ingegnere è morto e un altro dipendente è stato ferito: stavano lavorando in un centro di ricerca della Difesa iraniana dove si progetta la tecnologia per i modelli locali di droni e missili balistici. Anche questo attacco è molto simile ad altri attacchi del Mossad avvenuti in passato sul territorio iraniano. La settimana scorsa la Grecia ha sequestrato una petroliera iraniana e ha avvisato gli americani, che hanno confiscato il carico perché è sotto sanzioni. La Marina militare della Repubblica islamica ha risposto catturando due navi mercantili greche mentre navigavano in acque internazionali nel Golfo persico. Nelle istituzioni degli Stati Uniti, l’ambasciatore Robert Malley è quello che ha i migliori rapporti con l’Iran (nel senso che, a differenza degli altri, riesce anche ad avere colloqui diretti con ufficiali di Teheran). Biden lo ha scelto come suo inviato speciale, lui ha sempre sostenuto la necessità di un accordo ed è sempre stato il più ottimista rispetto alla possibilità di trovarlo. Mercoledì ha cambiato idea, ha detto al Senato che “le probabilità di successo dei negoziati sono inferiori alle probabilità di fallimento e, se gli Stati Uniti non tornano all’accordo, ci sarà un’applicazione più rigorosa delle sanzioni”, che si è già vista in Grecia la settimana scorsa. Malley ha anche detto che qualsiasi bozza verrà prima esaminata dal Congresso: tutti sanno che non avrebbe la maggioranza perché molti democratici sono contrari e anche il presidente della Commissione esteri, un democratico, è sempre stato critico con la politica di Biden sull’Iran. La novità non è nella guerra ombra tra Israele e Iran, ma nell’atteggiamento dell’Amministrazione americana (che poi ha riflessi anche sulla guerra ombra). In questo momento, Teheran non deve preoccuparsi solo dei nemici, ma anche degli amici: da quando è cominciata la guerra in Ucraina, gli iraniani si pestano i piedi con i russi per vendere le risorse energetiche agli stessi compratori cinesi. Hamid Hosseini, che fa parte del consiglio di amministrazione dell’Unione per le esportazioni di petrolio e gas, ha detto che le loro vendite in Cina “soffriranno per l’ingresso della Russia in quel mercato”. E’ già così: le vendite della Repubblica islamica alla Repubblica popolare si sono ridotte di oltre un quarto da quando gli Stati Uniti e il Regno Unito, a marzo, hanno deciso l’embargo sul petrolio russo. Due giorni fa il costo di un barile di petrolio ha raggiunto un nuovo picco, 120 dollari, il prezzo più alto degli ultimi due mesi. Ma questo è un problema solo per noi, Pechino può scegliere tra due offerenti in crisi: il petrolio iraniano era già scontato perché ad acquistarlo si rischia di incappare nelle sanzioni secondarie americane, poi Mosca ha iniziato a offrire il suo a un prezzo ancora più basso. La Cina preferisce quello russo e, dall’inizio dell’invasione, ha lasciato almeno quaranta milioni di barili iraniani in mezzo al mare senza più un porto in cui sbarcare. Amir Handjani, analista del think tank americano Quincy Institute for Responsible Statecraft, ha detto alla Cnn: “In questo momento, l’unica àncora di salvezza dell’Iran è vendere petrolio alla Cina. E’ la Cina a tenere a galla l’Iran”. Il petrolio iraniano è sanzionato, ma seicentomila barili finivano comunque nei porti cinesi e, ogni mese, il governo di Teheran riceveva in cambio più di mezzo miliardo di dollari. Al vertice di due giorni fa, l’Unione europea ha raggiunto un’intesa sull’embargo sul petrolio russo e, se per Putin questa sarà la sanzione più dura dall’inizio della guerra, per gli iraniani sarà anche peggio. La crisi economica destinata a peggiorare mette in una situazione scomoda l’establishment di Teheran, perché gli iraniani già protestano adesso. Per la corruzione, il malgoverno e l’incuria. Le manifestazioni sono cominciate ad Abadan, nel sud, dopo che un palazzo di dieci piani costruito solo tre anni fa è crollato il 23 maggio: ci sono stati trentatré morti. Adesso le protestano si sono allargate ad altre quattro città, sono comparsi gli slogan contro agli ayatollah e gli spari sulla folla. Lunedì, allo stadio di Teheran, decine di migliaia di persone si sono schierate dalla parte dei manifestanti con un coro.

Luca Gambardella: "La guerra segreta fra Israele e l’Unità 840, il nuovo tentacolo della 'piovra' iraniana"

La guerra segreta fra Israele e l'Unità 840 | il nuovo tentacolo della  “piovra” iraniana

Roma. Nel luglio del 2021 a Uromieh, una cittadina dell’Iran occidentale, un gruppo di uomini del Mossad fece irruzione nell’abitazione di un contadino azero di nome Mansour Rasouli. Legato e incappucciato, il commando portò l’uomo in un luogo sicuro a Teheran e lo interrogò per giorni. Rasouli apparteneva a un gruppo locale di trafficanti di droga, ma non era a questo che erano interessati gli uomini dei servizi segreti israeliani. Cercavano piuttosto delle informazioni su un’unità segreta delle forze al Quds, il corpo speciale delle Guardie della rivoluzione islamica, responsabile di organizzare assassini, rapimenti e attentati contro Israele in tutto il mondo. Dall’interrogatorio emerse che Rasouli era stato contattato da questo braccio segreto dei pasdaran, chiamato Unità 840, per organizzare tre attentati: uno contro un funzionario israeliano del consolato di Istanbul, uno contro un generale americano in Germania e un altro contro il giornalista e filosofo francese di fede ebraica Bernard-Henri Lévy. Per farlo, Rasouli si sarebbe avvalso dei suoi contatti nel giro dei narcotrafficanti e la ricompensa sarebbe stata di un milione di euro. L’operazione del Mossad, oltre a sventare il piano iraniano, aveva tre particolarità: era stata resa pubblica con un leak al portale di informazione iraniano, ma con sede a Londra, Iran International; era stata compiuta direttamente e in autonomia sul territorio iraniano; non mirava più esclusivamente a colpire il piano nucleare di Teheran (come era successo invece nel novembre 2020, con l’omicidio del fisico nucleare Mohsen Fakhrizadeh, di cui il Mossad è considerato il responsabile), ma a dimostrare all’Iran che Israele è pronta a difendersi a viso aperto anche da solo. Dell’esistenza dell’Unità 840 si sapeva da novembre 2020, e sempre grazie agli israeliani. Dopo una serie di attentati con esplosivi piazzati lungo il confine con la Siria, Israele dichiarò pubblicamente che i responsabili appartenevano alle forze al Quds, e in particolare all’Unità 840, un gruppo incaricato di colpire Israele con attentati contro personalità di rilievo dalla Colombia al Kenya fino a Cipro. “Iran, ti stiamo osservando”, era scritto in un tweet delle forze di sicurezza israeliane che rompeva il loro consueto riserbo su questo genere di operazioni. E’ la strategia che gli israeliani stanno usando da qualche anno per disinnescare sul nascere i piani dell’Iran e che ricalca quella usata dagli americani contro i russi: consiste nel pubblicizzare le informazioni confidenziali ottenute, anche le più sensibili. Anche ieri, Bennett ha condiviso sul suo account Twitter il link dove chiunque può consultare i documenti che provano come l’Iran abbia spiato in questi anni l’Agenzia internazionale per l’energia atomica in modo da eludere i suoi controlli. Con tanto di cartone animato. Già lo scorso febbraio, Bennett aveva chiarito che Israele era pronto a cambiare le regole della sua lunga guerra nascosta contro l’Iran. “Finora ci siamo limitati a bisticciare con i tentacoli di una piovra. Ora dobbiamo schiacciare la sua testa”, aveva dichiarato. “Quando combattevo in Libano nel 2006 contro gli alleati dell’Iran (Hezbollah, ndr), gli ayatollah che li finanziavano e li armavano erano intoccabili. Ora, nella mia nuova percezione, è arrivato il momento per Israele di entrare nell’arena e indebolire la testa della piovra”. La conferma della nuova dottrina Bennett è arrivata pochi mesi dopo. Prima con l’attacco dello scorso marzo a una base di droni iraniani a Kermanshah, poi con l’omicidio a Teheran del colonnello Hassan Sayyad Khodaei, vicecomandante dell’Unità 840. Khodaei aveva pianificato diversi attentati contro Israele, fra cui quello contro un diplomatico israeliano a Nuova Delhi nel 2012 e gli omicidi poi sventati dal Mossad con l’interrogatorio a Rasouli. Era una figura di rilievo dei pasdaran, consigliere del generale Qasem Suleimani, il comandante delle brigate al Quds ucciso dagli americani in Iraq nel gennaio 2020 con un drone. Ora Israele si prepara ad affrontare le ripercussioni della morte del colonnello Khodaei. Il sistema missilistico Iron Dome è in allerta in tutto il paese, le ambasciate israeliane nel mondo hanno alzato le misure di sicurezza mentre il Mossad ha messo in preallarme su possibili attentati iraniani anche all’estero. Si guarda con apprensione soprattutto alla Turchia, dove il governo israeliano sconsiglia di fare viaggi per “concrete e immediate minacce”. Domenica scorsa il sito dell’agenzia stampa iraniana Fars News, vicina ai pasdaran, ha pubblicato una lista di possibili obiettivi israeliani, “esperti in tecnologie militari e cyber security del regime sionista”. Il titolo dell’articolo era: “Sionisti che devono vivere nascondendosi”.

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