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Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 20/05/2022, a pag.1 con il titolo "A Mosca dicono a Putin: abbiamo i nazisti, processiamoli. Telefonata tra Milley e Gerasimov", l'analisi di Micol Flammini; con il titolo "I prigionieri", il commento di Paola Peduzzi.
Ecco gli articoli:
Micol Flammini: "A Mosca dicono a Putin: abbiamo i nazisti, processiamoli. Telefonata tra Milley e Gerasimov"
Micol Flammini Roma. Da come Vladimir Putin deciderà di comportarsi con i combattenti evacuati dall’acciaieria Azovstal di Mariupol, si capirà se per lui questa guerra è una questione interna o esterna. Se ha più a cuore la posizione internazionale della Russia o la sua dentro alla nazione. Mentre i capi di stato americano e russo, Mark Milley e Valerij Gerasimov, parlavano al telefono e decidevano di mantenere aperte le comunicazioni, a Mosca si discuteva ancora della sorte dei combattenti di Mariupol. Gli uomini del battaglione Azov evacuati sono finiti nei centri di detenzione preventiva di Rostov sul Don e di Taganrog, quindi dentro ai confini russi. L’Ucraina si aspetta che la Russia rimanga ai patti, che scambi gli uomini con altri prigionieri, ma in Russia questo accordo stretto con gli ucraini non è piaciuto. Attorno al possibile negoziato e alla sorte dei combattenti si è concentrata una nube di accuse. Alcuni propagandisti russi non approvano la fine dell’assedio all’acciaieria, perché sono contrari a una resa condizionata. La propaganda, che continua a dire che questa operazione speciale sta andando benissimo, ritiene che il ministero della Difesa, che ha annunciato l’accordo, si sia soltanto accontentato. Il Cremlino ha sbandierato la parola “resa”, ma gli oltranzisti hanno detto: cosa ce ne facciamo se non è incondizionata. Dopo tutto sono loro i nazisti di cui parlava Putin. Il ministero della Difesa è accusato di aver accettato soltanto per accelerare la presa di Mariupol, che, ormai stremata, sarebbe avvenuta comunque. Le critiche sono tutte rivolte a Sergei Shoigu e non a Putin, ma il ministero è accusato di essere sceso a patti con terroristi e con nazisti: il pubblico russo è insoddisfatto e se prima il Cremlino raccontava la potenza degli assalti contro l’acciaieria, ora non parla volentieri delle evacuazioni. La situazione a Mariupol è preoccupante e, secondo l’intelligence americana, i funzionari russi temono che l’esercito stia compiendo abusi talmente gravi da fomentare la resistenza nella città. Putin ha nelle mani uomini che per la sua guerra sono una merce di scambio importante. Deve capire se vuole usarli per ricattare il governo ucraino e metterlo nelle condizioni di fare di tutto per i combattenti, oppure se darli in pasto ai suoi di cittadini. Canali Telegram, che finora risultavano allineati con la propaganda del Cremlino, chiedono un tribunale speciale o la pena di morte per gli uomini di Azovstal. Sulla stessa linea sono diversi deputati della Duma, che hanno chiesto di vietare lo scambio di prigionieri e di inserire il battaglione Azov nella lista delle organizzazioni terroristiche (in questa lista c’è anche l’oppositore Alexei Navalny), quindi non potrebbero essere scambiati con soldati russi: sarebbero soggetti ad altre regole. Agli occhi del mondo, la Russia sta perdendo questa guerra, ma il presidente russo ormai sembra guardare poco a quello che pensa il mondo. Sembra disinteressato alla posizione internazionale di Mosca – che secondo alcune fonti starebbe anche pensando di ritirarsi da alcune organizzazioni internazionali come Oms e Wto –, è invece alla ricerca di una vittoria da mostrare ai suoi, ai russi che lo sostengono. Avere come prigionieri i combattenti del battaglione Azov è una vittoria da mostrare, un obiettivo raggiunto da rivendicare, magari con un processo. Riconsegnare i “nazisti” è una mossa che porterebbe la Russia a rispettare i patti.
Paola Peduzzi: "I prigionieri"
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