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Il Foglio Rassegna Stampa
25.01.2022 Siria: il ritorno dello Stato islamico
Analisi di Daniele Raineri

Testata: Il Foglio
Data: 25 gennaio 2022
Pagina: 1
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «La strategia di chiudere i resti dello Stato islamico in contenitori e dimenticarsene non funziona, è un'illusione. Ora rotta da un massacro»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 25/01/2022, a pag.1, con il titolo "La strategia di chiudere i resti dello Stato islamico in contenitori e dimenticarsene non funziona, è un'illusione. Ora rotta da un massacro", l'analisi di Daniele Raineri.

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Daniele Raineri

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Tre anni fa, quando lo Stato islamico cessò di esistere al termine di una guerra violentissima grazie all'azione combinata delle milizie curde e dei bombardamenti da parte degli americani, ci fu un sospiro di sollievo generale. A quel punto venne l'idea, che fu concepita male ed eseguita in fretta, di chiudere i reduci del gruppo terrorista in alcune prigioni siriane sotto il controllo delle milizie curde. Si trattava di migliaia di combattenti di una cinquantina di nazionalità diverse e tra loro molti volontari europei. Le loro famiglie, decine di migliaia di donne e bambini, furono sistemate nel campo di detenzione di al Hol - una tendopoli eretta in mezzo al nulla. Era un'idea adottata in mancanza di soluzioni migliori, un caso da manuale di soluzione provvisoria per sempre: mettere i resti dello Stato islamico in alcuni contenitori nella speranza che qualcun altro se ne sarebbe occupato e che ce ne saremmo pure potuti dimenticare. L'idea non ha funzionato. Da tempo i contenitori perdevano e donne che erano chiuse dentro al Hol sono spuntate in libertà in altri luoghi grazie a reti clandestine di appoggio che le hanno aiutate a fuggire e a superare i controlli, fino ad arrivare persino in Europa.

Siria,

Adesso uno di questi contenitori è stato spaccato e c'è stata una perdita enorme e anche l'illusione si è rotta. Giovedì notte lo Stato islamico ha dato l'assalto con due camion bomba alla prigione di al Hasake, nella Siria orientale, che conteneva più di tremila combattenti e ha abbattuto parti del muro di cinta. Ieri, cinque giorni dopo, i combattimenti nelle strade vicino alla prigione per riprendere il controllo dell'area erano ancora in corso. La colonna di terroristi di circa cento uomini che aveva attaccato la prigione dall'esterno si è fusa con altri terroristi che erano chiusi dentro e si è sparpagliata nella zona decisa a resistere fino alla morte, per facilitare la fuga di altri prigionieri - e tra loro leader importanti. Anche gli aerei americani sono stati costretti a intervenire e a bombardare al Hasake per provare a interrompere l'evasione di massa e cominciare il lavoro di riconquista. Gli elicotteri passano le notti a sparare bengala per illuminare il terreno e rendere più difficile la fuga. Forze speciali americane e britanniche sono con discrezione sul posto per aiutare i curdi e dirigere i raid aerei, perché tutto avviene dentro a un centro abitato. I curdi hanno detto alla popolazione di stare chiusa nelle case e hanno vietato fino al 31 gennaio qualsiasi movimento in città, in entrata e in uscita. La situazione è imbarazzante per le milizie curde: la prima notte avevano detto che c'era stato un semplice "tentativo" di evasione senza successo, poi hanno dovuto via via ammettere che molte guardie sono state ammazzate e che centinaia di prigionieri sono scappati. Da anni in verità dicevano che non era possibile per loro assumersi la responsabilità di sorvegliare a tempo indeterminato migliaia di elementi molto pericolosi nel mezzo di un territorio dove lo Stato islamico riesce ancora a muoversi con efficienza.

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lettere@ilfoglio.it

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