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Il Foglio Rassegna Stampa
29.04.2021 'Profumo di fascismo e sali del Mar Morto', di Vittorio Pavoncello
Recensione di Flaminia Marinaro

Testata: Il Foglio
Data: 29 aprile 2021
Pagina: 3
Autore: Flaminia Marinaro
Titolo: «Profumo di fascismo e sali del Mar Morto»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 29/04/2021, a pag.3, la recensione di Flaminia Marinaro al libro di Vittorio Pavoncello "Profumo di fascismo e sali del Mar Morto" (All Around ed.).

Profumo di fascismo e sali del Mar Morto eBook: Pavoncello, Vittorio:  Amazon.it: Kindle Store
La copertina (All Around ed.)

L'ultimo romanzo di Vittorio Pavoncello,, regista, drammaturgo ed ebreo romano, nasce per caso. Un caso inquietante a dire il vero. Scorrono su You Tube le immagini di una donna, stupenda e spensierata, che scende le scale aspergendosi di profumo. E' Ayelet Shaked, ex ministro della giustizia israeliano, membro della Knesset e ingegnere informatico. Niente di strano per la società del Grande Fratello, che evidentemente ha varcato ogni confine nazionale. Ma se il profumo si chiama "Fascism" la faccenda si fa inquietante. La domanda del cosa accadrà quando anche gli ultimi sopravvissuti alla Shoah non ci saranno più, torna ancora più lacerante. Vittorio Pavoncello racconta una storia, che sia la sua o quella di qualcun altro non cambia ció che è stato. Suo nonno è morto ad Auschwitz ma non i suoi pensieri, la memoria è sempre viva oppure non è memoria. Nel romanzo un'impostazione linguistica particolare, una punteggiatura sperimentale e molto efficace, difficile da spiegare, va letta. La costruzione narrativa rimanda a Spoon River per la presenza di brevi ritratti, centinaia di nomi, che si susseguono nelle pagine. Un flusso di coscienza, un dialogo onirico con quel nonno che l'autore non ha conosciuto, nel quale affronta i temi scottanti del negazionismo e dell'oblio. Non si è ebrei solo per nascita o religione, "non si è ebrei se non ci si comporta in un certo modo e questo modo non deve essere in funzione di Dio ma degli uomini. Se non c'è l'uomo davanti ai nostri occhi, non c'è neanche Dio." In questa visione impeccabile dirimente tra Dio e idolo, Pavoncello affronta nazismo, fascismo, neopaganesimo ma non tralascia il totalitarismo comunista. Ogni deriva di azione e di pensiero conduce alla Shoah. Il comunismo ha imboccato un'altra strada, cercando di distruggere l'ebraismo nell'identità piuttosto che nella fisicità laddove l'errore è stato quello di combattere da ebrei prima ancora che da esseri umani. L'ecumenismo della storia ebraica è e deve restare totalizzante, solo scatenando un dolore vivo e illuminante provoca il suo contrario. Il romanzo è un intreccio di riflessioni dolorose e scene di quotidiana serenità, immagini consegnate da vecchie fotografie, di un matrimonio, di una festa, volti sorridenti, ritagli di giornale che si presentano nel sogno dell'autore. Le notizie curiose, come la nascita di un vitello rosso o il prosciugamento del Mar Morto, o la sfilata della giovane ministra israeliana aprono invece scenari apocalittici. Con una penna fluida e tagliente, l'autore sceglie un'inquadratura obliqua, illumina la storia con luce opaca. Lascia decidere al lettore in che modo leggere questo suo ultimo libro, intenso e necessario su una storia universale, ancora un'arma nella "guerra della memoria".

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@ilfoglio.it

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