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Il Foglio Rassegna Stampa
12.09.2020 Parla Zineb El Rhazoui, la sopravvissuta di Charlie Hebdo
La intervista Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 12 settembre 2020
Pagina: 3
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «La donna più protetta di Francia»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 12/09/2020 a pag.III, con il titolo "La donna più protetta di Francia”, il commento di Giulio Meotti, che intervista Zineb El Rhazoui.

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Giulio Meotti

Zineb El Rhazoui: «L'Islam deve sottomettersi alla legge». E la giornalista  viene minacciata di morte - Corriere.it
Zineb El Rhazoui

Sono state le giornate più difficili del processo in corso sulla strage di Charlie Hebdo del 7 gennaio 2015. Sul banco dei testimoni, un dirigente della sezione antiterrorismo. Sono mostrati video e immagini realizzate dagli inquirenti appena arrivati nella redazione del settimanale che aveva pubblicato le vignette su Maometto. Alla prima pozza di sangue, i parenti delle vittime escono in lacrime. Dieci corpi. Il dirigente descrive in dettaglio come ogni giornalista e vignettista è stato assassinato tra le 11:33 e le 11:35. Il corpo di Stephane "Charb" Charbonnier, il direttore preso di mira da una fatwa, è quello che ha più proiettili. Sette. E' a pancia in giù. A pochi metri, i corpi di Cabu, Bernard Maris, Georges Wolinski, Tignous, Elsa Cayat. Sono intrecciati. Poi la videosorveglianza del giornale. I terroristi Said e Chérif Kouachi, incappucciati e armi in pugno, spingono "Coco" dietro la porta blindata. Simon Fieschi, il giovane webmaster, cade dalla sedia. Uscirà dall'ospedale dopo otto mesi, con sette centimetri in meno di altezza per le lesioni alla colonna vertebrale. Inizia la mattanza. Poi gli islamisti escono per strada e c'è il video finito anche su Youtube. I Kouachi nella C3, aggiustano le armi e gridano: "Abbiamo vendicato il profeta Maometto". A Parigi, dove era la portavoce del movimento "Ni putes ni soumises", Zineb El Rhazoui un giorno incontrò il direttore di Charlie, Charbonnier. "E se raccontassimo Maometto?", le propone Charb. Lei scrive i testi, lui li disegna. Per questo quella mattina, assieme a Charb, "I responsabili editoriali che si arrendono al terrore sono colpevoli dell' isolamento di Charlie Hebdo, e non li perdonerò mai per questo" "In Francia sono fortunata, lo stato mi protegge, da dove vengo i dissidenti islamici non solo non sono protetti, ma lo stato li minaccia" i due terroristi cercavano la sua collaboratrice. Zineb El Rhazoui si è salvata solo perché quel giorno si trovava a Casablanca, la sua città natale. Appena ha saputo della strage, Zineb ha telefonato a Luce Lapin, la segretaria di redazione, che le ha risposto sussurrando: "Sono nascosta, ci sono almeno dieci morti, Charb è morto".

Mercoledì, Zineb El Rhazoui era in aula, a Parigi, ad attaccare "la cospirazione del silenzio e della codardia", assieme al "nuovo fascismo" dell'islamismo. "Le persone che vivono nella mia situazione oggi si vedono condannate a morte. Come possiamo dirci che questa minaccia è teorica quando l'abbiamo vista realizzata su Charb? Il terrorismo islamico ha messo la museruola alle persone, letteralmente". "Viviamo nel terrore intellettuale", titola l'ultima copertina del settimanale L'Express. E' dedicato a lei. "La donna in pericolo" (Paris Match), "la donna che fa paura agli islamisti" (Le Point) e "la donna più protetta di Francia" (Marie Claire), fra molti altri titoli. Zineb ha più guardie del corpo di molti ministri. Ha cambiato spesso casa a Parigi per motivi di sicurezza. Nel cuore dell'Europa, vive sotto protezione per aver esercitato un diritto, quello alla libertà di espressione, e per aver lavorato a Charlie Hebdo. Pallottole, esplosivo, schiacciarle la testa a sassate, sgozzarla, darle fuoco e se proprio non c'è altro modo, bruciarle almeno la casa. Sono solo alcuni dei mezzi che gli islamisti in rete suggeriscono per liberarsi di lei. "Il faut tuer Zineb El Rhazoui pour venger le Prophète". Bisogna uccidere Zineb El Rhazoui per vendicare il Profeta, recita una fatwa dopo il 7 gennaio. Sue foto in tuta arancione, da prigioniera di Guantanamo, sono apparse sui siti islamisti, assieme alla guida di localizzazione della sua prima casa e dei suoi spostamenti. Dottorato in Sociologia delle religioni alla Scuola di scienze sociali, Zineb ha insegnato all'Università del Cairo, prima di tornare in Marocco. Lì scrive una tesi sui musulmani che si convertono al cristianesimo. Gli apostati. Con le "primavere arabe", Zineb decide di lasciare Casablanca per la Slovenia, dove riceve asilo da una ong che dà rifugio a scrittori e giornalisti perseguitati. Poi Parigi. "L'islam deve sottomettersi alla critica, deve sottomettersi alle leggi della Repubblica", dice in diretta televisiva al canale CNews dopo l'attentato di Strasburgo, per poi rincarare la dose: "Non si può sconfiggere questa ideologia continuando a raccontare che l'islam è una religione di pace e di amore e che è soltanto il terrorismo che non va bene". Centinaia di minacce seguono a ruota. "Se la becco per strada, la faccio a pezzi". E ancora: "Vorrei esploderle 46 pallottole in testa". E ancora: "Avrebbe bisogno di una pallottola in mezzo agli occhi", "la troia degli ebrei"... E' contenta Zineb che il suo ex giornale, Charlie Hebdo, abbia ripubblicato le vignette su Maometto. "Questa pubblicazione è salutare, l'ho accolta con grande soddisfazione", dice la giornalista al Foglio. "Vi prego di rendervi conto che se questi disegni non fossero mai più stati mostrati, i miei colleghi sarebbero stati uccisi per niente. E' fuori questione cedere alla censura impostaci dai kalashnikov. Il messaggio per gli islamisti è: si possono uccidere le persone, ma non si può mai uccidere la libertà, non si uccideranno mai questi disegni, né il desiderio di ridere della propria religione e della propria stupidità. Ciò che mi rattrista in questa storia è vedere la cospirazione della vigliaccheria della stampa francese nella sua maggioranza (non tutta ovviamente), che fa la stessa scelta come nel 2006, poi nel 2011 e nel 2015: non pubblicare questi disegni. I responsabili editoriali che si arrendono al terrore sono colpevoli dell'isolamento di Charlie Hebdo, e non li perdonerò mai per questo abbandono".

La strage del 2015 non è stato solo un attacco a un giornale, ai suoi vignettisti. "Con questo spregevole crimine, è un pezzo di cultura francese che gli assassini hanno cercato di far sparire. I francesi della mia età sono cresciuti con il volto di Cabu nel Club Dorothée, e quelli un po' più grandi hanno vissuto le loro prime emozioni con i disegni erotici di Wolinski. Il messaggio dei terroristi islamisti era semplice: tu ti prendi gioco della nostra religione, noi ti mettiamo a ferro e fuoco. Quando hanno sparato alla redazione di Charlie Hebdo, hanno gridato `Allahu Akbar', che significa in arabo Allah è più grande. Più grande, quindi, della Francia, delle leggi e dell'umanità. Il loro crimine è un atto di supremazia nei confronti dell'occidente e dei suoi valori. Ora sta a noi mostrare loro il contrario, non porgendo l'altra guancia, ma rimandandoli a chi sono e trattandoli come tali: criminali che uccidono in nome di un dio vendicativo e assetato di sangue, seguaci di un'ideologia che promuove la criminalità di massa". Teme per la Francia. "Si, sono molto preoccupata" continua Zineb al Foglio. "Non solo per la Francia, ma per tutti i paesi dove i seguaci di questa ideologia mortale sono ormai dilaganti. Per me, non dovremmo preoccuparci solo degli atti terroristici, perché sono solo il risultato finale di un'intera catena di produzione ideologica. Dobbiamo preoccuparci non appena l'islamismo comincia a manifestarsi in modo disinibito, non appena alcuni di coloro che vivono in mezzo a noi mostrano la volontà di vivere nel nostro paese, ma senza di noi, non appena ritengono che l'islam abbia la precedenza sulle leggi dei paesi in cui vivono. Oggi non esiste un paese occidentale in cui l'islamismo non sia attivo. I suoi seguaci approfittano dei vantaggi della democrazia per combatterla, ci dicono che sono liberi di minare la nostra libertà, e per farlo si organizzano in associazioni e reti, costruiscono un impero finanziario e si infiltrano nelle istituzioni democratiche. E' così che l'islamismo avanza; ha tutta una serie di strumenti: da un lato, i terroristi che seminano paura e censura, dall'altro, i militanti che pretendono di condannare la violenza ma che pretendono la stessa cosa dei terroristi: che si smetta di criticare le loro convinzioni di un'altra epoca".

Eppure, la stragrande maggioranza dei giornali, degli intellettuali, dei politici, dei capi religiosi ha richiamato Charlie al "senso di responsabilità". "Dico loro che sono complici dell'indicibile. Guardate dove ha portato l'Europa a tollerare il nazismo negli anni Trenta. Immaginate se, dopo la Seconda guerra mondiale, avessimo cominciato a fare una distinzione tra nazisti che uccidono e nazisti che non hanno mai ucciso, immaginate se i crimini nazisti fossero stati giudicati come crimini comuni secondo la legge ordinaria, permettendo al nazismo di aprire associazioni, di pubblicare libri e di beneficiare della tolleranza, dove saremmo oggi? L'islamismo è un totalitarismo che ha ucciso centinaia cli migliaia di persone in tutto il mondo, non tollera l'alterità e chiede l'eliminazione fisica di ogni contraddizione. Tollerare è esserne complici". Eppure, non cede al pessimismo. "Non bisogna mai essere pessimisti, perché nessun fascismo ha vinto nel lungo corso della storia. D'altra parte, dobbiamo impegnarci, agire, resistere e servire gli ideali in cui crediamo, ogni giorno, ognuno a modo suo. L'islamismo non è forte, è anche estremamente debole in termini tecnici e scientifici, e non dobbiamo mai perdere cli vista il fatto che si tratta soprattutto di un branco di idioti che pensano che la terra sia piatta, che avranno le vergini in cielo e che le malattie possono essere curate bevendo piscio di cammello. Questa ideologia, inventata dai beduini nel deserto arabo quindici secoli fa, avanza solo perché le democrazie occidentali sono deboli. Il destino dell'occidente è nelle nostre mani. Quando usciremo dallo stato di stupore in cui la violenza islamista ci ha messo, quando romperemo con il linguaggio novecentesco che taccia di razzismo, estremismo di destra o intolleranza chiunque critichi questa ideologia, ci renderemo conto di quanto sia facile sconfiggere l'islamismo".

Ha accettato di portare un fardello che, a distanza di cinque anni, non accenna ad alleggerirsi. "Il prezzo che i miei colleghi hanno pagato è il sangue" conclude Zineb El Rhazoui al Foglio. "Avevano coniugi, figli, genitori, amici, hanno lasciato questo mondo a causa di quello che i due pazzi che li hanno uccisi hanno chiamato `vendicare il Profeta'. Sono fortunata ad essere ancora viva, ed è per questo che è mio dovere continuare a lottare. Sceglierò sempre la guerra al posto del disonore. Dall'8 gennaio 2015 vivo sotto la protezione della polizia, la mia vita è radicalmente cambiata, ho perso la mia libertà di movimento e la mia avventatezza. Ma per niente al mondo scambierei la mia vita per quella degli sciocchi che vogliono uccidermi. Io, naturalmente, vado in giro in una prigione ambulante, ma loro hanno una prigione in testa, quindi sono molto più libera di loro. Non mi piace lamentarmi della protezione della polizia, perché al cli là della mia piccola vita quotidiana, sono consapevole di essere molto fortunata ad appartenere alla Francia, un paese che concede questa protezione della polizia ai suoi cittadini minacciati. In altri paesi, non solo lo stato non ti protegge, ma spesso è esso stesso una minaccia per coloro che esercitano la loro libertà cli espressione. Eppure, anche in quei paesi, ci sono persone che lottano per dire la stessa cosa che dico io. Penso in particolare a tutti gli apostati dell'islam che vengono uccisi, arrestati, imprigionati, condannati a morte, frustati, licenziati, emarginati, e i più fortunati scelgono l'esilio a vita. Per loro, e per i francesi che pagano per la mia protezione, non ho il diritto di rimanere in silenzio. Se la Francia mi protegge, non è solo per proteggere la mia piccola vita, ma per proteggere la libertà di parola. Quindi, finché vivrò, continuerò ad aprire la mia grande boccaccia. Questo è il mio consiglio per ogni spirito libero in questi tempi difficili: dite ciò che vedete, molto semplicemente".

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