Riduci       Ingrandisci
Clicca qui per stampare

Il Foglio Rassegna Stampa
11.08.2020 Caos in Libano, il suo destino è nelle mani insanguinate dell'Iran
Analisi di Daniele Raineri

Testata: Il Foglio
Data: 11 agosto 2020
Pagina: 1
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «Iran stai guardando?»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 11/08/2020, a pag.1, con il titolo "Iran stai guardando?", l'analisi di Daniele Raineri.

Immagine correlata
Daniele Raineri


L'Iran dietro Hezbollah

Roma. Il governo del Libano si dimette in blocco dopo meno di tre mesi di lavoro per le proteste di piazza. E' la seconda volta nel giro di dieci mesi che i libanesi esasperati per l'inefficienza dei politici fanno saltare il governo e questa volta ci sono riusciti di slancio per la disastrosa esplosione che una settimana fa ha devastato la capitale Beirut e ha ucciso 163 persone. Le dimissioni di questo governo sono un colpo brutto per Hezbollah, il gruppo armato che condiziona la vita politica del paese. L'esecutivo non era una creatura di Hezbollah, le cose in Libano sono più sottili, ma era un governo nato grazie a negoziati fitti con Hezbollah e appoggiato da Hezbollah. Adesso in molti dicono che di formare il nuovo governo potrebbe occuparsi Nawaf Salam, un giurista libanese che lavora alla Corte di giustizia internazionale e che è stato ambasciatore del Libano anche alle Nazioni Unite - e gode di una fama unanime di onesto. Salam è considerato anche come il candidato che potrebbe trattare meglio gli aiuti dall'estero - e dal Fondo monetario internazionale - per il Libano che non riesce a riprendersi da un collasso economico gravissimo, e sarebbe visto di buon occhio dalla Francia (vedi la visita lampo del presidente francese Emmanuel Macron giovedì scorso) e dagli Stati Uniti. Sarebbe uno spostamento un po' più verso l'occidente e un po' più lontano da Hezbollah e dall'Iran, ma per ora è soltanto un'ipotesi di cui si parla molto. Anche se fosse realtà, non vuol dire che questo governo andrà via subito: diventerà un governo provvisorio che manderà avanti il paese mentre si svolgono le trattative per creare il nuovo esecutivo e quindi potrebbe anche durare un altro anno. Un brutto colpo per Hezbollah, si diceva. Il tentativo di creare una versione alternativa dei fatti, le accuse del presidente Michel Aoun che in tv parlava di "interferenza straniera con bombe o missili" (voleva dire: è colpa di Israele) e lo spuntare online di video farlocchi che facevano vedere un missile colpire il deposito proprio prima dell'esplosione non hanno convinto i libanesi. La colpa dell'esplosione è di chi - per ora un'entità anonima - ha lasciato un deposito con migliaia di tonnellate di una sostanza che serve per fare anche le bombe dentro alla capitale Beirut. In piazza in questi giorni si vedevano giovani libanesi cantare "Hezbollah irhabi", Hezbollah terrorista - che magari non è il sentimento di tutto il paese ma è una sfida aperta al potere del Partito di Dio.

Il tentativo di deflettere la responsabilità non ha funzionato. Il motto delle proteste di ottobre, "tutti vuol dire tutti" - dove s'intende: tutti i politici devono andare via, anche Hezbollah - è tornato sulle bocche dei manifestanti. Il problema di queste proteste libanesi, a ottobre e adesso, è che sono efficienti nel far cadere l'esecutivo ma non propongono mai nomi nuovi. La gente scende nelle piazze ma poi lascia alle fazioni tanto detestate il compito di trovare un nuovo governo ed è naturale che quelle fazioni tendono a non autoeliminarsi dalla scena. Tentano piuttosto di formare un governo un po' presentabile, più tecnico, magari un po' più snello - l'ultimo aveva venti ministri invece di trenta - e di dare l'impressione ai libanesi che qualcosa sia effettivamente cambiato. A maggio erano riusciti in questa operazione, ma poi la catastrofe del nitrato d'ammonio si è sommata alla crisi economica e ha azzerato tutto. Hezbollah, che pretende di essere una fazione libanese ma è finanziato dall'Iran e agisce sotto la direzione di generali iraniani (questo faceva Qassem Suleimani, ucciso da un drone americano a gennaio), non sparirà dal Libano soltanto per un cambio di governo. E' una milizia armata, è uno stato nello stato che controlla parti del territorio (incluso il porto di Beirut) ed è incistato troppo bene in un sistema di alleanze che va da Beirut alla Damasco di Bashar el Assad alla Teheran dell'ayatollah Khamenei, che non si è fatto scrupolo di soffocare le manifestazioni degli iraniani con la violenza. Il Partito di Dio libanese troverà il modo di essere influente ancora.

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui