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Il Foglio Rassegna Stampa
16.06.2020 'Riflessioni sulla questione antisemita', della rabbina Delphine Horvilleur
Recensione di Enrico Paventi

Testata: Il Foglio
Data: 16 giugno 2020
Pagina: 3
Autore: Enrico Paventi
Titolo: «Riflessioni sulla questione antisemita»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 16/06/2020, a pag.3 la recensione di Enrico Paventi a "Riflessioni sulla questione antisemita" (Einaudi ed.) della rabbina francese Delphine Horvilleur.

Riflessioni sulla questione antisemita, Delphine Horvilleur ...

Nelle sue Riflessioni sulla questione ebraica (1946) Jean-Paul Sartre aveva notato come l'israelita sia stato tradizionalmente definito dal punto di vista dell'antisemita: attraverso cioè lo sguardo di un individuo che è alla ricerca di un capro espiatorio al quale addossare il proprio senso di angoscia e insicurezza. A suo parere, inoltre, l'odio antiebraico si nutre costantemente dei nazionalismi nati dalla reazione alla Modernità e all'Illuminismo. In questo saggio Delphine Horvilleur - un rabbino di ispirazione liberale già autrice di alcuni scritti sul tema dell'identità - decide invece di seguire un itinerario completamente diverso: sceglie vale a dire di esplorare il sentimento antiebraico rileggendo i testi sacri, quelli della tradizione sapienziale e delle leggende giudaiche dal momento che, a suo parere, si tratta di un complesso di opere che "offre una lettura originale della psiche dell'aguzzino così come la percepisce la vittima del sistema che è in cerca di protezione". Mediante, dunque, un'analisi lucida e circostanziata di parecchi brani tratti in particolare dalla Torah e dal Talmud babilonese l'autrice mostra come - attingendo alla loro cultura - gli ebrei riescano a conoscere assai bene i tanti elementi che, nel corso del tempo, hanno contribuito a comporre la forma mentis degli antisemiti.

Informazione Corretta
Delphine Horvilleur

E' interessante, al riguardo, mettere in rilievo come nei confronti dell'israelita vengano rivolte le accuse più disparate e contraddittorie: gli si rimprovera cioè di "avere" il denaro, il potere, le opportunità, la vita a cui aspira chi lo odia e ritiene invece di venirne usurpato, la tendenza a sfruttare la comunità da cui è stato accolto; e, nel contempo, di "non avere" una dimensione pienamente umana, una virilità completa, la volontà di integrarsi e di contribuire alla continuità del corpo sociale. Una disamina del genere sembra tanto più utile al giorno d'oggi: un'epoca nella quale ai tradizionali motivi dell'antisemitismo - di natura religiosa, antropologica, storico-economica - arrivano ad aggiungersi altri che vengono cavalcati tanto dall'estrema destra quanto dall'estrema sinistra - come è accaduto, per un verso, in Italia e Polonia e, per l'altro, in Francia e Gran Bretagna. Un'analisi che ci consentirà, insomma, di acquisire il possesso di un'arma adatta a contrastare sia il ripiegamento identitario sia le tentazioni vittimistiche alle quali sembra purtroppo indulgere, attualmente, un cospicuo numero di individui.

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lettere@ilfoglio.it

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