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Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 23/12/2019, a pag.III, con il titolo "L'agenzia Onu per i palestinesi perpetua il conflitto arabo-israeliano" l'analisi tratta da Yedioth Aharonoth.
Una scuola dell'Unrwa a Gaza, trasformata in deposito di missili da Hamas L’Autorità palestinese e Hamas hanno festeggiato, venerdì scorso, e ne avevano ben donde. Quel giorno le Nazioni Unite hanno deciso di prorogare per altri tre anni il mandato dell'Unrwa, l'agenzia per profughi palestinesi". Così scrive Ben Dror Yemini. "La decisione non è passata con una maggioranza ristretta. Tutt'altro: ha ricevuto il sostegno praticamente unanime dell'Assemblea generale, con 169 paesi che hanno votato a favore, nove astenuti e solo due (Israele e Stati Uniti) contrari. Ma questo voto, ad un esame attento, appare più che altro una vittoria di Pirro. L'Unrwa venne creata settant'anni fa, nel dicembre del 1949, solo cinque giorni dopo la creazione dell'Alto commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr). Al momento della sua fondazione, in base alla sua stessa definizione di "profugo palestinese" l'Unrwa prese in carico 711.000 rifugiati. Oggi, a seguito di quella definizione e di alcune modifiche ad essa apportate per includere tutti i discendenti di quei rifugiati, i profughi palestinesi in carico all'Unrwa sono circa 5,5 milioni. Come mai c'era bisogno di un'agenzia apposita (distinta da quella che si occupa di tutti gli altri profughi del mondo)? Perché a quell'epoca la dirigenza araba voleva solo una cosa: sfruttare la condizione dei profughi come un'arma per combattere l'esistenza di Israele. E chi pagò e continua a pagare il prezzo per quella scelta? I profughi, naturalmente, la cui condizione è diventata una ferita eternamente aperta. Gli enormi budget che la comunità internazionale ha riversato per decenni all'Unrwa sarebbero bastati per dare a ogni famiglia di profughi una dimora più che dignitosa e fondare infrastrutture e imprese economiche che permettessero loro di ricostruirsi una vita, e di migliorarla generazione dopo generazione. Più di 60 milioni di persone dovettero fuggire o vennero cacciate dalle loro case durante la prima metà del XX secolo a causa dei conflitti, delle loro conseguenze e della fondazione di nuovi stati nazionali. Il trasferimento e lo scambio di popolazioni era purtroppo una consuetudine.
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